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Amazon aka il Male, due pummarole, ebook, epici fail, Festival Letteratura Mantova, internet è il NEMICO, ma anche no, MA-TI-PREGO, Neri Pozza, post di pubblica utilità, se ne sentiva il bisogno
Oggi è cominciato il Festival Letteratura di Mantova, una delle migliori occasioni per i lettori italiani di incontrare i loro beniamini e spulciare tra le ultime novità delle case editrici autoctone.
Ovviamente i lettori italiani anche in queste occasioni di festa non possono bypassare il celebre atteggiamento da pesci in faccia che una buona fetta degli editori italiani ultimamente riserva loro.
Ormai siamo al catastrofismo acido, tipo…
è però indubbio che, anche solo dallo sguardo esterno di un lettore, il settore risulti in sofferenza. Troppe uscite, prezzi troppo alti, concorrenza dei grandi negozi online: di tutto e di più è stato addotto a causa (e scusa) della crisi del mercato editoriale e della sua propaggine più fisica, le librerie.
Le librerie stanno scomparendo.
Sembra assodato che la colpa sia unicamente del lettore (vedi sopra) che, attirato dalle malvagie intenzioni ribassiste di alcuni grossi competitors appena apparsi nella Penisola (Amazon aka il Male), diserta le librerie, condannandole a morte certa. Nonostante leggi volte a mettere un tetto allo sconto sui libri scaturite da quella che non credo di esagerare definendo una lobby.
In occasione di questo bellissimo evento, vi racconto quanto accaduto pochi giorni fa su Twitter, che a mio parere è parecchio esplicativo di quanto stia succedendo ora sul mercato editoriale italiano. Dice molto anche su chi regola e gestisce una delle branche insostituibili del sapere.
Testimonianza che vi posso presentare solo perché, essendo avvezza al mondo di internet (e quindi, di fondo, malvagia), ho subodorato che un rimorso paraculista del post confronto avrebbe potuto eliminare le prove di quanto successo e mi sono fatta gli screenshot (immagini da leggersi dal basso verso l’alto, trattandosi di tweet). (*)
Premessa iniziale: io sono una lettrice e degli aspetti “da dietro le quinte” del mondo dell’editoria so pochissimo. Questo vuol dire che sono disposta a farmi spiegare da chi ne sa, ma non certo ad essere presa in giro dagli stessi. Se chi ne sa vuole fornire le informazioni mancanti da cui è partita questa storia, è il benvenuto.
Antefatto: Io e Chiara Lino (che scrive tra gli altri per il Post, Grazia.it e Serialmente) discutevamo via twitter di ebook, o meglio, del loro prezzo. Stupite dal prezzo esorbitante di certi titoli, molto vicino all’equivalente cartaceo, ci chiedevamo dove andasse a finire il risparmio che (agli occhi di semplici lettrici) viene generato dall’annullamento di processi come:
- acquisto carta
- stampa e rilegatura
- trasporto
- magazzino
- percentuale al librario (maggiore, minore o uguale a quella pretesa dai grandi siti online come Amazon?)
- macero degli invenduti
per dire solo i più lampanti e (supposizione mia) i più costosi.
Siccome pare non esista uno studio affidabile sull’argomento, ho sottolineato come l’unico aspetto più costoso dell’ebook sia l’IVA al 21%, dato che la versione digitale non gode delle agevolazioni del cartaceo (e già qui ci sarebbe da chiedersi il perché).
Volendo portare un’esempio a Chiara, le twitto il caso emblematico di Neri Pozza: Il Profumo del Caffè di Anthony Capella (scelto a caso tra le ultime uscite) costa 15,30 euro in brossura ed in ebook si trova al modico prezzo di…13,99 euro.
Qualche giorno dopo (**), ci arriva una risposta un po’ inviperita da Neri Pozza, che deve aver scovato la conversazione seguendo le tag.
Ci rispondono che il prezzo fisico del volume è i 18 euro e quella “è offerta dai siti di vendita online“. Appunto. Noi si partiva, presumo, dal presupposto che uno cerchi in ogni caso di spuntare il prezzo migliore, quale che sia l’edizione.
Mentre io, lo ammetto, già un po’ mi risento, Chiara (che è una campionessa di correttezza professionale), chiede a Neri Pozza di spiegare a noi profane quello che tentavamo di capire in principio, ovvero perché gli ebook non siano così convenienti come ci piacerebbe credere.
La risposta è un suicidio di comunicazione aziendale, ma è un CAPOLAVORO ASSOLUTO. Sappiate che io sono giorni che urlo con aria indignata “DUE PUMMAROLE” girando per casa.
Ebbene sì: Neri Pozza magari potrebbe pure farvi uno sconto, ma non lo fa per posizione di principio. Perché non svende la letteratura a basso prezzo, come pummarole di dubbia qualità.
…e qui casca l’asino, esortato sempre da Chiara. Neri Pozza (e non solo loro, mi pare di intuire) tiene apposta i prezzi degli ebook artificialmente alti per preservare il cartaceo (leggesi, preservare il circuito librario). Insomma, si confida nell’assunto che se costano uguali o quasi, uno dice “beh, mi compro il libro cartaceo, che a parità di prezzo ho la copia fisica”.
Neri Pozza non difende i lettori, difende i librai. Sia ben chiaro, qui non si ha niente contro le librerie e se troveranno il modo di sopravvivere, sarò la prima a festeggiare (e vorrei far presente che forse sono i lettori che usano gli ereader ad andare anche in libreria, almeno tanto quanto i famosi lettori occasionali, l’Eldorado di tutto il settore). Però qui sfugge un particolare: mi obblighi alla copia fisica? A parte in casi particolari, io andrò comunque a prenderla da chi me la fornisce al prezzo migliore, ovvero sui siti online. Perché io, lettore NON occasionale, di libri ne leggo parecchi e, di sconto in sconto, posso ricavarmi un titolo extra, perché un lettore di fondo è insaziabile, giusto?
I librai muoiono comunque e tu perdi la mia fiducia, consolidando il mio (già morboso) rapporto con un sito che invece (per mere logiche commerciali, beninteso) mette il lettore/cliente al primo posto. Nel mio caso, lo ha già dimostrato più di una volta con un servizio clienti semplicemente pazzesco.
Se invece aiuto i librai e sostengo gli editori, il mio destino è anche quello di essere velatamente insultata. Perché? Perché sono una ritardata o giù di lì, una villana che cerca lo sconto.
Qui però il problema è un altro e il mercato discografico è lì, Cassandra inascoltata dagli editori (non solo italiani). Se io percepisco (e i punti là sopra mi paiono fondati su un ragionamento abbastanza solido) che tu stai tenendo artificialmente alti i prezzi e nel contempo si sviluppa un sistema di reperimento dello stesso bene gratuito (ancorché illegale), cosa pensate succederà? Quello che succede già nel settore musicale (e cinematografico). E non pensiate che manchi tanto; 5 minuti di ricerca su Google e si trovano già intere collane di genere di cui parlo spesso qui.
Che poi diciamocelo: non manca chi, se può avere un bene gratis, anche se la modalità legale fosse estremamente conveniente non la sceglierebbe mai. Mi chiedo: non sarebbe meglio fidelizzare e premiare chi non segue queste logiche piuttosto che punire il pubblico in toto, per l’attitudine di alcuni? Mistero.
I prezzi stracciati distruggono le librerie e l’editoria di qualità.
Peccato che qui, di prezzi stracciati, non se ne vedano. Da diversi anni ormai il prezzo dei libri è in continuo aumento e la mia sensazione (sensazione di lettrice ignara delle logiche editoriali, ripeto) è che dalla nascita dei grandi siti di vendita online (IBS e Amazon) si siano alzati i prezzi per contenere la fascia possibile di sconto. Se la tesi di Neri Pozza è realistica, l’editoria e le librerie italiane di qualità non corrono pericoli, dato che un libro in brossura costa 18 euro. 18 EURO. Da ignorante lettrice, mi sembrano un’enormità, un’anomalia cresciuta a dismisura negli ultimi anni.
Ultima considerazione: quindi la qualità del libro è data dal suo prezzo, dato che l’editoria pezzente vive di sconti e quella di fascia alta è costretta ad applicare certi prezzi. Non dal contenuto del libro. Un ragionamento così mi starebbe bene magari giusto per certe edizioni ritradotte e annotate da grandi nomi, rilegate, con illustrazioni a colori e un lavoro editoriale gigantesco, tipo questo.
Neri Pozza però pubblica narrativa che definirei di medio/buon livello, ma sicuramente non ha dietro un lavoro editoriale dei livelli sopracitati. Certo, è vero che alcune case editrici (Newton Compton) propongono ottimi prezzi (e non a caso detengono buona fetta del mercato di libri in edizione elettronica) suscitando le ire dei lettori quando ad andare di mezzo è la comprensibilità del testo stesso per traduzioni poco competenti e adattamenti inesistenti (ricordo ancora un Fantasma dell’Opera in cui interi paragrafi non avevano senso), però credo che una linea mediana tra le due posizioni possa e debba essere messa in campo. Insomma, o sconto selvaggio o prezzi inaccessibili; nel mezzo, il deserto.
