Tag

, , , , , , , , ,

Ora, io sono estremamente compiaciuta da questa rinascita del filone fantascientifico nel Vecchio Continente, che dopo il tedesco “Cloud Atlas” sforna questo ambizioso film in prevalenza francese ma con aiutini da Regno Unito e Spagna (ma i credits sono lunghissimi, possibile che ci sia lo zampino di qualcun’altro).
Il problema è che bisognerebbe cercare di fare film che non siano tremendi. Invito tutti quelli che si lamentavano dell’incoerenza di “Cloud Atlas” (con cui questo film ha in comune solo la presenza del non proprio talentuoso Jim Sturgess) a vedersi questo film e a ripensarci, perché se almeno il regista di “Looper” si giustificava dicendo “ehi, ma il viaggio nel tempo è sempre un po’ magia!” (risposta automatica “Vaffanculo”), qui Juan Solanas, sceneggiatore e regista, è solo fortunato di non avermi incontrato all’uscita della sala, perché non so se la mia violenza si sarebbe contenuta alla sfera verbale.
Upside Down Adam Eden

Macchissene della gravità, noi ci amiamo!

Seriamente, cosa abbiamo fatto di male noi fan della fantascienza? Com’è che ultimamente non è possibile creare un progetto ambizioso con al centro una visione futuristica senza che il tutto venga risolto con la faciloneria della forza salvifica dell’Ammmore? Chiariamo: fanta-scienza; la scienza c’è sempre. Sennò uno fa un bel film di fantasia, morta lì. In un’opera di fantascienza non è che l’amore piega le leggi della scienza, casomai ti aiuta ad affrontarne le conseguenze. Tu puoi essere innamoratissimissimo della tua lei, ma non è che la sua composizione subatomica, la chimica delle sue cellule o la cazzo di gravità del mondo cambia per questo motivo. Già l’uscita di “Warm Bodies” mi aveva disgustato, ma qui siamo ben oltre, con mia grande disperazione.

L’idea iniziale è fichissima, diamone atto a Solanas: due mondi a gravità opposta. uno opposto all’altro, con la città “sopra” che sfrutta economicamente le risorse di quella “sotto” per arricchirsi e vivere nel benessere, dando dei pezzenti ai “sotto”. L’unico punto di comunicazione tra i mondi è una sorta di torre, sede della compagnia Trasworld,  che gestisce il petrolio, le risorse energetiche e l’avanzamento tecnologico in generale (compresa la sezione origami…*facepalm*).
Il punto è che non basta una buona idea per scrivere una buona sceneggiatura, specie se il film comincia con 10 minuti buoni di voce fuori campo che ti fa lo spiegone di come funziona il mondo in questione, con tanto di schemini con freccette e illustrazioni (graficamente fighissime). Senza contare il fatto che se non sei in grado di “spiegare” le norme base mentre svolgi il film (anche solo con un classico “ma Tizio, sai come funziona qui! Se farai X succederà Y!”) vuol dire che magari non sei nemmeno questo campione della regia.

Tornando a noi. Facendo anche finta di non vedere l’estrema confusione di tutto il discorso oltre la storia dei protagonisti che si vorrebbe fare ma poi si dimentica (c’è una questione iniziale dello sfruttamento delle risorse del mondo “sotto” da parte di “sopra” che non è nemmeno un troppo velato rimando allo sfruttamento delle risorse dei paesi in via di sviluppo da parte dell’Occidente, poi completamente dimenticato) e i macroscopici momenti di pressappochismo (la multinazionale malvagia che dovrebbe controllare il protagonista e se lo lascia scappare da sotto il naso ogni piè sospinto), quello che mi fa veramente uscire dai gangheri è che il film pone 3 leggi fondamentali della gravità (e usare la definizione tre leggi ha una valenza così profonda nel mondo fantascientifico che mi fa incazzare ancora di più!) e poi le infrange.

[SPOILER] Non si cura nemmeno di spiegarti perché sul finale si riesca a risolvere il problema della gravità del mondo d’origine a cui sono sottoposti tutti gli oggetti e le persone. Eden dice ad Adam “Bob ha detto che tu capirai”, fine. CHECCOSA!?
La cosa più vicina a una giustificazione è la gravidanza (gemellare eh) di Eden, che in qualche modo le permette di superare il problema della gravità opposta. Fine. Capite? Tre leggi fondanti di questo sistema solare mandate a puttane da una gravidanza, con Kristen Dunst che sorride garbata e dice “la gravidanza mi ha cambiata”. Ahhhhh, scusa, allora sì che è tutto chiaro! Se c’è una cosa peggio del potere salvifico dell’Ammmore, è il potere salvifico della Gravidanza!!!
Senza contare che nel finale i due mondi sono entrambi luminosi, belli e non inquinati. Ma se all’inizio mi hai detto che “sopra” vive bene sfruttando le risorse di “sotto”, com’è che adesso bastano per tutti!? Arghhhhh![/SPOILER]

