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adolescenti problematici, c'e' anche un po' d'Italia, dramma familiare obbligatorio, Eleonora C. Caruso, fangirlism, gente figa, Indiana Editore, libri col DRAMMA dentro, omoaffettività, post di pubblica utilità, proud vagina carrier, shippabbestia
Stavolta non posso nemmeno inframezzare con le copertine delle edizioni straniere lamentandomi di quanto facciano pena quelle italiane (e comunque le copertine dell’Indiana Editore sono veramente fighe), quindi sarò concisa.
Vi ho sentito, che ridevate.
Niente spoiler, niente indizi precisi sulla trama, niente nomi dei protagonisti. Niente di niente! XD
Prevedibilmente, a questo libro ci sono arrivata per motivi ben precisi, un po’ gli stessi che di blog in anobii, di twitter in tumblr, cliccando qua e là mi portarono a “Sono io che me ne vado” e (paragone ancor più calzante) “Esbat”.
Cioè, c’è sempre Rey Ayanami in copertina, difficile schivarlo proprio del tutto.
La cosa sorprendente è che invece, alla fine, la parte che più mi ha infastidita di Comunque vada non importa è stata proprio quella del background culturale e generazionale che *finalmente* percepivo senza nemmeno lo sforzo di assimilazione, dato che era pressoché identico al mio (lieve senso di vecchiume, perché al prossimo libro italiano generazionale sarò di una generazione troppo vecchia *brivido*).
Insomma, tutto quel refreshare di pagine livejournal, tweet al vetriolo e citazioni quali “io sono la terza” (a cui, ammetto, mi è partito un boato assordante in testa per l’enormità di leggerlo dentro un libro di narrativa) hanno finito per urtarmi. Non (solo) perché mi impedivano di consigliare universalmente il titolo, dato che una tale concentrazione di riferimenti relativi a uno specifico contesto culturale ben delimitato nello spazio (internet) e nel tempo (l’adolescenza di gente nata tra la fine degli Ottanta e i Novanta, suppergiù) l’avevo già vissuto con estremo fastidio sulla mia pelle in un paio di occasioni (non vi dico il tempo speso nel risolvere almeno un paio di misteri relativi a “Sono io che me ne vado”).
Il punto è che questo agevole libretto è veramente una spanna sopra al genere in cui l’ho inserito e decisamente al di sopra del livello che personalmente mi aspetto quando mi piazzano davanti un esordiente italiano. Ottimo editor dell’Indiana Editore (che peraltro dimostra un occhio lungo non da poco)? Non solo. Sicuramente altri esordienti, affidati a case editrici ben più prestigiose, gridano dai loro tomazzi di centinaia e centinaia di pagine di editarli, restringerli ed essere duri e un po’ crudeli con loro.
Non è solo questo. L’impressione è che l’autrice non ne abbia nemmeno troppo bisogno, dimostrando nell’approcciarsi alla sua storia, al suo sviluppo, ai suoi personaggi una sincerità spietata, una durezza che lascia senza fiato e senza parole, tanto va a colpire dritta al punto, dritta al cuore.
Non è essere sinceri, è più che essere schietti, è un denudare completamente un personaggio in cui c’è tanto di te, della tua generazione, di un momento un po’ limbico tra adolescenza ed età adulta. E credetemi, trovarsi di fronte a una copia nuda e senza difese di un sé plausibile a cui non se ne lascia passare una che sia una è un esercizio amaro come il sapore di sangue in bocca dopo un pugno, ma rivelatore.
Per farvi un’idea, il folgorante inizio di tutto:
Una volta ho chiesto a mia nonna il permesso di ammazzare una gallina. Mia nonna acconsentì, senza nemmeno chiedermi se ero sicura. Non era una donna delicata, metteva nel carattere quella durezza che era tipica anche del suo corpo, in particolare delle sue mani callose, tagliate dall’erba e dal filo delle ritorciture, ruvide come la corteccia di un albero. Il ricordo più concreto che ho di lei è delle sue gambe, piegate e pallide, gonfie di vene blu che somigliavano a radici congelate.
La nonna prese per me la gallina, che si dimenava e beccava. Sbatteva talmente le ali che le piume volavano in giro e mi entravano nel naso. Le tirai il collo e lo tagliai, senza pensarci. Si parla sempre di sanguinare come un maiale, ma per dare l’idea di un’orgia finita in tragedia una gallina basta e avanza, fidatevi. La buttai sul tavolo della cucina, all’ombra dei salami che dondolavano dal soffitto, e uscii soddisfatta, a lavarmi le mani con l’acqua gelata della gomma verde scuro in cortile, quella che somigliava a un serpente. Quando rientrai, convinta che avrei trovato la gallina magicamente in brodo, la vidi venirmi incontro zoppicando. Aveva il collo a penzoloni, tenuto appeso dalla ragnatela stracciata dei nervi, e mi guardava con occhi virei accelerando il passo. Come mia nonna, anch’io non sono delicata, ma ci sono situazioni in cui una ragazza deve saper dire “Ommioddio santissimo, ommioddio” e scappare urlando.
