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…che una volta che avevamo per le mani l’azzeccato adattamento italiano “Ragazzo da Parete”, ci faceva schifo usarlo. Niente, rilasciate i vostri confini, infinitesimatevi e lanciamoci insieme verso il secondo film lacrimoso della settimana.

Noi Siamo Infinito Charlie alla festa


Per capire se un film è buono, bisogna analizzare un fattore oggettivo e uno soggettivo. Ovvero, è oggettivamente (per quanto è possibile parlare di oggettività) una pellicola ben realizzata, riuscita? Il fattore soggettivo è invece il pubblico che va a ricercare e che potrebbe soddisfare.
Il giudizio su The Perks of Being a Wallflower si concentra quasi tutto sul secondo aspetto, dato che sul lato tecnico c’è veramente poco da rimproverare al film.

Se sotto il lato più strettamente tecnico il film è buono senza essere impressionante, lo diventa quando si scopre che sceneggiatore e regista sono ruoli ricoperti dall’autore stesso del libro, Stephen Chbosky. Leggenda vuole che la Summit (quella nata e cresciuta al ritmo di tentativi più o meno falliti di realizzare un film per adolescenti nell’ultimo quinquennio) abbia bussato alla sua porta chiedendogli i diritti del romanzo pubblicato nel 1999 da Mtv e che lui abbia detto “o lo fate adattare e dirigere a me o non se ne fa niente”. Dato che alla Summit non sono poi così raffinati in fatto di registi, l’hanno lasciato fare.
Il risultato è buono, impressionante considerando il punto di partenza, per quanto riguarda la regia: non solo pulita e puntuale, ma anche in grado qua e là di essere apertamente emozionante, vivida nell’accompagnare le scene cardine del film.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, mi è parso di capire che Noi siamo infinito non sia esattamente un adattamento pedissequo, dato che il materiale originale era in forma epistolare e in parte autobiografico. Perciò Chbosky ha rimaneggiato parecchio la sua prima opera, in modo da crearne una indipendente e perfettamente accessibile agli ignavi come la sottoscritta. Purtroppo qui qualche imperfezione scappa, soprattutto per quanto riguarda certe informazioni non finalizzate al meglio ([SPOILER] L’amico di Charlie si è sparato. Bene. Possibile che l’evento abbia avuto un effetto così trascurabile sulla sua psiche da non meritare nemmeno un minutino di approfondimento? [/SPOILER]).
Per quanto riguarda la colonna sonora, parlando di film drammatico tra le mura scolastiche riferito a un periodo storico preciso, ovviamente scatta l’operazione nostalgia purissima con dei pezzoni che sono un vero e proprio colpo al cuore quando partono. Questo meccanismo però viene utilizzato un po’ troppo spesso, anche considerando che i protagonisti amano molto la musica. Un po’ troppo ruffiano insomma.

Passando alla parte soggettiva, qui diventa parecchio complicato. Non tanto per spiegarvi di cosa parla il film o con che tono: trattasi del classico film sugli amori e i problemi adolescenziali-liceali, di quelli che ogni generazione ne ha almeno uno d’adozione ed elezione (e quindi, in base al vostro, è semplice desumere la vostra età). Dunque chi è ancora in età scolastica o ne è uscito da pochissimo, ha un motivo in più per immedesimarsi ed emozionarsi. Ovvio che non vi deve fare schifo del tutto il genere di partenza.
Per tutti gli altri, che magari un film scolastico d’elezione ce l’hanno già (di sicuro) e sono pronti a far scattare il confronto al grido di battaglia di “questa generazione non capisce un cazzo di cinema!”, bisogna spendere due parole in più. Il problema è che non solo devo evitare spoiler ma devo spiegarvi come funziona il film ma senza fargli scoprire troppo le carte, sennò vado ad annullare completamente la componente emotiva. Il che è parecchio difficile.