Upside Down Jim Sturgess AdamPassando al comparto tecnico, prima che mi venga un embolo. Che dire, è evidente che tutta la pellicola punti sul lato visivo ricavato dall’idea iniziale. Tutto molto bello eh, figuratevi se a me questo genere di cose non fanno impazzire, però anche qui la gestione del potenziale finisce un po’ per mortificarlo.
Prendiamo la fotografia: l’ennesimo contrasto toni del blu/toni del giallo, ormai applicato di default a metà dei film in uscita (a questo riguardo avevo letto un saggio sulla valenza psicologica e visiva di questa scelta, che vi linkerò appena di mi ricordo dove l’avevo scovato). Il problema è che qui è di una pedanteria pazzesca, la saturazione (specie nel mondo di sotto, relegato completamente ai blu e i grigi) finisce per appiattire tutto. Nota un po’ inquietante: com’è che di un film che punta tutto sulla sfera visiva non si riesce a trovare un’immagine promozionale decente che sia una, a parte le varie locandine? Non vi dico la fatica per cavare fuori queste due.
Anche sulla regia si può fare un discorso simile: Juan Solanas non ha il talento necessario per gestire l’ideona che si trova per le mani. Esempio: un Nolan non solo piega la strada su se stessa, ma lo fa con un movimento di camera che va “incontro” all’effetto speciale, una scelta poco convenzionale che in quel frangente amplifica il senso di meraviglia. Solanas ogni volta che ha una scena dalla composizione evidentemente volta a sorprendere (vedi tutti gli incontri dei piccioncini sulla doppia montagna o quando Jim/Super Mario salta sulle piattaforme per sfuggire agli unici tutori dell’ordine di tutto il film) parte da vicino, si allontana in un unico movimento e sta fermo, in attesa che lo spettatore si meravigli. Che alla decima volta, risulta ripetitivo. Altra componente pedantissima, la sottolineatura del momento amoroso in generale: non c’è bisogno di 4 stacchi per farci capire che si stanno abbracciando, l’avevo capito al primo! Abbraccio-zoom abbraccio-posizione di partenza-giro intorno-abbraccio-bacio-zoom bacio-abbraccio. Ultima cosa: cos’è ‘sta moda che adesso in tutti i film ci deve essere una scena in cui la telecamera gira e gira e gira intorno a due personaggi che dialogano?

Passando agli attori. Jim Sturgess già mi aveva convinto poco in “Cloud Atlas” e qui non mi fa proprio ricredere. Trascurando la fissa per i ruoli in cui fa l’innamoratissimo, manca proprio del carisma necessario a rendere partecipe lo spettatore in maniera profonda delle sue vicende. In questo caso però le sue vicende sono talmente risibili che non mi sento nemmeno di prendermela troppo con lui (comunque ha la varietà di espressioni di un dolmen, sia chiaro). La domanda quindi sorge spontanea: con tutti i bravissimi attori che c’abbiamo qui in Europa, perché vanno sempre a prendere Sturgess? Mah.
Kirsten Dunst fa un ruolo che non si discosta molto dal suo genere e lei non ci aggiunge niente di più (e poi sono troppo sconvolta da quella cosa SPOILER per aggiungere altro). Insomma, talmente un fior fior di talenti che Timothy Spall ne esce veramente benissimo.

Potrei aver finito di lamentarmi, MA ci sono una serie di uscite che mi hanno davvero fatto irritare per la loro mancanza di coerenza (o proprio di senso). Siccome è da un po’ che non faccio un bell’elenco puntato, eccone un paio, occhio agli [SPOILER]:

  • Che senso ha una Corporazione Malvagia che nemmeno per un secondo fa paura? Non si accorgono quando Adam scompare dal lavoro senza timbrare l’uscita, non si fanno dare subito la formula della crema, lo rapiscono, lo minacciano, gli chiedono la formula…e se ne vanno!?!? 
  • Ok che l’amore sconvolge la mente, ma l’idiozia di continuare a incontrarsi nei due posti (café inter mundos e doppia montagna) in cui li hanno già scoperti e arrestati, vogliamo parlarne?
  • A costo di ripetermi, la Gravidanza anti-gravità. È insostenibile.
  • Ma la zia? L’hanno arrestata, l’hanno uccisa, ma poi perché se il fesso è lui? Adam poi è andato in prigione? Transworld assume veramente gente con quei precedenti penali?
  • Se la casa è bruciata, com’è che Adam ha ancora il libro delle donne di famiglia sul polline delle api rosa?
  • Perché i francobolli di “sotto” non bruciano?
  • Com’è che Adam ha di nuovo le scarpe dopo averle gettate in mare, se ha dovuto dargliele Bob la prima volta, Bob che nel frattempo è diventato irraggiungibile?

Potrei continuare all’infinito.

Lo vado a vedere? Capisco che la fantascienza non sia mai abbastanza, però no, veramente, no. Questo è un film che sfrutta idee e costruzioni fantascientifiche e poi rifiuta il resto del pacchetto del genere, rifugiandosi nella favoletta d’amore. Ha tutto il mio disprezzo.
Ci shippo qualcuno? No, e meno male, perché sarei stata costretta a ripensare a tutte le boiate del film.

NB Il film in un certo senso è una sorta di sviluppo verticale del mondo descritto da China Melville in “The City & The City”, dove le città coesistono “incastrate” una nell’altra. Anche lì la diseguaglianza marca la linea più netta di confine tra le due, anche lì c’è un unico punto di contatto che funge da perno e filtro, anche lì c’è tutto un discorso sull’interstizialità (volevo scriverlo da una vita!) di fenomeni culturali e criminali.
La differenza è che la gestione gode di un’oculatezza che qui se la sognano. Le regole (senza spiegone iniziale) rimangono tali per tutto il libro e anche il successivo infrangerle permette una comprensione più profonda del loro esistere e permanere (è tutta un’arrampicata sugli specchi per non spoilerare, dico solo Violazione) e c’è una voluta spiegazione a intermittenza, che lascia delle aree di non spiegato, ma mai di non coerente. Ecco, ora ho veramente finito.