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adolescenti problematici, Andrew Garfield, dawson cast, Emma Stone, Marc Webb, Martin Sheen, Marvel, momento patriottico bandiera inclusa, parte lo spiegone, Rhys Ifans, Sally Field, se ne sentiva il bisogno, sento puzza di hipster, spandex!, supereroi con superproblemi
Se c’e’ una cosa che l’esperienza cinefila mi ha insegnato e che se una release di un certo peso arriva in contemporanea con gli Stati Uniti nell’estate cinematografica italiana, potrebbe essere una fregatura.
Attenzione! C’e’ qualche [SPOILER] minore in agguato!
ombreggiatura strategica sul sedere, perché sono un’eroe tormentato!
The Amazing Spider-Man di Marc Webb è un onesto reboot che fa il compitino a casa, intrattiene per un paio d’ore nei cinema estivi italiani nel momento in cui se cerchi un film vagamente guardabile, ti ritorna indietro l’eco. Sennò lo recuperi nella domenica pomeriggio di fra qualche anno su Italia1. Sam Raimi però non lo tiriamo nemmeno in ballo, perché sta un paio di livelli più in alto.
Ovviamente la pellicola parte con l’handicap notevole di dover raccontare di nuovo una storia più che conosciuta (roba che son finita a discutere sulla genesi dell’uomo ragno con mia madre). Certo, sono loro che han voluto rifare a tutti i costi il reboot di una saga parecchio recente raccontando la stessa storia con attori diversi, mica io (tono acido). Ok, ma si sono messi in 6 a scrivere una sceneggiatura svogliata, senza ritmo e buttata giù senza un minimo di volontà di suonare innovativi. La storia aveva dei passaggi obbligati (la puntura del ragno, la morte di zio Ben, la scena dell’allenamento, la storia d’Amore, il momento patriottico con bandiera inclusa, la genesi del cattivo), ma questi si susseguono a passaggi ermetici, si percepisce proprio che sono una lista che viene via via spuntata, senza tentare di sorprendere lo spettatore in qualche modo. Questo significa che il film entra nel vivo dopo oltre un’ora di girato, di girato in cui avete già ampiamente presente cosa succederà. Un altro problema è che il poco che è stato cambiato è di una prevedibilità e di una banalità sconcertante (vedi successivo paragrafo sui liceali). Anche il cattivo, Lizard, nonostante come sempre si sia preso un attore che aveva la faccia lucertolosa già prima della CGI (scusami Rhs Ifans, sarà il trucco!) viene creato con una serie di passaggi così telefonati che risulta molto più interessante il topolino di laboratorio cannibale rispetto all’uomo lucertolone. Che poi, fermiamoci un attimo e ripetiamo: ho fatto tutto questo perché volevo un braccio. Ecco.
Insomma, il problema più grosso del film è la sceneggiatura. Per quanto riguarda la regia, nonostante l’orrore suscitato dalla scelta di Marc Webb (quello di 500 days of Summer), non c’e’ nulla di troppo terribile, anzi, un paio di scene sono parecchio azzeccate. Tra tutte, la super scena patriottica, mano sul petto, bandiera al vento e lucciconi perchè COME SONO BRAVI QUESTI NEWYORKESI (poi qualcuno mi spiega perché Spider Man è il supereroe privilegiato per questo tipo di scena che io, nella suo essere posticcia e un po’ gratuita, ADORO). La scena delle gru è un tantinello lunga, ma è veramente girata da dio. Anche la ripresa in prima persona degli spostamenti di Spidey, che nel trailer faceva un sacco “ok, ora premio X e R2 e freccia in su e mi attacco a quel palazzo, poi salvo subito”, è limitata ad un paio di sequenze sul finale e non è troppo molesta come temevo. Se poi qualcuno di voi si aspettava tutte le canzoncine indie dato il regista, vorrei porre fine alle vostre paure; niente canzoncine indie. Peggio. La colonna sonora, composta da musiche d’orchestra col pathos classico, è così ovvia, petulante nel sottolineare il cambio d’atmosfera, già sentita, ripetitiva e MOLESTA e rimpiangerete amaramente le musichette indie. In genere solo le colonne sonore migliori si fanno notare. Questa invece si fa notare per il fastidio che procura.
Ma ascolti ancora i Cani? Sono così mainstream!