E’ giusto che io venga trattata con tale sufficienza per aver chiesto spiegazioni in merito ad una questione che mi sta a cuore da una casa editrice che ha un profilo pubblico, quindi si suppone voglia comunicare in modo diretto coi propri acquirenti? Da una casa editrice che, nota bene, negli anni sugli stessi social che ora utilizza anche lei ho supportato e sponsorizzato per iniziative a me care (nel caso specifico, la pubblicazione di autori e autrici giapponesi contemporanei)?
E soprattutto, chi mi toglierà il dubbio che in quel piccolo divario tra cartaceo e digitale Neri Pozza e gli altri editori spuntino tutte le voci sopracitate, fornendomi l’ebook ad un prezzo NON scontato, ma quantomeno scevro da tutti quei passaggi che l’edizione senza supporto cartaceo può saltare? Nessuno. E’ su queste incertezze che, a mio parere, la tentazione di solcare i mari della pirateria diviene irresistibile.
(*) Il fatto che qualcuno tenti ancora di cancellare qualcosa dal web sperando che questa mossa possa funzionare senza lasciare tracce vi dice già molto del livello di comprensione del mezzo internet e delle sue dinamiche, anche tra i professionisti, in Italia.
(**) Ho già notato in passato che il profilo Neri Pozza su Twitter viene controllato su base settimanale. Non che ci sia nulla di male, se si ignora che aprire un profilo su un social qualsiasi richiede tempo e dedizione per qualcuno in questa posizione, perché è un biglietto da visita non indifferente, attraverso cui si possono fare EPIC FAIL colossali, come quello sopra .
tralasciando i commenti su cortesia, professionalità, eleganza eccetera, negli ultimi anni sta effettivamente diventando un problema acquistare i libri: economici a 12/13 euro o più (quando prima 26 mila lire erano una cifra astronomica per un libro), una marea di titoli spazzatura, pochissimi sconti in libreria, senza contare che nei negozi fisici trovare qualcosa di interessante è quasi impossibile, dato che le librerie per le quali chiedono tanto sbattimento preferiscono portare tonnellate di libri delle ricette della cuccarini e 50 sfumature a scapito di altro… l’unica soluzione è il male supremo, amazon o ibs che sia, dove sicuramente trovi di più, spendi meno e ti eviti pure i librai antipatici. ma oltretutto questa vaccata degli ebook… dove sta la comodità e il risparmio? costano tantissimo (e quelle domande sui costi dell’editore me le sono fatta anche io) e costa tanto anche l’affare per leggerli… allora a che serve? ne approfittano della moda dilagante per queste fuffate di tablet per far acquistare l’ennesimo gingillo elettronico? secondo me è solo una questione di moda e amen. fatto sta che l’editoria italiana è uno schifo, troppa robaccia, le librerie ormai sono supermercati zeppi di vaccate e l’unica cosa che sanno fare è prendersela con i lettori che cercano di tenere la testa fuori dalla cacca per non soffocarci dentro. altro che due pummarole…
@claclina ricordiamoci però che se è vero che è aumentato il prezzo finale è altrettanto vero che sono aumentati i costi per l’editore. Il paragone con i costi di 10 anni fa non regge, viviamo in un’economia diversa per tutti quanti.
E no, i sistemi di lettura digitale non sono questione di moda. Sono, banalmente e retoricamente, il futuro. Non è plausibile un mondo in cui si continua a produrre oggetti al ritmo e al volume delle produzioni editoriali: non abbiamo abbastanza spazio, non abbiamo abbastanza carta, non abbiamo abbastanza risorse energetiche per continuare a supportare un mercato che funziona in questo modo. I costi che elenca Gardy non sono solo voci di spesa nella contabilità di un editore, sono anche benzina dei camion e magazzini fisici e macero di oggetti che nessuno vuole. La digitalizzazione è inevitabile, piaccia o meno.
Da ex-libraio, nonchè lettore accanito (media intorno a 50 libri l’anno: ovvero come l’1% della popolazione, secondo i dati, quindi una mosca bianca), nonchè dotato di kindle da quasi 2 anni (mosca bianca al quadrato) qualcosa posso dirlo.
Le librerie sono già morte, che a Neri pozza piaccia o non piaccia. Da ormai MOLTI anni le librerie piccole e medie chiudono in massa oppure, se tirano avanti, lo fanno solo lavorando in perdita o lavorando senza un reale profitto. Insomma al massimo vivacchiano, cosa che, con l’avvento della recessione, dell’on-line e dell’ebook, è sempre più improbabile che accada in futuro. Quelle grandi, i megastore, hanno più margini, grazie a tutto ciò che non è libro: i profitti li fanno su games, cartoleria, cd, dvd, qualunque cosa, mentre i libri li tengono solo per questioni di immagine (il libro di carta, si sa, ha un bel profumo, e via dicendo).
Nel giro di 5-10 anni, lo sanno tutti, le vendite di libri digitali, ebook, supereranno tranquillamente le vendite di libri di carta. Forse in Italia i tempi saranno più lenti, per due motivi: a)la maggior parte dei lettori sono anziani e poco “civilizzati” dal punto di vista tecnologico – l’Italia è arretratissima da questo punto di vista b)le case editrici, mediamente, invece di riconoscere, e seguire, il vento del cambiamento, sono arroccate a difesa dell’idea del libro come feticcio da esporre. A molte case editrici non interessa particolarmente diffondere i contenuti del libro, ma interessa piuttosto poter esporre in più posti possibili il loro prodotto. L’ebook, da questo punto di vista, ha il difetto di essere un file: cioè non ha alcun valore “feticistico”, non è un oggetto, il suo valore consiste quasi esclusivamente nel suo contenuto – cosa che trasforma profondamente il lavoro dell’editore. Molti editori, a quanto pare, non hanno capito ancora niente di questa trasformazione, sono più anziani dei loro lettori, sono indietro coi tempi, non sono pronti a trasformarsi ed accettare le sfide CULTURALI di un mercato che sta per essere rivoluzionato.
Il discorso del prezzo è una conseguenza di tutto questo. Mantenere i prezzi alti è purtroppo divenuta una pratica abituale da anni, non tanto per difendere le piccole librerie come romanticamente qualcuno vuol far credere, ma per difendere la grande distribuzione e i margini dei grossisti (che poi spesso afferiscono alle grandi case editrici). Il prezzo del libro è spaventosamente gonfiato dal sistema dei resi, che appunto avvantaggia GDO, grossisti etc., che possono facilmente movimentare grossi capitali e grandi volumi – acquistando centinaia di copie di un titolo e poi rendendolo con facilità se non vende, senza perdere nemmeno un euro. Mantenere i prezzi alti serve appunto a finanziare questo sistema, e il correlato sistema di scontistica solo in parte abbattuto dalla legge sul libro. Tutti sanno che la GDO(e i megastore) può comprare centinaia di copie di un titolo pagandole a metà prezzo(50-55% di sconto), mentre le piccole librerie hanno un margine intorno al 27% del prezzo di copertina: quindi smettiamola con questa stupidaggine del difendere le librerie.
A questo punto è ovvio che l’irruzione degli ebook in una situazione consolidata come questa, è sconvolgente. Modellare il prezzo degli ebook su quello del libro cartaceo è semplicemente la conseguenza del non aver capito niente, un comportamento tipico del dinosauro di fronte al meteorite che sta per provocarne l’estinzione: arraffare tutto il possibile, finchè ce n’è.
Personalmente compro moltissimi ebook, ma mi sono imposto due regole per quanto riguarda il prezzo: non compro mai ebook che costano più di 10 euro, e non compro mai ebook che costano più della metà del prezzo di copertina cartaceo. Queste sono le mie due soglie “psicologiche”. In ogni caso il 90% degli ebook che compro costa meno di 5 euro. Questi sono i prezzi corretti e remunerativi, per tutta la filiera, per gli ebook: 1-2 euro per l’autore, un euro per la casa editrice, un paio di euro per chi vende, e il 20% di iva. Tutto il resto è stupidità, o malafede.
Grazie mille per la tua testimonianza da “ex insider”! Il post voleva proprio richiamare chi il settore lo conosce (sulla base di varie posizioni lavorative nella filiera) a spiegare a noi ultimo anello della catena, i lettori, cosa ci sia dietro al mondo in fieri dell’ebook.
Il mio timore è che si stia pasteggiando sulle macerie. Una volta che il salto cartaceo -> ebook sarà compiuto (in un paese con una grande arretratezza digitale, sì, ma con una facilità d’uso spaventosa di smartphones e affini, di cui esistono applicazioni gratuite come Kindle stesso), rimarrà ben poco e il vantaggio lasciato ai colossi come Google e Amazon sarà difficilmente colmabile, anche per i grandi gruppi editoriali.
