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Il nuovo film di Woody Allen ha il grande merito di avermi portato da tutt’altra parte, a riflettere ancora una volta su una delle Grandi Domande Cinematografiche. Il che vi dice già tutto quello che c’è da sapere su un film che ripete un copione che sappiamo a memoria, con minime varianti. Un critico va al Festival di San Sebastian con la moglie: lei spasima per un giovane regista, lui s’invaghisce di una bella dottoressa. Non siamo a New York ma si parla di New York, siamo in vacanza ma si parla di medici e strizza-cervelli, siamo a un Festival ma non si parla di cinema del presente, perché né il cinema né i Festival sono più quelli di una volta. C’è il momento Woody troll con la pseudo minorenne sgallettatata che si scopa il vecchio artista maniaco e panzone, perché sia mai che Allen ci risparmi. Si ride? Ogni tanto. Non è un picco nemmeno per il tardo Allen, che i suoi picchi (comunque lontanissimi dai film di due o tre decadi fa) li ha. Non qui. Nota positiva: Wallace Shawn è un ottimo alter ego alleniano, bravo a incarnare le sue nevrosi e fisicamente più credibile di altri tentativi recenti di trasfigurarsi su schermo.
Nel film il protagonista Mort rimpiange così tanto i bei film di una volta da finire per sognarli, in versione autobiografica e parodica. Questo è l’aspetto più interessante e non tanto per l’esecuzione, quanto per la scelta dei classici omaggiati e delle iconiche scene ricreate. Con tanto di risata sottolineata della platea dei proiezioni che ci tengono a far sapere che loro, che apprezzano Allen, hanno capito il riferimento.
Prima di continuare vi propongo un piccolo quiz, anonimo: qui trovate un form con le descrizioni delle scene parodiate.