E adesso arriviamo alla ciccia, adesso parliamo dei LICEALI. Perché? Andrew Garfield va per la trentina, Emma Stone ha 24 anni. Ergo, inserirli in un ambiente costellato di gente che limona sul tuo armadietto, calzettoni e nastri tra i capelli è vagamente ridicolo. PEGGIO. Questa versione di Spider Man urla “nessuno mi vuole bene, sono solo, ho il mondo contro!”: Peter Parker è un adolescente problematico. A scuola viene tartassato dai bulli, vuole tanto bene al suo skateboard, ciondola da un piede all’altro e non guarda negli occhi i suoi genitori adottivi (e qui che lusso ragazzi, Martin Sheen e Sally Field son perfetti!). Magari sarebbe stato sostenibile se interpretato da un ventenne, ma da un trentenne alto un kilometro…mi veniva da piangere. La goffaggine della scena in cui viene morso, la implausibilità con cui si muove in una grande azienda di ricerca di biotecnologia…lacrime amare. IL PEGGIO però non è questo. Il peggio è quando Peter si toglie le lenti a contatto, indossa gli occhiali paterni e
ed è subito un hipster. Guardate la faccetta saccente.
Quest’impressione è ulteriormente confermata dal fatto che il film è terribilmente confusionario a livello storiografico. In che cavolo di era siamo? I cellulari hanno gli schermi a colori e ci sono le uova biologiche, ma Emma Stone gira con degli abitini a pois e Peter Parker ha una macchina fotografica con flash e rullino. L’unico compromesso che può far stare in piedi questa accozzaglia di riferimenti temporali è che la coppia protagonista del film sia una maledetta coppia di fighetti hipster. Ehi, ciao Mark Webb.
Loro due insieme sono assolutamente adorabili ed è chiaro che, in carenza di qualcosa di solido, il film si affidi totalmente alla loro interpretazioni, salvandosi grazie ad esse. La loro relazione, senza sorprese, è la parte più interessante e genuina del film. In essa si inserisce uno dei pochi lati superiori alla versione di Raimi, ovvero il fatto che questo Peter ha più un retrogusto da comics. Fa le battutine cretine, riesce ad essere anche stronzo, distratto ed egoista, dando il vita ad una genesi del supereroe (la morte di zio Ben 2.0) più drammatica e da pugno nello stomaco. Quando non è impegnato a piangersi addosso e a urlare “il mondo mi odia”, ovvio.
Lo vado a vedere? So che sembra che io l’abbia massacrato, ma volevo spiegare per bene perché secondo me il film non riesca a raggiungere la soglia dei film con i supereroi che hanno un perché. In ogni caso è una pellicola più che dignitosa, la parte tecnica è eccellente e costituisce una più che valida attrattiva estiva. Se però il genere non vi entusiasma, potete anche saltarlo.
Ci shippo qualcuno? Il tizio che tormenta Peter con Peter? Naaa, Emma Stone e Andrew Garfield sono troppo adorabili assieme per pensare ad altro.
Coefficiente comprensibilità della scena dopo i titoli di coda? Basso. Però questa storia del mistero sul padre di Peter mi fa paura.
Da questo film ho imparato una cosa importante: il vero pesce hipster è il Branzino.
Che curioso sentire una voce cosi’ fuori dal coro. Non che poi si dia troppa retta ai cori, ma personalmente sono quei dieci anni che mi chiedevo come la trilogia di Spiderman del buon Raimi, con la tremenda scelta di cast che era resa anche piu’ terribile dalla totale mancanza di chimica tra Kirsten e Tobey, avesse potuto sfondare i botteghini ripetutamente. Dopo aver visto il primo e sopportato il secondo, il terzo l’ho visto tramite wikipedia e la snaturazione dei personaggi che traspariva da li’ mi era sembrata sufficiente per fermarsi prima.
In questo reboot intanto la dignita’ data a Gwen fa ben sperare per il riscatto che i personaggi potrebbero ottenere in mano al buon Webb.
Marc fortunatamente sa quello che fa con una sensibilita’ che non deve avere solo a che fare con gli action movies, forse per questo, come il Thor di Kenneth Branagh, il nuovo Spiderman sembra una storia un po’ piu’ umana (realistica nel limite del supereroistico, ma abbastanza da mettere lo sputaragnatele come aggeggio ingegnoso invece che mutazione andata troppo scomodamente in la’). Oltretutto, visto che Marc porta la stigmata musicale, come fai notare, grazie al cielo trova il tempo di infilare traquillamente pochi pezzi (ma buoni) degli Shins e dei Coldplay, quindi non temere, gli hipster indie hanno comuque la loro soddisfazione. Anzi forse piu’ del solito avendo poche perle da apprezzare. Quando non sono quelle pero’, siamo lasciati in mano a James Horner (e ci sono cose peggiori nella vita della sua tendenza all’autocitazionismo) e secondo me, questa versione di Webb da’ un senso esistenziale alla sua colonna sonora che ne fa notare la presenza in quanto tale: Raimi era riuscito con successo a rendere anche quella irrilevante, oltre ad altri punti.