Paolo, facciamo un passo avanti: quando gli editori dinosauri si saranno estinti, e i libri e le librerie anche, quanti download dovrà fare un ebook per coprire i costi di produzione, che non sono la carta e la stampa, ma le persone che ci lavorano? Se secondo te è giusto che all’editore rimanga un euro, be’, un italiano dovrebbe almeno vendere 6000 copie (ammesso che siano sufficienti due mesi di editing e una settimana di impaginazione – sì, neanche l’ebook si fa da solo, dato che non è un file di word) per pagare le persone che ci avranno lavorato. E nel costo di produzione di un libro c’è anche la lettura di tutti quelli che poi non vengono pubblicati, come nella pizza alla mozzarella di bufala si paga anche la bufala che il ristoratore ha buttato perché quella settimana nessuno l’ha richiesta, per restare in tema di pummarole.
Il prezzo del libro è dato dal costo delle persone che ci lavorano, sia esso cartaceo o digitale: ecco perché anche chi adesso per aggredire il mercato li butta lì a 1,99 poi, quando vivrà solo di questo, non potrà tenere questi prezzi e fare prodotti dignitosi e pagare il lavoro delle persone. Vendere 6000 copie di un esordiente italiano sarà sempre un miracolo, anche nell’era post meteorite.
Il solito mal costume italiano: la casta!!!! La casta che vuole monopolizzare
il settore,non rendendosi conto che così facendo, farà la rovina di se stesso.
E’ triste vedere come certi accordi di cartello si ripetano tra ” autore-distributore”, come in molti altri settori che tutti conosciamo e non sto qui ad elencare.
Poi questo fatto di buttare fango sulla “pummarola” , che è un elemento base della cultura culinaria di un paese, la dice tutta:
al giorno d’oggi, si “pubblica” chiunque!!! e chi esce con un libro se la mena una cifra.
Respect for the Pummarola!!!!
Posso dirti per esperienza che creare un ebook ha dei costi non indifferenti, se lo si vuol fare bene. Vero, si risparmia su logistica e stampa, ma restano costi di distribuzione virtuale (per darti un’idea: 5% alla piattaforma di distribuzione, 30% circa alla libreria online), realizzazione del file (non basta un’esportazione in epub purtroppo!) e una pesante IVA del 21%. Non ci si possono quindi aspettare prezzi stracciati, ma minori sì.
Aggiungo che attualmente l’ebook è ‘solo’ uno spin-off del cartaceo: parte dei costi fissi sono comuni (si pensi alle attività redazionali e alla traduzioni), quindi un ebook deve coprire solo costi di realizzazione del file (diverso discorso per gli editori digitali puri, che non stampano e quindi col solo ebook devono coprire tutti i costi di produzione).
Come lettrice, mi viene da considerare di minor valore un file rispetto ad un libro di carta, che posso tenere in mano, che ha una tangibilità e una concretezza. Ma in effetti mi rendo conto che è solo una questione di contenuti. Io pago per leggere un romanzo (o un saggio) e il supporto passa in secondo piano.
Quindi mi aspetto che il prezzo di ‘copertina’ serva a remunerare l’attività di autori, redattori, correttori di bozze, traduttori, editori, ecc, e posso capire che i costi siano elevati, a fronte di una mercato ristretto, e per coprirli non sia possibile mettere in vendita il libro ad un prezzo ridottissimo. Bisogna comunque aggiungere che non tutti i libri raggiungono il punto di pareggio e spesso gli editori fissano un prezzo che non permetterà di coprire tutti i costi, ma grazie alla composizione del catalogo riescono a far quadrare i conti.
Si aggiunge anche una strategia di discriminazione basata sul prezzo: se un libro lo vuoi subito paghi di più, col tempo il prezzo scende, per incontrare la domanda di chi ha una willingness to pay (scusa il termine inglese!) minore. Con i libri cartacei si discrimina fra edizioni hard-cover (con prezzo maggiore) e tascabili e super-economici. Con gli ebook, semplicemente il prezzo può scendere col tempo, oppure da subito si fissa un prezzo di ‘compromesso’.
Nel tuo ‘racconto’ è la posizione di Neri Pozza che mi stupisce. Le vostre domande erano più che legittime (vi consiglio per approfondire questi temi La lettura digitale e il web –> http://www.ledita.it) e avrebbero meritato un confronto, un dibattito. Arroccarsi sull’idea che la letteratura di qualità deve necessariamente costare tanto è sterile se non controproducente. Mi ricorda un articolo di Stefano Salis su La Domenica de IlSole24Ore. In sintesi difende la legge Levi sul prezzo (per approfondimenti sugli effetti della legge e sulla relazione con la crisi dell’editoria http://www.nazioneindiana.com/2012/03/26/leditoria-fra-cartaceo-e-digitale-i-numeri-e-le-ragioni-di-una-crisi/) in quanto atta a salvaguardare le librerie quali baluardi di cultura. Ma se compro un libro non dovrei sostenere editore e autore? Che c’entra la libreria fisica se acquisto online? (se ti interessa, ne ho scritto qui: http://lapantofoladigitale.wordpress.com/2012/07/30/come-sarebbe-un-mondo-senza-librerie/)
Insomma, da un lato capisco romanticamente il valore delle librerie, dall’altro se gli editori hanno a cuore l’amore per i libri e la passione per la lettura, perché ostinarsi a sostenere un modello di business obsoleto? Forse perché gli editori (quasi tutti i medio-grandi) fanno parte di gruppi editoriali a cui fanno capo anche le catene? Forse perché le librerie sono un ecosistema conosciuto e rassicurante, rispetto alla giungla del web?
Per fortuna ci sono molti editori là fuori che fanno bene il loro lavoro, fissano prezzi onesti e hanno un sano rapporto sia con le librerie fisiche che con tutto il mondo digitale!
Grazie mille per la tua interessante e link-correlata risposta.
Il sospetto che anche gli ebook debbano nascondere dei costi non indifferenti era venuto anche a me, osservando i prezzi di un mercato sicuramente più maturo come quello americano.
Il punto è che siccome ci troviamo di fronte ad un cambiamento che rimette in discussione la nostra percezione del libro (e del suo prezzo), come lettrice vorrei che le case editrici tentassero di spiegarmi perché un ebook ha tale costo, piuttosto che inviperirsi se si pongono delle domande su questa nuova risorsa.
Il punto è che l’ebook non salverà tutti, anzi, velocizzerà la selezione naturale di chi non riesce a stare al passo col cambiamento culturale e digitale del nostro tempo.
PS sempre qui sul mio piccolo blog parlavo della gestione CAOTICA della collana Urania, recentemente sbarcata sul digitale. L’impressione è che si stia provando ad utilizzare anche l’ebook come nuova fonte di profitto, ma caricando online una versione poco curata del cartaceo e senza investirci denaro e tempo. Insomma, un “vediamo come va” per nulla pianificato. Se i lettori poi chiedono più serietà, arriva puntuale la risposta piccatissima.
Serve più trasparenza, per tutti, per capire i cambiamenti in atto! Molti editori per primi dovrebbe analizzare a fondo cosa comporta la produzione di ebook. Il rischio è proprio quello di realizzare ebook in modo approssimativo, senza una vera strategia, e così ti ritrovi fra le mani prodotti che non funzionano o pieni di errori… ti capisco, insomma!
Per fortuna non sono tutti così 🙂
Posso dirti per esperienza che creare un ebook ha dei costi non indifferenti, se lo si vuol fare bene.
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Scusa, ma questo secondo me e’ cibo per polli. Sul piano informatico, il formato epub non e’ altro che un file compresso contenente una serie di xhtml in serie. Raccontare che sia un procedimento complesso quando esistono software di authoring gratuiti significa contare sull’ignoranza del pubblico.
Certo, hai la fortuna di parlare con persone che di tecnico non hanno nulla, si tratta di persone dalla forte cultura umanistica , che vanno in crisi al primo acronimo tecnico, e quindi puoi farlo.
Ma ricorda sempre una cosa: stai raccontando fandonie. Produrre e distribuire un libro in digitale, anche usando un formato complesso come il PDF , non costa quanto produrre e distribuire un libro cartaceo, per quanto bene tu lo voglia fare. Anche supponendo di avere costi simili in produzione, la distribuzione e’ cosi’ economica che se li mangia.
Anche sul piano del risk management, il rischio del cartaceo invenduto caschera’ su chi rimane con la carta in mano, mentre non c’e’ rischio di elettronico invenduto, o meglio il rischio di elettronico invenduto non dipende dal numero di copie gia’ stampate.
Ora, il punto e’ che le fandonie hanno un prezzo. Se il modello di distribuzione dell’ebook e’, come ha gia’ mostrato di essere, conveniente sul piano materiale, tutto questo quaquaqua peperepe’ di supercazzola prematurata non serve a nulla: appena il cliente ottiene quel che vuole a costi minori su un altro canale, tu chiudi.
Chiudi. Chiudi. Chiudi perche’ non hai clienti. Chiudi perche’ non stai sul mercato. E non c’e’ lalalalala che tenga quando ti chiama il direttore di banca perche’ sfori il fido: o rientri o sei fallito.