Noi Siamo Infinito Charlie Sam Patrick

Dunque, la storia di base è piuttosto canonica e drammatica, come si confà a questo genere di film, che non se ne è mai visto uno con un adolescente con un infanzia senza dolorosissimi traumi nel passato o angherie micidiali nel presente. Charlie è un timido ragazzo che, dopo un periodo di malattia, si prepara ad affrontare il liceo, consapevole di non aver nessuna amicizia. Il suo obiettivo è farsi degli amici, ma il suo essere un “Ragazzo da Parete” lo porta a passare completamente inosservato, se non agli occhi del professore del corso di letteratura avanzata (un Paul Rudd che è il professore migliore del mondo…quanto avrei voluto poter seguire un corso del genere, al liceo). Tutto cambia quando riesce a stringere amicizia con Sam e Patrick, due studenti parecchio sopra le righe. Il resto potete immaginarvelo, ma agevolo comunque sunto stringatissimo: la vicinanza dà modo a Charlie di scoprire pian piano la sofferenza che trabocca dalle vite di Sam (uscita da un periodo di dipendenze ma ancora insicura sulla propria felicità) e Patrick (incastrato in un rapporto con un ragazzo che lo ama ma ossessionato dalla segretezza dello stesso).
Detto così non è particolarmente innovativo, ma non è quello il punto del film. E’ come se tutta la storia fosse una lunghissima panoramica sul gruppo di adolescenti dal punto di vista di Charlie, fino a che di colpo il suo personaggio viene messo a fuoco e “risolto”.
Nel fare questo ovviamente non mancano i momenti canonici (il ballo di fine anno, il diploma, primi approcci al gentilsesso, feste, professori che ti consigliano classiconi che questo tipo di film *DEVE* prevedere, su tutti “Il Giovane Holden”) e quelli più iconici. Perché manco a dirlo, non solo Charlie conosce dei tizi interessanti, ma insieme a loro vive delle esperienze di una bellezza emozionale estatica (su tutte, il tunnel) che tu ti chiedi “com’è che io alle superiori massimo massimo facevo qualche scemenza in gita scolastica?”.

Riguardo al versante piangerone, il film è parecchio commovente, ma non come ci si aspetterebbe. Per più di metà film è evidente una costruzione che suggerisce come ci si stia avvicinando al momento drammatico (e sapete che i momenti drammatici in questa categoria son sempre quelli: overdose, suicidio, omicidio, crollo nervoso, bullismo estremo, violenza sessuale o fisica) ma quando ciò avviene, in una decina di minuti davvero da pugno allo stomaco, il bersaglio e i presupposti di ciò che vediamo non sono quanto ci si poteva aspettare.
C’è da dire che nonostante il tono drammatico, il tutto viene affrontato con una certa levità, quasi con tenerezza, sicuramente con speranza. Il che può essere letto come un approccio volutamente delicato o una mancanza di coraggio, che è il principale difetto sottolineato dai dettratori. Diciamo che è l’antitesi completa e assoluta di “Schegge di Follia”, pur avendo una trama non lontana, quindi se quello è il vostro genere favorito, regolatevi di conseguenza.

Altra critica mossa al film è l’ennesimo “dawson cast”, dato che i liceali sono tutti ampiamente ventenni (dove invece “Schegge di Follia” usava adolescenti veri, in pieni anni “teen”). Si è visto ben di peggio e personalmente ho trovato il trio di protagonisti quantomeno meritevole del beneficio del dubbio.
Il cast è uno dei lati positivi del film, dato che bene o male le facce (tutte viste qua e là) sono ben armonizzate tra loro e si respira una genuina empatia tra personaggi. Riguardo ai tre protagonisti, sono ben assortiti, emozionanti e veramente affiatati. Logan Lerman e ancor di più Ezra Miller sono molto bravi, ma lo sono ancora di più tenendo ben a mente quanto fossero credibili in ruoli diametralmente opposti come Percy Jackson, D’artagnan l’uno e Kevin di “We need to talk about Kevin” l’altro. Chi l’avrebbe mai detto che uno così bravo a fare il psicolabile avrebbe poi interpretato uno dei migliori sassy gay friend di sempre?
Su Emma Watson è difficile dare un giudizio finale. Lei è veramente capace, ma effettivamente soffre un po’ di eccessiva evidenza, non solo legata ai suoi trascorsi come Hermione. Non credo sia nemmeno controllabile, tuttavia appena appare in scena l’attenzione è inevitabilmente, completamente concentrata su di lei, anche quando in realtà il punto focale sarebbe altro. Spicca tantissimo come “eccezionale”, si mimetizza pochissimo come ragazza più o meno normale in un gruppo ordinario di studenti.
Anche Mae Whitman e Julia Garner se la cavano parecchio bene, anche se subiscono un po’ il casting ripetitivo dato le loro corporature e tratti somatici. Forse l’unica un po’ insignificante è la Candance di Nina Dobrev, molto bella ma poco spontanea.

Noi siamo infinito scena tunnel Emma Watson

Lo vado a vedere? Direi che ho ampiamente risposto al quesito. Personalmente mi ha coinvolto molto, ma temo sia perché ho sempre desiderato che qualcuno mi regalasse un mixtape con una copertina disegnata a mano.
Ci shippo qualcuno? Patrick è assolutamente adorabile e memorabile (inoltre fornisce parecchio materiale antecedente alla storia sul suo amore sfortunato) ma sono sicura che molte fangirl preferiranno percorrere altre strade non battute.
Coefficiente fazzolettino? Alto, molto, ma concentrato in una decina di minuti più che in gran parte della pellicola. Occhio che la lacrimuccia potrebbe scappare anche quando parte all’improvviso il pezzone musicale.

Qui in sintesi il giudizio su LoudVision.