Tag

, , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Ah! Il sole, il mare, la Croisette!
Cannes è la mostra cinematografica più ricercata al mondo, un misto difficilmente replicabile altrove di glamour europeo, star hollywoodiane, film autoriali extraeuropei e anteprime primaverili capaci di distanziarsi dai grandi nomi americani il giusto, senza però cadere nel provincialismo di altre kermesse.
Solitamente seguo con molta passione la gara, dato che in genere le pellicole proposte si avvicinano molto ai miei gusti. Quest’anno però, complice la mancanza di un film forte che catalizzasse a prescindere la mia attenzione, ho un po’ trascurato la mia diletta. Ora però ho recuperato quella che si rivela come una delle edizioni più ricche di film valevoli degli ultimi anni, fattore che rende la corsa alla Palma d’Oro più che mai apertissima.

Sapendosi barcamenare tra le uscite roboanti della stampa italiana, l’anglofilia di quelle americane e la miriade di proiezioni giornaliere, qualcosa di interessante si trova sempre. Ecco in ordine sparso una lista di film che hanno catturato la mia attenzione e potrebbe valere la pena recuperare. Beninteso, se non sono americani e non vincono qualche premio di peso, recuperarli in sala a breve potrebbe essere tranquillamente impossibile.

Ai milanesi e confinanti ricordo che al cinema Apollo dal 12 al 18 giugno ci sarà Cannes e Dintorni 2013, una selezione in lingua originale delle pellicole più belle dellagara e della Quinzaine de Réalisateurs (in pratica, i film di gente più o meno sconosciuta che poi diventa “gli Autori lanciati da Cannes”). Il programma verrà annunciato il 7 giugno, intanto trovate le prime informazioni QUI.

Gli esclusi

Il Grande Gatsby e Solo Dio Perdona erano due piatti forti dell’edizione di quest’anno ma, ahimè, li ho già visti.
Miele e La Grande Bellezza sono già nelle sale. Il primo ha vinto il premio opera prima ex aequo con un giapponese nella sua categoria e, contando la vittoria dei siciliani con “Salvo”, direi che le speranze di vincere un premione per la pellicola di Sorrentino sono meno di zero. Quest’anno la corsa alla Palma d’Oro è apertissima e, contando i delicati equilibri geopolitici che stanno dietro le premiazioni (un po’ in europa, non troppo in america, attenzione agli altri continenti, però non deludiamo i francesi) e il fatto che non c’è nessuna pellicola evidentemente spielberghiana, l’Italia rischia di aver già ricevuto la sua fetta in categorie meno visibili.

Behind the Candelabra & Le Vie d’Adèle

La quota omosessuale (quella in cui non si shippa, che è tutto canon) non manca mai, ma quest’anno va fortissimo. La pellicola di Sodenbergh sembra avere del valore aggiunto oltre alle facili sparate su Michael Douglas che piange in conferenza stampa, Michael Douglas che fa il pianista ricchione (già negli annali il titolo di Libero che proponeva la doppia lettura Liberace/Liberace alla romana) e Steven Soderbergh che deve bussare alla porta di HBO perché nessuno vuole dargli i soldi per fare un film coi ricchioni. Invece semplicemente, Ang Lee a parte, non è che questa tipologia di film tiri su paccate di soldi. Michael Douglas come miglior attore sembra l’unico premio certo in questa gara apertissima, forse con il coprotaginista Matt Damon.
La quota parte lesbica invece (il cui titolo internazionale dovrebbe essere qualcosa di vicino al bellissimo “Blue is the Warmest Color”) ha serie possibilità di portarsi a casa qualcosa. Le due protagoniste hanno infiammato la passerella trollando allegramente i fotografici facendosi gli occhioni, Abdellatif Kechiche ha al suo attivo un paio di pellicole buone (“Cous cous”, “La Venere Nera”) e sapete che aria tira sui gay, in Francia. Dipende quanto sarà coraggiosa la giuria. Si parla di film non lesbo en passant, ma parecchio esplicito nel ritrarre la storia di Adele (la francese Léa Seydoux che aspetto da molto di vedere in parti più di rilievo rispetto a “Mission: Impossible – Ghost Protocol” e la pubblicità di Prada Candy, ma “Sister” ha avuto una distribuzione tremenda e non l’ho ancora recuperato), 30enne che scopre l’amore grazie a una 15enne dai capelli blu. Il problema è che alla stampa italiana basta un bacio e qualche carezza per urlare allo scandalo a Cannes, quindi quanto sia pruriginoso questo film è tutto da vedere.