Amazon ha costruito un canale poderoso per la distribuzione e permette il self publishing. Adesso sul Play Store google si e’ aggiunta , e ha un bacino di clienti enorme. Microsoft lancera’ il suo store digitale con Windows 8. Prima software, poi contenuti.
Mi sfugge la proposta italiana. Non esiste alcuna proposta italiana. Non esiste nessuna azienda italiana che prenda neppure in considerazione la cosa.
E non e’ un problema di burocrazia: parliamo di internet, un dominio lo registri in pochi secondi. Non e’ un problema di costi, non prendiamoci in giro.
E’ solo che siete obsoleti. E nel mondo moderno, questa e’ una condanna a morte. Sperate di avere un pubblico obsoleto quanto voi che continui ad usare i vostri obsoleti sistemi di distribuzione per comprare un obsoleto prodotto editoriale.
Fai pure tutto il lalalala che vuoi, e prova a convincere lo scrittore che gli ebook “fatti bene” costino quanto un libro cartaceo. Forse riuscirai. Ma poi hai i lettori. Che a volte, come me, sono tecnici. A volte, come i miei amici e chi segue il mio blog, hanno amici tecnici. E li’ fallirai. Il tuo lettore e’ oggi piu’ competente DI TE.
Ah, si: in Italia, di ebook “fatti bene” non ne vedo. In genere si tratta di conversioni da PDF fatti usando degli authorware di valore dubbio, che spesso perdono anche le legature. Se fosse anche vero che gli ebook “fatti bene” costano tanto, beh, quelli che escono in Italia devono essere costati davvero poco.
Uriel
Grazie per il tuo contributo Uriel.
Quindi tu suggerisci (come già qualcuno aveva ipotizzato) che allo stato attuale delle cose in Italia gli ebook siano poco più che versioni digitalizzate del file che si spedisce in tipografia.
Però c’é un punto che non mi è chiaro: utilizzare una tecnologia che permetta di aggiungere il famigerato DRM by Adobe implica un prezzo, giusto? Inoltre se si acquisiscono i diritti del cartaceo con X, il costo dei diritti di Y, la versione digitale è a parte e purtroppo non si riesce a capire di che entità sia. Se poi fai una conversione un po’ in grazia di dio per un gran numero di titoli, magari assumi un tecnico come te: questi sono costi.
Ultima cosa: l’IVA più alta, dal 4 al 21.
Da una parte mi piacerebbe tantissimo che il tuo discorso fosse al 100% realistico, perché sarebbe una cuccagna per chi legge in inglese. Invece no, i prezzi sono altini anche oltreoceano, pur esistendo offerte e scontistiche più allettanti.
C’e’ una certa cifra sotto cui solo chi si autoproduce o realtà molto, molto piccole riescono ad andare, sembra un dato di fatto.
Infine, un mondo basato sull’autopubblicazione attraverso Play Store e Amazon mi sembra parimenti eccitante e terrificante. Certo, non mancherà di erodere ulteriori fette di mercato all’editoria, ma non è che sia entusiasta all’idea di scavare in mucchi di merda per trovare l’unica perla rara, tra review comprate tramite siti internet un tanto all’oncia e Amazon e Google stesse che hanno logiche commerciali non troppo cristalline.
Sulla realtà italiana, è il deserto. Però i tecnici siete tu e i frequentatori del tuo blog, quelli che “ne sanno”. Forse il ruolo di proporre e rischiare spetta più a voi che agli umanisti. Le startup servono a quello.
L’avrei detto in modo meno aggressivo, ma condivido quel che dice Uriel sul fatto che non è realistico pensare che la pubblicazione di un ebook, da un punto di vista editoriale, debba sottostare a costi di edizione così spropositati. Un file è un file, il lavoro di correzione di bozze, editing etc. bisogna farlo anche per le copie cartacee, in più c’è solo la conversione nei formati idonei, che richiede l’utilizzo di software e tecniche ormai alla portata di tutti sia economicamente che dal punto di vista informatico. Non a caso appunto l’autopubblicazione si diffonde e non è necessariamente detto che porti a un peggioramento della qualità media dell’offerta.
Magari sono pessimista io (in fondo anche le case editrici ci propinano un mare di fuffa), staremo a vedere sull’autopubblicazione.
Sull’ebook, sarebbe bello capire perché ci siano prezzi così spropositati, in misura minore, anche in UK e Usa (Uriel riporta che in Germania è molto diverso, personalmente nono conosco quel mercato).
Per sopravvivere alle multinazionali o in generale alla grossa distribuzione l’unica soluzione è la differenziazione dei prodotti, i salvataggi forzosi fanno solo inviperire i clienti e rallentano l’inevitabile.
I piccoli negozietti alimentari per sopravvivere ai supermercati devono proporre qualcosa di diverso di maggiore qualità, sull’editoria questo come si traduce : non saprei edizioni pregiate con particolare cura nella stampa e nelle rilegature, più eventi come incontri con gli autori, discussioni dibattiti.
Sui film noto in crescita la tendenza a fornire la copia digitale in “omaggio” all’acquisto del supporto fisico, a me l’idea di prendere un libro ed avere anche la sua copia digitale (da usare quando sono in viaggio o in situazioni dove il sottile eReader risulta più pratico) non dispiacerebbe.
Per sopravvivere alle multinazionali o in generale alla grossa distribuzione l’unica soluzione è la differenziazione dei prodotti, i salvataggi forzosi fanno solo inviperire i clienti e rallentano l’inevitabile.
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No, non serve a nulla. Un Amazon ha milioni e milioni di titoli, per quanto tu possa differenziale arriverai a poche migliaia. Di fatto, ti copriranno comunque.
L’unico modo per sopravvivere ad una multinazionale e’ diventare una multinazionale piu’ grossa.
Parte dei costi di un ebook viene anche dal DRM, per chi lo usa. Per assurdo il lettore digitale si trova dunque a pagare extra anche per un qualcosa che lo danneggia.
Se un ebook fosse veramente libero io non avrei problemi a pagarlo anche il 60-70% della sua edizione cartacea.
Parte dei costi di un ebook viene anche dal DRM, per chi lo usa.
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Il costo per copia e’ microscopico. Smettiamola di cibare polli.
Cenato pesante?
A meno che tu non abbia venduto solo 100 copie, alla fine tutti i costi per copia di una produzione digitale diventano microscopici, al contrario che per gli oggetti ‘fisici’. Non vedo perché il costo del DRM su un libro sia da trattare diversamente da quello di autore, editor, typesetting, grafica, pubblicità ecc.
Cenato pesante?
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No, e’ che certe volte certe affermazioni urtano. Per esempio, il DRM. L’uso piu’ bovino serve a limitare il numero di letture, ma io ho avuto un cliente-telco che lo usava per garantire ai suoi clienti/e solo ai suoi di scaricare gratis un contenuto. Mi sembra onestamente legittimo, e non fornisce costi all’utente. Io ti offro un tot di contenuti gratis ogni mese, e li offro solo ai miei clienti e solo su uno specifico dispositivo, che peraltro abbiamo testato e che sappiamo offrire il contenuto come si deve. Quindi si, dire che il DRM significhi prezzo e’ sbagliato, ed e’ insultante.
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A meno che tu non abbia venduto solo 100 copie, alla fine tutti i costi per copia di una produzione digitale diventano microscopici, al contrario che per gli oggetti ‘fisici’. Non vedo perché il costo del DRM su un libro sia da trattare diversamente da quello di autore, editor, typesetting, grafica, pubblicità ecc.
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Perche’ il costo delle infrastrutture e’ un costo fisso, mentre il cosro di autore, typesetting & co e’ un costo variabile. E questo, nell’economia dei servizi, varia molto le cose.
Significa che per vincere devi fare numeri. E la libreria piccola i numeri non li fa.
>Quindi tu suggerisci (come già qualcuno aveva ipotizzato) che allo stato attuale >delle cose in Italia gli ebook siano poco più che versioni digitalizzate del file che si >spedisce in tipografia.
Peggio. Di fatto si tratta di documenti word convertiti con un toolkit, in genere. Te ne accorgi perche’ spesso, se li scompatti, trovi ancora i tag di Microsoft nell’ xhtml.
>Però c’é un punto che non mi è chiaro: utilizzare una tecnologia che permetta di >aggiungere il famigerato DRM by Adobe implica un prezzo, giusto?
Vero. Uno dei miei clienti, una telco tier1 cui faccio da consulente sui servizi VAS, ha un sistema di distribuzione di contenuti basato su DRM. Il costo per singolo contenuto e’ di circa un centesimo di euro per copia se parliamo di migliaia o decine di migliaia , che scendono a frazioni di centesimo se parliamo di cifre piu’ alte di 100K copie.
Il costo di un sistema simile -che il cliente si e’ fatto scrivere- si aggira attorno ai 600K euro, e in genere ha un ROI di 2 anni, 2 anni e mezzo.