Sara’ anche che partono da due presupposti diversi (il Peter Parker di Tobey e’ piu’ maturo di quello di Andy, e se volessimo dargli il beneficio nel dubbio avremmo fatto finta che avesse avuto una Gwen prima, se Raimi non avesse deciso di andare completamente fuori canone per portarla sullo schermo con il terzo film) ma credi, nemmeno io insomma, sarie per un rebooot cosi’ veloce.
In questo caso pero’, dato l’assoluto fail in termini artistici della recente trilogia, sono infinitamente grata alla Columbia di aver chiamato Webb per accertarsi che, questa volta, la storia e i personaggi fossero veramente un po piu’ tridimensionali al di la’ degli occhialetti.
Quindi magari, se non ci fosse un macrotesto che i tuoi rimarchi ignorano completamente, le tue opinioni forse sarebbero anche plausibili. Ma ho creduto fosse necessario far notare che la sua esistenza e’ molto presente.
Ohhh, finalmente un bel commento lungo, pregnante e bello polemico!
Nel post non era specificato, ma io non leggo (quasi) mai comics, e non amo molto le testate dedicate all’uomo ragno.
Io credo che la differenza più grossa tra Raimi e Webb stia nel fatto che nel decennio che ci intercorre il pubblico ha avuto modo di familiarizzare con il concetto di “adattamento di un comics”, finendo per accettare e apprezzare film che scendevano sempre meno a compromessi con “questo si può fare e questo no”. La bussola si è spostata e ora la parola chiave non è “adattamento”, bensì “trasposizione”. Ora PRIMA bisogna trovare il modo di accontentare il fandom che si risentirà per ogni singolo cambiamento al canone, tentando nel contempo di non perdersi troppo per strada il pubblico che apprezza i film marvel, sì, ma continua a non aprire uno spillatino che sia uno.
Il macrotesto che i miei rimarchi ignorano completamente non è il macrotesto in sè del film (liceale diventa supereroe, ecco il suo percorso di cambiamento da lo faccio per storie pese mie a lo faccio per uno scopo più nobile), ma quello percepito da chi conosce più che bene la storia d’origine e parte da lì. La mia voce non è poi così fuori dal coro, almeno se intendiamo un coro generale. Internet, specie per quanto riguarda la blogosfera italiana di un certo tipo, non è che una sparutissima percentuale di chi fruisce contenuti culturali in Italia. Sembra che noi si sia ovunque per il semplice motivo che postiamo, blogghiamo, twittiamo, commentiamo, mettiamo il mi piace, ma il box office (o le classifiche di vendita di libri e musica) sono lì, IMPLACABILI: roba che a noi manda in assoluto sollucchero, l’italiano medio non sa nemmeno cosa sia. Tutto questa tirata per dire che io, non avendo letto i comics, semplicemente apprezzo di più la ricostruzione di Raimi, che era molto rimaneggiata e molto calata in un universo “tutto bianco o tutto nero”, che ricordava molto un’estetica da fumetto molto indietro nel tempo (concetto chiave della frase: molto). Io stessa ho sottolineato di apprezzare queste sfumature di grigio che caratterizzano questo Peter, che ricordano di più gli albi Marvel (e la stronzaggine insita in ogni tizio della marvel che sia anche solo vagamente uno scienziato di qualche genere). Forse sono la cosa che mi ha più colpita del film. Detto questo, Webb gode di quel decennio in cui una marea di registi e sceneggiatori hanno cambiato la percezione del “film di supereroi”, dopo che nello stesso mondo dei supereroi di carta nei decenni autori dirompenti hanno via via rotto con la tradizione, fornendo altro materiale fuori dagli schemi con cui alzare l’asticella nel settore filmico. Il punto è che con tutto quello che c’era prima, Webb e sceneggiatori potevano fare molto di più e io, alla luce di quello che ci sta prima, mi aspettavo di più. Invece si sono adeguati al “rimaniamo aderenti all’originale” ma la storia fluisce pedissequa in una maniera che si può perdonare solo ai primi, ovvero trilogia Xmen e Spiderman, appunto.
Quindi, da non lettrice come la stragrande maggioranza degli italici, io noto solo marginalmente l’alchimia tra Peter e Gwen (che a ben guardare, a fare Gwen hanno preso l’attrice hollywoodiana che più di tutte al naturale somiglia a MJ) perché il fatto che ci sia un quasi trentenne che non riesce ad aprire l’armadietto perché due suoi compagni di classe limonano sullo stesso mi colpisce come un pugno.