Le passé

Piena quota parte geografica; Asghar Farhadi è un regista iraniano (punti solidarietà) diventato celebre con il magnifico “Una separazione”, che a quanto pare non ha sbagliato nemmeno con questa prova, giocando pure la carta da novanta della francese Bérénice Bejo, intervenuta all’ultimo a sostituire l’onnipresente Marion Cotillard. Se la giuria vuole fare l’impegnata e omaggiare la Francia sempre alla ricerca di conferme, potrebbe parare nell’ennesimo film su coppie con quota parte islamica che si separano, stavolta con più attori in gioco e con un’analisi su come il peso del passato (vedi titolo) gravi sul presente.

Nebraska

Il favorito dalla critica italiana, che però ci azzecca raramente. Sarà che l’età media è altina e tendono a privilegiare il film più PESO che trovano. In realtà Haneke ha già dimostrato l’anno scorso che le storie di anziani vanno fortissimo, ma secondo molti il film su un anziano truffato del cuore dell’America (inserire qui valori, sentimento di comunità e camicie di flanella) è un compitino fatto bene ma simile ai precedenti, con l’aggiunta furba di Alexander Payne del bianco e nero, che fa atmosfera. Non quello che attendo di più, ma ha fatto comunque parlare di sé.

Bling Ring, Inside Llevyn Davis, Only Lovers Left Alive

La quota americana quest’anno è meno prepotente dell’anno scorso, pur presentando film di qualità. Bling Ring di Sofia Coppola non è stato esattamente accolto benissimo, ma se c’è una capace di rendere imperdibili i suoi film anche quando sono debolucci, è questa signora qui. Emma Watson che fa quella un po’ battona e sciocchina, andata, nonostante “Spring Breakers” gli abbia rubato la ribalta.
Tutt’altra storia per il film dei fratelli Coen, che ha serie possibilità di palmeggiare nel caso il presidente di giuria decida di fare il partigiano. Ok, un film sulla scena musicale newyorkese di poveri in canna del folk non è che sia in cima alla lista di cose che non vedo l’ora di vedere, ma i Coen (anche a Cannes) hanno un nome spendibilissimo senza troppi imbarazzi.
Non dovrebbe concorrere per premi di peso (infelice la posizione di chiusura) ma il film di Jim Jarmusch sui vampiri si è rivelato capace di piacere più di quanto previsto, ironico nonostante il pericolante tema dei vampiri col dramma dentro. Non date retta a Tumblr, che già fa il svenevole per l’ennesima versione scapigliata di Tom Hiddleston. Ha colpito molto l’ennesimo ruolo freak di Tilda Swinton e la sua intesa sul red carpet col suddetto. Fermo restando che IL film di vampiri che attendo trepidante rimane Byzantium, ha saputo stuzzicare il mio appetito.