Il tutto convogliato con uno stile e un linguaggio secchi, ligi a non concedere troppo ai propri desideri, sempre concentrati lì, sull’ottenere un preciso effetto sul proprio racconto. Se riesce a prendervi, la sua essenzialità e il suo ritmo si riveleranno capaci di avvinghiarvi senza darvi la possibilità di poggiare il libro. E allora ringrazierete l’agile dimensione di libretto, dato che potreste aver tirato un ora poco dignitosa della notte pur di finirlo (coff).
Alla fine mi sono ritrovata a desiderarne ancora, più storia, più racconto, e tanti saluti alle ammiccatine e al background. Volevo la storia secca, tagliente, senza fronzoli. Direi che è il miglior risultato possibile.
Ora però un piccolo appunto: perché, perché ogni volta che mi concedo un autore italiano (specie esordiente) deve partire IL DRAMMONE FORMATO FAMIGLIA, la controparte cartacea della gente che si urla addosso nei film italiani? Ok che ognuno ha le sue magagne familiari, ma francamente non ne posso più di queste famiglie in cui non è che c’è un possibile suicida, anoressico, bulimico, drogato, depresso, violento, psicotico, stupratore e terrorista…ci sono tutti (o quasi) contemporaneamente. Fate sembrare Collodi un inguaribile ottimista! MA BASTA! Veramente, mi viene da chiedermi dove sia la mia quota parte di *gravissimi* problemi psicosomatici e comportamentali.
Non è che non si possa percepire un grave disagio se non la buttiamo in sindrome certificata da vomito e analgesici. Vi giuro che la prendo seriamente e mi angoscia anche se nessuno si taglia le vene o pippa fino a lobotomizzarsi per nebulizzazione nasale. Promesso.
EDIT: Come potrete leggere nei commenti, il libro non è stato editato quindi tutto il discorso sul “meglio di quanto uno si aspetta da un esordio” vale molto, molto di più.
Comunque vada non importa di Eleonora C. Caruso, Indiana editore, 2013, 178 pp, 9 euro in ebook (la copia cartacea è fuori stampa dopo il fallimento di Indiana Editore).
Fermi. Vi ero sembrata seria e composta, per, diciamo, mezzo minuto? Ecco. Era una tattica. Ora che avete abbassato le difese, sfodero il
Chi shippo qualcuno? Se è vero che il tutto è parecchio PESO (parecchio), è anche innegabile che, ben coscia di un sottobosco ben preciso (IL VOSTRO), l’autrice riesca ad armonizzarlo con la storia principale. Qualcuno direbbe “a ficcarcelo”. La protagonista si fa delle fan fiction mentali e ha un archivio di doujinshi con una precisa categorizzazione, ebbene sì.
Volete di più? C’è una serie di personaggi complessi ma che è rilevante vi sottolinei che sono descritti come dal figo all’estremamente figo che non possono essere fraintesi No. Variano dall’apertamente omossessuale all’io la butto lì e chi sarò mai per dirvi di non shipparli? Poi è stato parecchio divertente vedere l’autrice che ghignava su twitter leggendo i prompt dei suoi personaggi su Fanfic Italia. Cose che se me le aveste raccontante non ci avrei creduto, e invece.
Piccolo Easter Egg: qui un po’ di tempo fa distribuivano un ebook gratuito natalizio, in cui era compreso un piccolo raccontino extra intitolato “Natale in casa Darla”. Ora, prima che cominciate a darmi (giustamente) della stronza perché ve lo segnalo 5 giorni dopo il termine per inviare una richiesta:
1- nonostante l’impegno sono in un drammatico momento in cui non basta un post it a ricordarmi tutti i post che voglio scrivere.
2- ricordate cosa vi ha insegnato mamma: basta dire “per favore”.
Non ha molto senso rispondere alle recensioni quindi non lo faccio, peró grazie 🙂 ci tenevo solo a dire che libro è praticamente ineditato (purtroppo, l’editing mi piace). Bye 😀
Ps: le mie doujinshi sono incasinatissime, altroché!
Aggiungo un edit.
Ora che lo so, il mio apprezzamento nei confronti del libro aumenta ancor di più. Niente editing. Impressionante.
Grazie per il commento, non so quanto si capisca ma il tuo libro mi ha colpito non solo come lettrice ma come persona. Non mi capita poi così spesso.
Grazie mille 🙂 bisogna anche considerare cosa si intende per editing, però. Io ho avuto una grossa mano subito, appena incontrati i ragazzi di Indiana, ossia mi hanno detto in quale parte secondo loro la narrazione iniziava a pesare. Io sono tornata a casa e ho iniziato a pensare a come sistemare e riscrivere. Insomma, l’editing non è che la gente si mette lì e ti riscrive il libro XD
Confermiamo. L’editing è stato minimale. Cosa che ci capita di rado. E grazie per i complimenti.