Ovviamente una telco non e’ Amazon, che recupera investimenti piu’ grandi in tempi molto piu’ brevi, ma coi numeri di contenuti multimediali in DRM che una telco fornisce, i tempi di recupero dell’authoring e del DRM vanno dai sei mesi per la musica ai 2/2.5 anni per il resto.
> Inoltre se si acquisiscono i diritti del cartaceo con X, il costo dei diritti di Y, la >versione digitale è a parte e purtroppo non si riesce a capire di che entità sia.
Qui vai sul diritto e quindi non e’ il mio campo. Io sono un architetto di sistema, e peraltro qui in Germania il diritto d’autore e’ legislato diversamente. Thalia, per esempio, (www.thalia.de) lavora sia col cartaceo che con il digitale, sugli stessi identici titoli. Sospetto che cambi per nazione. Ma ti ripeto: io sono un tecnologo, non un avvocato.
> Da una parte mi piacerebbe tantissimo che il tuo discorso fosse al 100% >realistico, perché sarebbe una cuccagna per chi legge in inglese. Invece no, i >prezzi sono altini anche oltreoceano, pur esistendo offerte e scontistiche più allettanti.
Non e’ vero, e i prezzi sono molto piu’ bassi gia’ in GErmania. vedi Thalia.de
> Sulla realtà italiana, è il deserto. Però i tecnici siete tu e i frequentatori del tuo
> blog, quelli che “ne sanno”. Forse il ruolo di proporre e rischiare spetta più a voi
> che agli umanisti. Le startup servono a quello.
In Italia le startup sono la preda preferita delle mafie e degli incumbent. Forse dovrei farlo qui, ma arriverei in ritardo di 5-6 anni sugli indigeni.
Ho lasciato l’italia, del resto, perche’ ero stufo di discorsi melliflui come quelli che fai tu.
Uriel
Wow, melliflua, mi mancava.
Grazie comunque per le precisissime risposte, sono così specifiche che vale di leggerle nonostante il tono da “voi poveri stronzi” generale.
Wow, melliflua, mi mancava.
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Quando spacci dati falsi per veri, tipo che il mercato all’estero si comporta come quello italiano, poi prendi tutto quel che viene. E’ vero che la diplomazia non e’ il mio forte, ma dall’altro lato quando cerchi di vendere il colosseo a qualcuno, gli stai dando dello stupido.
Se racconti che ci sia un prezzo per colpa dei DRM, stai insultando il buon senso, e spesso il tuo interlocutore. Posso usare il DRM semplicemente per garantire l’integrita’ dell’opera -per esempio contro i censori o contro problemi di trasmissione nel mondo 3G- senza per questo imporre prezzi. Il DRM non implica prezzo.
Se lo dici stai usando la parola contro la logica, e questo urta abbastanza.
Innanzitutto ho chiarito più volte che sono considerazioni basate sulla mia esperienza di lettrice, quindi al massimo spaccio percezioni, non dati falsi.
Secondo la mia esperienza anche i prezzi del mercato anglofono non sono così bassi. Esistono più offerte, questo sì, ma non mancano casi di novità dai prezzi molto, molto alti.
Mi sono semplicemente chiesta se il DRM potesse essere una delle cause, tu hai sottolineato che si tratta di una spesa irrisoria. Ok.
Il titolo di cui si parla nell’articolo non è (ancora) reperibile attraverso i canali pirata. Ne ho scelto a caso uno analogo come prezzo dalla stessa pagina del sito di Neri Pozza, Il fiume dell’oppio di Amitav Ghosh, 18,50 Euro di copertina in cartaceo (scontato su IBS a 15,72) e 13,99 in eBook. Questo è reperibile nei formati .doc, .odt, .pdf ed ovviamente in .epub. Il titolo pirata è stato digitalizzato direttamente dal cartaceo, e non si tratta quindi della versione messa in vendita dall’Editore e poi sprotetta.
Il tempo che ho impiegato per trovare e scaricare questo titolo è stato paragonabile a quello necessario per loggarmi sul mio store preferito ed eseguire le procedure di acquisto.
Ho successivamente reperito anche la versione originale dell’Editore opportunamente sprotetta. Il download in questo caso ha impiegato circa tre ore.
Alla luce di tutto ciò chiedo all’Editore: come pensate di proteggere le librerie con questa politica di prezzi sugli eBook? È evidente che di eBook non ne capite un granché, e soprattutto è evidente che nessuno nel vostro staff legge abitualmente eBook.
Col libro cartaceo un Editore può decidere di imporre il prezzo che ritiene più opportuno, col giusto intento di proteggere il proprio investimento e rendere profittevole per sé e per l’Autore la pubblicazione. In ogni caso l’Editore effettuerà l’operazione di pubblicazione praticamente in regime di monopolio, in quanto quel titolo, di quell’Autore, in quell’edizione la produce solo lui.
Ma con l’eBook si introduce un concorrente, e oltretutto un concorrente che vende il suo stesso prodotto, e lo vende ad un prezzo infinitamente più basso del proprio. Perché la pirateria non è altro che questo, un concorrente. E per battere un concorrente bisogna agire in modo da offrire il proprio prodotto in modo che sia più allettante di quello degli altri. E possiamo agire sulla qualità tipografica del libro, possiamo offrire più formati in modo da renderlo più compatibile con i dispositivi in commercio, possiamo renderlo più accessibile offrendolo su tutti gli store disponibili e privo di quelle protezioni che rendono solo la vita più complicata agli acquirenti onesti e che sono totalmente inefficaci per impedire la diffusione indiscriminata.
Ma dobbiamo anche far sì che il prezzo non sia un freno all’acquisto, in quanto il lettore che legge frequentemente eBook sa perfettamente quali siano i canali alternativi per procurarsi un libro. E l’Editore deve proteggersi evitando di invogliare gli utenti ad orientarsi altrove, innescando un spirale dal quale è poi difficile uscire.
Le regole per rendere appetibili i prezzi degli eBook sono semplici:
1) prezzo tra il 50% ed il 75% del prezzo di vendita dell’edizione cartacea più economica
2) prezzo mai superiore ai 9,99 Euro.
Ovvio, non sono regole assolute: ho acquistato un eBook a quasi trenta Euro e ne sono pienamente soddisfatto in quanto quel titolo specifico, per me, valeva abbondantemente quel prezzo.
Ma se parliamo di narrativa, di letteratura “di consumo” un prezzo di 14 Euro può essere percepito veramente come eccessivo. Di contro, se un prezzo è reputato “conveniente” o “basso” allora il lettore è propenso ad acquistare il titolo anche se il contenuto non sembra particolarmente interessante.
Credo anche che sia necessario evitare l’estremo opposto: trovo frequentemente titoli offerti a prezzi inferiori a due Euro, addirittura a 99 o a 49 centesimi. Una simile politica di prezzi invoglia sicuramente all’acquisto, ma rischia di comunicare involontariamente all’acquirente che il prodotto eBook è un prodotto di scarso valore. Paradossalmente si rischia anche in questo modo di invogliare l’utente alla pirateria, erroneamente indotto a pensare che a prendere gratis un libro che costa 49 centesimi non danneggia praticamente nessuno.
Luke
eBook Club Italia
Magari sono pessimista io (in fondo anche le case editrici ci propinano un mare di fuffa), staremo a vedere sull’autopubblicazione.
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Allora, pesa la differenza tra costi fissi e costi variabili. Un costo variabile e’ qualcosa che varia con la quantita’ di prodotti che vendi. Stampi il doppio dei libri, paghi il doppio della carta, il doppio del lavoro , il doppio del trasporto, eccetera. I costi variabili aavvantaggiano i piccoli content provider. Infatti hai piccole case editrici.
Un costo fisso e’ un costo che NON varia con la quantita’. Cosi’, una volta prodotto un singolo epub/pdf/mobi/quelchele’ non cambia che lo scarichino mille o diecimila volte. I costi fissi privilegiano i grandi operatori che fanno numeri, ovviamente.
L’autopubblicazione aggiunge numeri. E quindi aiuta i grossi editori.
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Sull’ebook, sarebbe bello capire perché ci siano prezzi così spropositati,
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Dipende da come li compri, ripeto. Thalia mi ha venduto un lettore (all’epoca il SONY PRS 550) e con il lettore c’era un bonus.
Oggi c’e’ un’offerta per un ebook gratis al giorno:
http://www.thalia.de/shop/haufe/show/?intid=amc81213212
15 Jahre TaschenGuides – die große
Jubiläumsaktion (3. bis 15.9.)
Jeden Tag ein anderes eBook kostenlos
downloaden (trad: ogni giorno un diverso libro da scaricare gratis).
Non voglio fare pubblicita’ a thalia, ma le politiche di prezzo in Germania sono cosi’. Si tratta di una collana delle guide tascabili, nata 15 anni fa, btw. E thalia ha i suoi concorrenti simili.
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in misura minore, anche in UK e Usa (Uriel riporta che in Germania è molto diverso, personalmente nono conosco quel mercato).
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Si, ma se cominci a fare sconti e offerte, il gioco dei prezzi puo’ cambiare. 365 libri l’anno gratis non sono pochi.