Riguardo poi alle due trilogie sopracitate, faccio coming out: se uno naviga 10 minuti su internet sembra che entrambi i terzi episodi delle stesse siano il MALE ASSOLUTO, la morte nera. Uno si immagina che siano montate da una scimmia ballerina. La realtà con cui ho avuto modo di scontrarmi più volte è che là fuori è pieno di gente che ADORA questi due film, gente che non a caso non saprebbe manco spiegarti di preciso cosa sia la Marvel e usa internet come sinonimo di facebook.
PS. Sul tema musicale, mi autodenuncio come un’ignorante e una da gusti trashissimi. Detto questo, Coldplay e Shins li conosco persino io, quindi l’idea è che glieli abbiano mollati lì più che Webb li abbia inseriti di suo. Ma a questo mistero probabilmente risponderanno i contenuti extra del homevideo.
Partiamo dal presupposto che io ho conosciuto Spiderman (fino a qualche fa conosciuto in Italia come Uomo Ragno, almeno nel mondofumetto) in questa sequenza: cartoni (evvabbè) – sguisciato il primo (ero in vacanza o non so cosa quando uscì) – visto e molto amato il secondo (che per me resta il migliore della saga) – recuperato il primo (pomeriggio -o sera- appunto su italia1) – atteso impazientemente il terzo mentre ne scoprivo la storia a fumetti (benedetta in quegli anni da Mr Stracchino, responsabile di un lungo ciclo molto riuscito in cui ha parzialmente reinventato l’origine stessa del Ragnetto) – visto il terzo, odiandolo e maledicendo Raimi per aver snaturato storia e personaggi solo per tenere la trama aperta in vista di una “seconda trilogia” – scoperto che la suddetta seconda trilogia non sarebbe stata fatta, maledicendo la Columbia e improsciuttandomi gli occhi in attesa di poter dire “‘sto film è unamme**a, viva Raimi, viva la falsa rossa Dunst e il falso liceale Maguire.
Poi ho visto il film.
E sono da allora immerso in un mix di reazioni contrastanti.
Perché valutare un reboot non è facile, soprattutto in questo caso. Non parliamo mica del reboot di Batman, realizzato a quindici anni dall’originale e realizzato da un regista come Nolan..
Parto dal presupposto che girare “il primo” di una saga supereroistica non è facile, bisogna introdurre personaggi, atmosfere, concetti.. e qua non è che si potesse cambiare molto, perché le origini dell’Uomo Ragno sono Le Origini, praticamente lo sanno tutti che è stato morso da un ragno radioattivo. Quindi il concetto rimane sempre il solito, si cambia ciò che ci sta intorno: il luogo, l’allenamento, le ragnatele (non è po’ triste che Peter se le compri? non dovrebbe essere un genietto?). Personalmente, apprezzo di più il modo in cui tutta la fase di transizione è stata rappresentata da Raimi. Il senso di ragno “automatico” della corsa in metro mi ha lasciato un po’ perplesso. Di nuovo, capisco che “devi cambiare”, ma è questo il meglio che si poteva ottenere?
Buona invece la rappresentazione della “svolta sborona” di Peter, un’ottima “trasposizione” dal fumetto.
Questa prima parte di film (un’oretta?), per quanto un po’ lenta e con puzzo di “già visto”, per me è migliore della seconda parte.
Tutto il “capitolo Lizard” non mi ha convinto, il personaggio era piatto (si cerca di dargli una tridimensionalità con la faccenda del “diventiamo tutti lucertole, così saremo tutti uguali”, ma per me si poteva fare di più), e per me è questa la pecca più grossa, perché poi la storia d’ammore funziona, il rapporto con la zia pure, la scena del branzino è accettabile..
Nel complesso, secondo me, Webb è riuscito a rappresentare bene le origini del ragno, molto bene i sentimenti e i rapporti tra i personaggi (anche se a volte con Peter si accelera troppo sul “mi odiano tutti”), mentre la parte più prettamente “supereroistica” è meno riuscita. Scena delle gru a parte.
Insomma, per me stacca un buon 6 e mezzo, con qualche nota positiva e qualche aspetto da rivedere per il sequel.
ah, trivia che spiega alcune cosette: pare che le varie case di produzione (fox per x-men, columbia per spiderman, eccetera) perdano i diritti se non realizzano un film almeno entro cinque anni dall’ultimo uscito.
questo spiega il perché del reboot affrettato, dopo che si erano persi due anni a lavorare (con scarsi risultati a quanto pare, visto che Raimi se ne andò) su Spiderman 4.