DSC_1106.NEF

L’angolo Marion Cotillard

I francesi ormai la adorano e diciamolo, noi gliela invidiamo molto. Bella di quella ricercata bellezza europea che le permette di essere sexy e poter coprire una marea di ruoli, come la polacca che tenta di immigrare in America in The Immigrant di James Gray (già annunciato dalla BIM, da cui però io mi aspettavo Blue, uffa!), una sorta di deviata storia d’amore tra una donna costretta a prostituirsi per fare il suo ingresso nel sogno americano e il suo sfruttatore Joaquin Phoenix, che finisce per provare qualcosa per lei. Altro titolo andato molto bene, ma azzarderei un premio tra i minori, non quello dorato.
Cotillard ha avuto la fortuna di mettersi in mostra in lingua inglese in un film in cui parlava inglese anche Ken Watanabe, per cui ora lavora oltre oceano che è una meraviglia. Blood Ties era fuori concorso, è andato abbastanza bene senza strapparsi i capelli, ma ormai Marion che fa la malvagia è un marchio di fabbrica. Nomi come Mila Kunis e Zoe Saldana poi aumentano la quota gnocca del film a livelli insostenibili. Vabbè, ci sorbiremo di nuovo poliziotto buono vs poliziotto cattivo a New York.

Soshite Chichi Ni Naru & Tian Zhu Ding

Insomma, la quota dell’Estremo Oriente, a quanto pare che ha rubato due film molto buoni a una kermesse orientaleggiante come Venezia.
“E all’improvviso divento padre” (titolo internazionale “Like Father, Like Son”). Mah, però io ai film giapponesi una chance la dò a prescindere, anche se a occhio Hirokazu Kore-eda affolla un gruppo di pretendenti già nutrito. In realtà più di uno lo elenca tra i candidati alla Palma d’Oro, anche se all’uscita non è che la gente piangesse di gioia. Però io mi paro il fondoschiena e lo metto, così come vi segnalo che “The Great Beauty” (eheh) gode di notevoli 5 stellette in America e nelle top 5 dell’ultima ora compare spesso. Sul giapponese effettivamente un certo che di spielberghiano familiare c’è ma credo che nessuno vorrà mettersi in imbarazzo a pronunciarne il nome nella cerimonia di premiazione finale. Film PESO assicurato come nella più classica tradizione giapponese: voglio dire, se sei anni dopo la nascita scopri che ti hanno scambiato il figlio, vuoi che non ne venga fuori qualche scena da fazzoletto?
“A Touch Of Sin” di Jia Zhangke pare l’ennesima storia di violenza e sofferenza nella Cina rampante nell’economia e nella disperazione. Se ne parla molto bene, ma c’è chi ha fatto meglio e rischia di trovare tutti i posti affollati. Insomma una storia sul tipo “Pietà”, ma senza la stessa potenza.

Jeune et Jolie

Altro film abbastanza quotato per la Palma d’Oro, che quest’anno i francesi-francofoni hanno sfoderato una scuderia di tutto rispetto. François Ozon non sbaglia un colpo da tempo e sto ancora disperandomi per essermi persa “Nella Casa” durante la festa del cinema. Quando poi si va sul thriller pruriginosetto di una giovane che si prostituisce per noia, lì è imbattibile. Non può mancare in questa selezione anche perché Ozon è stato l’autore della miglior sparata di Cannes 2013, dicendo qualcosa tipo che il desiderio intimo delle donne è di prostituirsi. Mi permetto di dissentire, anche se sicuramente è il desiderio segreto dei registi uomini, dato che Marion Cotillard stessa si è detta stanca di fare sempre o la santa fedele o la zoccola impenitente/per necessità (cosa dovrebbe dire Gong Li allora?). Ozon, non è proprio un’uscita ideale per uno che presenta un film su una minorenne che batte per noia.

La Vénus à la fourrure

“La Venere in Pelliccia” di Roman Polanski arriva in coda e spariglia un po’ le carte. Che il regista ormai sia una carta sicura si sa, ma l’adattamento del libro sullo sfondo teatrale ormai caro a Polanski (vedi “Carnage”) non pare porre serie ipoteche sulla palma dorata. Per il premio alla miglior attrice però la moglie del regista Emmanuelle Seigner sembra destabilizzare le certezze delle due protagoniste di Blue, con un terremoto pari alla sua notevole scollatura in passerella.

La cerimonia, molto essenziale e veloce per tradizione, avrà luogo alle ore 19:00.