Eppure c’e’ il DRM anche sui gratuiti, perche Thalia vuole parlare ai suoi clienti, che hanno i suoi lettori o le sue app.
La storia “e’ cosi’ dappertutto” , o “siamo nelle medie europee” inizia ad essere veramente irritante. Perche’ non e’ vero.
Non per nulla Douglas Adams scrive quel che scrive sui “numeri italiani”, detti numeri di Bistro.
Uriel
Due pummarole. Non dei bei pomodori rossi e succosi, attenzione, ma volgari pummarole.
I pomodori campani dovrebbero essere particolarmente buoni (la nota varietà di San Marzano o quella dei pomodorini vesuviani, tanto per esempio), e la loro qualità una componente fondamentale per la buona riuscita di una pizza che a Napoli è un piatto gustoso non solo per tradizione culinaria, ma per qualità degli ingredienti (http://www.youtube.com/watch?v=I4w2ddBnZvA).
Quindi perché dire pummarole anziché pomodori, proprio a rafforzare l’idea di scarso valore del termine di paragone? La risposta penso sia evidente, e non si trova nella qualità del povero frutto in sé.
Trovo irritante l’uso del napoletano come spregiativo ma capisco la posizione di principio: non vogliamo mica trattare i pomodori come pummarole a basso prezzo?
Scusate la deviazione da questo discorso interessante.
😉
“…ma non è che sia entusiasta all’idea di scavare in mucchi di merda per trovare l’unica perla rara…”
vorrà dire che, chiuse le librerie e chiusi gli editori* resterà, potentissimo, il “critico”: compreremo l’e-libro che è piaciuto tanto a UrielFanelli, o a LoredanaLipperini, o a LeonardoTondelli, o a Gardy…
distopia: tutto questo finirà quando -presto- l’energia sarà razionata; tutti i kindle** si spegneranno, e chi ha in mano un vecchio tascabile del barone rampante fonderà una religione arboricola 🙂
*che peraltro moriranno per ultimi – tutta questa discussione non tiene conto di un mercato marginale ma fruttuoso: il generale in pensione che pubblica le sue memorie, o la signora che pubblica le poesie del Sensibile Figlio Prematuramente Scomparso
**e tutti i computer non addetti alla guida di missili o ordigni similari
Peccato che le opinioni di Gardy, Uriel, Loredana Lipperini e Leonardo Tondelli dovranno passare lo schema di diffidenza che già si sta diffondendo a causa della compravendita delle opinioni stesse. Non parlo dell’amico che ci chiede di leggere il suo estratto, parlo proprio di persone che di lavoro forniscono a pagamento recensioni.
Usciranno nuovi scrittori meritevoli dall’autopubblicazione? Sicuramente, non vedo l’ora. Ho però l’impressione che sarà sempre più difficile orientarsi tra il mare di possibilità proposte, tutto qui. Questa però è solo una mia impressione, spero di essere vivamente smentita.
Riguardo alla sua distopia, mi pare l’unico scenario possibile per frenare l’ebook. E non a caso è uno scenario distopico, non utopico.
ma già adesso (già prima…) è così: l’editore ha un nome per aver a suo tempo superato “lo schema di diffidenza”.
esce da feltrinelli -> è di sinistra, lo compro
esce negli struzzi -> è un mattone strafico e uppissimo, lo compro
esce da sellerio -> alternativo, nuovo, “indie” (hahaha) lo compro
passa a mondadori -> venduto, massificato, mai più, lo compra(i)no le sciampiste
and so on
L’avrei detto in modo meno aggressivo,
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7- Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo. (Marinetti, Manifesto del Futurismo).
;P
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ma condivido quel che dice Uriel sul fatto che non è realistico pensare che la pubblicazione di un ebook, da un punto di vista editoriale, debba sottostare a costi di edizione così spropositati.
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Non ci sono. Per un semplice motivo: devi distinguere costi fissi dai costi variabili.
Quando si disegna un prodotto -diciamo nel mio settore, cosi’ non spaccio balle- che ha costi crescenti col numero di clienti -diciamo che devo recapitarti a casa il tuo nuovo telefono, o il router- si sa che c’e’ un numero sotto il quale ci rimetti, uno sopra il quale vai fuori forecast, e quindi fai come Bezos, che ha fatto il Kindle Fire in un certo numero, e poi basta, sold out.
Quando un prodotto ha costi fissi, che non crescono se cresce il numero di clienti, come e’ la copia di un libro elettronico (perche’ ricordo che tu scarichi sempre una copia identica, mai l’originale, che resta dove si trova) , puoi anche non dare limiti al numero di clienti, e anzi vince chi ne ha di piu’.
Non mi potete raccontare che i costi di distribuzione di un libro cartaceo -stampa, trasporto, stoccaggio, occupazione di spazio in negozi che pagano tasse sullo spazio, tempo-uomo degli addetti alla libreria- , costo che cresce col numero di libri stampati, sia analogo al costo di un oggetto che viene gestito da calcolatori, scelto dall’utente senza bisogno di personale, scaricato da una infrastruttura (internet/3G) che l’editore non paga.
Ma davvero si puo’ discutere una cosa simile? Quanto deve essere TORBIDO il modo di argomentare, perche’ nasconda una banalissima differenza economica (quella tra costi fissi e costi variabili) che ogni contabile, ragioniere, tecnico di questo mondo conosce sin dai primi anni di studio?
Non vi chiedete quanto drogata debba essere una dialettica per offuscare concetti basilari come questi?
Peccato che le opinioni di Gardy, Uriel, Loredana Lipperini e Leonardo Tondelli dovranno passare lo schema di diffidenza che già si sta diffondendo a causa della compravendita delle opinioni stesse. Non parlo dell’amico che ci chiede di leggere il suo estratto, parlo proprio di persone che di lavoro forniscono a pagamento recensioni.
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Ma quando mai nel mondo dell’editoria la critica e’ stata qualificata? Quando mai e’ stata onesta? L”italia esce da un periodo nel quale si entrava in libreria dicendo “devo farmi una cultura, mi dia il libro piu’ noioso che ha”. Passa per un’editoria letteralmente televisiva, fatta dai libri di Sgarbi, Vespa &co, e oggi oscilla tra roba per adolescenti con problemi di grammatica e adulti in cerca di pornografia socialmente accettabile. Una critica seria avrebbe raso al suolo praticamente tutto.
E se dall’altro lato di una critica suina che mangia ogni cosa ci sono solo i vari Monsieur Ego che riconoscono il critico solo quando stronca -mentre il suo ruolo potrebbe anche essere spiegare perche’ un libro sia bello- , perche’ ci si strappa le vesti se qualcuno compra la critica su internet? Forse che la recensione di un libro di vespa da parte di uno che e’ anche consulente di RAI vale di piu’?
Perche’ ci si ostina a cianciare di un “bel mondo andato, quando la critica era credibile e le opinioni erano sincere”, perche’ si dice “gia’ si sta diffondendo”, come se fosse un fenomeno attuale, quando si sono recensiti come oro dei monumentali ammassi di letame raccomandato?
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Usciranno nuovi scrittori meritevoli dall’autopubblicazione? Sicuramente, non vedo l’ora. Ho però l’impressione che sarà sempre più difficile orientarsi tra il mare di possibilità proposte, tutto qui. Questa però è solo una mia impressione, spero di essere vivamente smentita.
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Leben soll nicht einfach: non e’ scontato che vivere sia facile.
Ma era piu’ facile prima, quando c’era lo scambio di fellatio , quasi un circuito chiuso, tra critici e scrittori e giornalisti? Quando lo stesso giornale che oggi recensiva un libro nell’edizione di domani lo pubblicizzava ?
Perche’ creiamo una mitologia dei bei tempi passati, a tutti i costi, ben sapendo che quei tempi facevano schifo?
Innanzitutto ho chiarito più volte che sono considerazioni basate sulla mia esperienza di lettrice, quindi al massimo spaccio percezioni, non dati falsi.
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Nel momento in cui ti aspetti che qualcuno prenda per buono quel che dici, stai presentando dei fatti. Questa abitudine di dire “ehi, piove”, e poi dire “beh, ero sotto un balcone e stavano annaffiando” e’ , appunto , irritante.
Ok, ok, sei stata fraintesa. Dove ho gia’ sentito questa frase?
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Secondo la mia esperienza anche i prezzi del mercato anglofono non sono così bassi. Esistono più offerte, questo sì, ma non mancano casi di novità dai prezzi molto, molto alti.
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Davvero?
Il PPA americano e’ di 50.300 dollari/anno.
Il PPA italiano e’ di 29.600 dollari/anno.
Il PPA inglese e’ di 36.500 dollari/anno
il PPA tedesco e’ di 35.700 dollari/anno.
LA pressione fiscale sul reddito… beh, sai anche tu quanto resta di questi redditi agli italiani, al netto.
La curva di distribuzione del reddito di Dini e’ migliore in Germania e UK, poi viene l’italia e infine gli USA.
Allora, adesso quando valuti un prezzo americano dividi per 1.7 per avere il costo reale per l’utente americano.
Mi rendo conto che non tutti sono ancora abituati ad Internet ed ai relativi prezzi di un mercato globale. Non per nulla le telco multinazionali hanno uffici enormi pieni di gente pagata per adattare le tariffe.
Tuttavia, ti ripeto: i prezzi all’estero sono molto piu’ approcciabili.
Il consumatore tedesco vede prezzi molto piu’ bassi di te, mi spiace. E’ solo che fai una valutazione locale di un mercato globale.
Quando le discussioni sono poco razionali mi viene una sensazione di oppressione, tutto qui. Mi spiace. Sembra che la modernita’ vi stia sfuggendo, che si continui a discutere con categorie dei primi anni ’90.
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Mi sono semplicemente chiesta se il DRM potesse essere una delle cause, tu hai sottolineato che si tratta di una spesa irrisoria. Ok.
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Questo mi ha innervosito perche’ pensi che il DRM serva solo a farti pagare il libro. In realta’ quell’uso e’ quasi completamente fallito (Ok, Amazon lo usa, ma solo perche’ lo impongono alcune case) , e sta venendo usato principalmente per sostenere i canali. Ovvero “gratis per i nostri clienti”, “in offerta per i nostri clienti”.
Quando vedo campagne contro i DRM oggi, onestamente mi viene da piangere. Eppure , si continua a pensare che il DRM -che ha vastamente fallito per tutelare contro la copia- sia usato per questo…
in editoria si fanno i conti sui prezzi di copertina PdC: un libro a scaffale è così composto:
# al libraio: si prende una parte dei margini del distributore
# al distributore: 58-61% del PdC se ha il potere di trattare, (altrimenti al singolo libraio lo sconto standard è 35% PdC);
# logistica (trasporto, magazzino pallettizzazione, sdoganamento) + stampa + costi editoriali (opere semplici tipo i romanzi) + autore: 14,3% (di solito si usa il rapporto 1/7 per libri di qualità, un tascabile costa meno di 1€)
per la cronaca l’autore prende il 6 – 10% PdC (dipende dall’autore, ovvio)
il resto sono i margini dell’editore: 100-(61+14)= 25% PdC
il distributore margina sullo sconto che ha rispetto al prezzo di copertina.
il libraio, indipendente, margina sullo sconto che ottiene dal distributore.
la pubblicità di solito non è calcolata sul singolo titolo ma è a budget (della casa editrice).
detto questo un ebook dovrebbe costare, “stampato”, o meglio il solo file, il 10% in meno di un cartaceo (accordiamogli un 4% di costi di produzione, etc) ma, poi il 35-50% di costo di distribuzione?? ovvero lo sconto al distributore?
amazon per un cartaceo prende al 50% del prezzo di copertina, sugli ebook non so.
Interessante. Un altro apologeta che non conosce la differenza tra spese fisse e spese variabili.
Quanto siete disonesti dentro. Quanto fate schifo.
La vostra fine sara’ una grande festa.
@uriel, mi spiace non conoscere la differenza, purtroppo i conti sui singoli libri si fanno così; si lavora poco su costi fissi e variabili in casa editrice piuttosto su previsioni di vendita e scontistica in modo da avere un budget: il campo editoriale è ancora poco avvezzo alle logiche di frammentazione dei costi tipiche delle industrie più evolute.
Se vuoi, il punto di vista di un editore ma anche mio è che il libro può essere su carta o su ebook, è sostanzialmente un prodotto che può essere venduto per canali diversi su supporti diversi. Non è che uno è il BENE e l’altro è il MALE, sono due modi di vendere contenuti, punto e basta.
In questo momento il canale “online” in Italia vende meno per molti motivi, che non staremo ad analizzare, il prezzo del “bene” su formato digitale riflette questa preferenza del lettore-consumatore quindi costa un po’ di meno: ci sono calcoli di budget sul singolo volume e su come si compone la redditività dello stesso tramite il venduto su diversi canali. Se per il cartaceo questo conto è ex ante per dare il quantitativo a stampatore, idem deve essere fatto per l’online in modo che “i conti” siano corretti nel rispetto dei vincoli di budget.
Come dicevo prima il costo di stampa & logistica (franco destino) di un tascabile è di 1€ poi il prezzo di copertina può essere ben diverso.
Se vogliamo fare un altro esempio sulla disponibilità a pagare del lettore/consumatore verso gli ebook ed i libri cartacei è un po’ quello che si trova tra versione con copertina rigida e edizione tascabile: ci sono consumatori che decidono che preferiscono acquistare il primo, a prezzo maggiore, pur sapendo che presto (in media 12-18 mesi) uscirà una edizione tascabile. Domanda sono tutti fessi? no, hanno solo una diversa disponibilità a pagare (e voglia di leggere subito). Il lettore di ebook, per altre ragioni, non solo di prezzo (!) decide che preferisce il formato digitale rispetto a quello cartaceo.
introduco un altro discorso
L’online con le sue logiche di promozione e visibilità in vetrina (il sito di e-commerce) sta modificando anche il bookstore fisico dove si cerca sempre più di proporre i libri organizzati per tematiche, con campagne di sconto di conseguenza oppure su singole case editrici. Ormai in libreria la rotazione dei volumi è velocissima, come una vetrina.
@uriel, mi spiace non conoscere la differenza, purtroppo i conti sui singoli libri si fanno così;
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No, non si fanno cosi’. IN OGNI settore dell’economia, i conti si fanno sul break-even. Se qualche tribu’ la vuole vendere cosi’, ed e’ quotata in borsa, non comprare le loro azioni.
Adesso non e’ che qualsiasi branco di capanne con un gran capo si mette a stravolgere le regole di base dell’economia, e pretende che siccome nel suo villaggio funziona cosi’, allora funziona cosi’.
Bezos i conti li fa sul break-even di ogni singolo servizio, libro, o cosa che vende. E se voi vi ostinate ad usare le ricette di qualche stregone, non mi stupisce che Amazon vi faccia a pezzi: siete incompetenti che gridano “ma tutti nel mio villaggio fanno cosi!!!!”.
Beh, mi spiace, il tuo villaggio e’ un piccolo puntino di quello globale, e se non impari a fare i conti come li fanno tutti, cioe’ a break-even, non farai piu’ parte di nessun villaggio.
Quel che credi di sapere di economia non mi interessa, btw.
ma si il break even (!) i conti sono fatti prima sul costo del libro, poi le previsioni di vendita su un tot numero di anni, forniscono le simulazioni per estrapolare un numero di copie da stampare (costo volume X copie stampate = costo break even). se va bene si termina il magazzino, poi, in base alla domanda si decide se ristampare (qui vuol dire che è andata di lusso, ovvero si è sottostimato il numero).
ma si il break even (!) i conti sono fatti prima sul costo del libro, poi le previsioni di vendita su un tot numero di anni, forniscono le simulazioni per estrapolare un numero di copie da stampare (costo volume X copie stampate = costo break even).
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Vedo che qualche punto di verita’ inizia ad affacciarsi nella tua debole mente. Se il costo volume X copie stampate e’ il punto di break even, qual’e’ il costo di stampa di un ebook?
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se va bene si termina il magazzino, poi, in base alla domanda si decide se ristampare (qui vuol dire che è andata di lusso, ovvero si è sottostimato il numero).
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E questo dimostra che il mercato non e’ disposto ad assorbire il tuo prodotto, ovvero che produci male un prodotto che il mercato non vuole.
Il messaggio e’ semplice: o cambi prodotto, o chiudi.
Oops: e’ quello che sta succedendo!
Per carità, non comprate Newton Compton. Risparmiate sul momento, ma il giorno dopo vi sorprendete a comprare una seconda edizione, di un’altra casa editrice.
Lavoro in una casa editrice e volevo aggiungere un dettaglio riguardo al prezzo degli e-book: non mi pare che sia già stato fatto presente da qualche addetto ai lavori nel corso della discussione, perdonatemi ma sono molto incasinata e ho avuto solo il tempo di scorrere il lungo carteggio senza leggerlo con calma.
Il dettaglio è che capita sempre più spesso che l’agenzia letteraria da cui compriamo i diritti di un’opera imponga nel contratto che il prezzo dell’ebook non sia minore di una certa cifra, o non minore di una certa percentuale (in genere 50%) del prezzo dell’edizione cartacea. Questo per dire che a volte del prezzo degli ebook non sono responsabili solo e unicamente gli editori ma anche le agenzie letterarie che rappresentano gli autori. Un’altra cosa da tenere presente nella composizione del prezzo di un’ebook è che la percentuale del prezzo che va all’autore è molto più alta rispetto all’edizione cartacea: dal 25 al 50% contro il 7-10% del cartaceo.
Dicendo questo non voglio intervenire in difesa degli editori nella polemica in corso, ma semplicemente fornire dei dati in più al riguardo.
Ciao
eh, un ebook e non un’ebook, ovviamente. che vergogna! scusatemi.
Grazie mille per queste nuove informazioni da “insider”.
non sono più visibili le immagini
Lo so. Se per qualche motivo non riesci a visualizzarle, copia il loro link e guardale nell’album photobucket, la visione non è riservata.
Però avete notato che qui chi la finisce insultato è l’editore che, diversamente da Neri Pozza, cerca di spiegare? Come si fa a non pensare che non si voglia capire, ma solo spendere meno?
Il problema è che ci vuole spendere meno è già una netta minoranza.
Basta guardarsi intorno sul web per trovare siti, forum, blog in cui pullulano commenti di chi ha cacciato i 99 € necessari per lo hardware e ora gode del software a costo zero.
Illegalmente, certo, ma rimango convinta dell’idea che se le offerte selvagge a 0,99/1,99€ sono dannose, lo sono anche prezzi di vendita di ebook che superano tranquillamente i 10€ e a volte si avvicinino ai 20€.
Io sono tra coloro che vogliono pagare quello che leggono ma ho la percezione di far parte di una minoranza irrilevante.
Be’, nessuno produrrà qualcosa che nessuno vuole pagare.
Per questo c’è Amazon o chi per esso, che permetterà l’autoproduzione.
A quel punto salterà il filtro editoriale e sarà il marasma, ma la scomparsa degli editori non decreterà la scomparsa della letteratura.
Se è così che la pensi, non abbiamo nessun terreno comune di confronto.
Ecco.
Appena uno mette in dubbio che gli editori siano il perno su cui si regge il settore tutto, arriva la risposta piccata e lo sdegno morale.
Perché che esista un futuro senza editori non è concepibile e alla luce di questa incrollabile fede si commettono, nel presente, scivoloni come quello descritto in questo post.
Non è che un futuro in cui non esistano filtri tra chi scrive e il pubblico sia l’alternativa che mi auguro, ma queste realtà esistono:
1-La gente non paga per la versione digitale dei libri.
2-Esistono alternative che permettono agli esordienti e non di arrivare al pubblico in condizione dignitosa, spendendo poco, guadagnando qualcosa e mantenendo il prezzo dei loro scritti accessibile.
3-Quelli che seguono ancora la via legale vengono presi a colpi di pummarole se osano lamentarsi per un prezzo percepito come eccessivo.
Questo è quanto succede.
Poi possiamo star qui a baloccarci, risponderci con quel tono culturale (li hai letti i comunicati successivi di Neri Pozza prima dell’articolo chiarificatore finale dei piani alti?) e arroccarci sulle nostre reciproche posizioni, ma il punto è che qualcosa è già cambiato e sarebbe più utile tentare di venirsi incontro (tu mi spieghi i costi dietro l’ebook, io capisco e valuto i miei acquisti digitali in maniera più oculata, tu poi magari tieni conto anche del feedback che hai ricevuto) invece che negare qualsiasi dialogo.
E a proposito dell’auto-pubblicazione, è un peccato che si risponda con questa levata di scudi editoriale, perché si trovano delle cose veramente belle (specie nel mercato anglofono). E’ una miniera d’oro in cui, seguendo con un po’ di oculatezza voti e commenti, gli editori potrebbero scovare autori che hanno già un certo seguito, creandosi loro quello che sarà “il nuovo XXX” al posto di inseguire il fenomeno inondando il mercato di doppioni ad ogni fenomeno editoriale.
Per capirci bisogna che ci sia qualcosa su cui si è d’accordo, e da qui partire. Se si dice che la letteratura può esistere anche senza editori, io non so cosa risponderti, come non saprei cosa rispondere a chi pensasse che il Sole ruota intorno alla Terra. Inizierei a elencare fior di scrittori mitteleuropei che ho potuto leggere perché Adelphi li ha ritenuti degni di traduzione in italiano e li ha tradotti. Basterebbe pensare a questo: al fatto che l’autopubblicazione ha senso (economico) solo nella propria lingua, o in inglese. Gli editori non scrivono i libri, ma fanno TUTTO IL RESTO che c’è da fare per farceli arrivare: scoprirli, intanto, e selezionarli (o pensiamo davvero di voler leggere tutta la monnezza che si riverserà nel web alla ricerca della perla nascosta? Io no di certo, data la percentuale di perle che arrivano in casa editrice, so bene quanto mi costerebbero, quelle perle), curarne il testo (le perle prima dell’editing assomigliano piuttosto a dei meteoriti), eventualmente tradurli (e scusate se è poco) e impaginarli. Fin qui, per fare ebook.
Infine una domanda: se l’autopubblicazione fosse per noi una miniera d’oro, non pensi che saremmo i primi a incentivarla? Quando si fanno esempi illustri di “qualcuno che ce l’ha fatta”, non dimentichiamo che sono tutti anglofoni. Il mercato italiano è tale per cui un esordiente bravino che si vende mille copie del suo libro autopubblicato si è già bruciato ogni possibilità di trovare un editore, e non per pruderie culturale, ma per opportunità commerciale: gli esordienti che superano questa soglia sono pochissimi, perché investire su uno che le prime mille copie se le è già vendute? Rilancio: nel mondo bello e giusto e democratico dell’autopubblicazione, chi vorrebbe un editore e perché?
Che gli editori siano il centro del sistema solare dei libri ne sono sicura fino ad un certo punto.
Nessuno mette in dubbio i meriti divulgativi di tantissime case editrici che hanno avuto il coraggio di puntare su letterature altre, ma in un mondo in cui non è poi così difficile che un libro stampato un anno fa sia a tutti gli effetti già irreperibile perché al macero questo discorso non vale fino ad un certo punto? Ad essere cattivi, questo discorso si può anche rigirare: quanti autori per logiche commerciali, politiche o peggio non arrivano? Certo, non si può mica tradurre TUTTO, però tanti autori non arrivano o arrivano male e quando si chiede perché arrivano delle risposte da far accapponare la pelle.
Sull’autopubblicazione, ti ringrazio, questo scorcio mi mancava. Ci devo riflettere.
Su un punto però continuo ad essere poco convinta; com’è che nel mondo anglofono è conveniente fare talent scouting sul web e da noi no (o si va di pubblicazione a pagamento)? Tutto il lavoro che tu descrivi, applicato ad una persona di talento, non potrebbe portare ad un equivalente di un Adele a livello letterario (primo esempio musicale di tizia tirata su da Myspace che mi è venuto in mente) anche in Italia?
E poi una cosa che da lettrice ODIO. Quel lavoro che descrivi, senza generalizzare, ultimamente è calato tantissimo. Si legge roba tradotta, adattata e revisionata coi piedi, anche per grandi case editrici. Non lo dico su base di pensieri miei, lo dico dopo aver letto numerosi adattamenti allucinanti di libri che ho letto prima in lingua originale o comunque testi inaccettabili a livello d’italiano di base.
Invece poi ti scarichi a 1,99 euro un libro autoprodotto, ha una copertina un po’ sfocata, quello sì, ma ha pochi refusi e appena li segnali, scompaiono. E’ ben curato, il file scaricato non ha beghe strane, risulta piacevole.
Capisci che spendere una ventina di euro per un libro e la parte editoriale per cui ho pagato è fatta coi piedi fa tirar giù i santi dal cielo.
PS. Ultimamente poi esistono gruppi di traduzione da lingue “altre” in inglese, che “liberano” il libro pagando una tot somma di denaro all’autore per liberarne i diritti in ebook e raccogliendo denaro per pagare un traduttore e un curatore creare un’edizione degna. Un crowd founding. Guardi le proposte, doni anche solo un euro, si liberano i diritti, libro accessibile a tutti, per sempre, gratuitamente. Autore e curatori pagati.
Ovviamente sono progetti microscopici, adesso, ma non è che sia così impossibile far arrivare libri di altre lingue in inglese. Per l’italiano, si vedrà.
Hai perfettamente ragione, ma mi pare che la statistica dica il contrario: ci sono sempre più refusi anche nei libri di grossi e prestigiosi editori – e del resto è un cane che si morde la coda: meno vogliamo pagare i libri, minore sarà la loro qualità – ma non paragonabile alla percentuale che trovi nei testi che non hanno avuto alcuna revisione. Mi sembra che il libro mal curato dell’editore vero sia un’eccezione, e non la regola, così come un indefettibile autoprodotto.
Hai perfettamente ragione, ma mi pare che la statistica dica il contrario: ci sono sempre più refusi anche nei libri di grossi e prestigiosi editori – e del resto è un cane che si morde la coda: meno vogliamo pagare i libri, minore sarà la loro qualità
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Questo e’ un catastrofico errore logico, che vale solo a produttivita’ costante. oggi puoi pagare cifre ragionevoli per la qualita’ che anni fa era impensabile, in quasi tutti i settori. E questo perche’ con una cosa che si chiama innovazione, il rapporto tra qualita’ e prezzo e il rapporto tra quantita’ e prezzo variano.
Se ci sono sempre piu’ refusi e’ semplicemente perche’ gli editori lavorano peggio.
E’ ora di dirlo. Del resto, se il prodotto peggiora mentre le tecnologie di produzione migliorano, c’e’ qualcosa che non va a livello di processo.
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