Come forse ricorderete, per me il film di “Warm Bodies” era stato una cocente delusione, pur partendo da aspettative tutto sommato contenute. Tuttavia continuava a non tornarmi il numero di persone non sospette che aveva letto e amato il libro, a fronte di quanto avevo visto al cinema.
Quindi ho deciso di accettare la sfida e accertarmi personalmente di come sia il materiale originario su cui si è lavorato per il film e quanto sia stato rimaneggiato nella sua versione filmica .
Se cercavate notizie del film, siete nel post sbagliato, ne parlo QUI.
Il tempo e delusioni ancor più cocenti hanno raffreddato (un po’) il mio livore verso il film in questione, ma la lettura del libro lo ha in parte riacceso.
Due doverose premesse: ho letto il libro in italiano, ma mi rifiuto di caricare la copertina di Fazi con i protagonisti del film, quando ne ho una inglese a disposizione così figa. Seconda premessa: essendo sostanzialmente disinteressata al genere zombie, sono più tiepida di chi invece lo ami o lo trovi almeno gradevole e interessante.
Isaac Marion ha scritto sì una storia d’amore adolescenziale tra lo zombie R e Julie, ma le tematiche trattate, l’approccio utilizzato, il vissuto dei protagonisti e le loro interazioni pongono la sua opera ad anni luce di distanza dalla sua adolescentizzazione filmica. Il peccato capitale del film è prendere una rielaborazione in chiave zombie dell’amore tra R.(omeo) e Julie(t) e spingerla a forza dentro il contenitore adolescenziale per toni e contenuti, quando di fondo c’è molto di adulto in Warm Bodies.
In primis il suo protagonista, R., non un adolescente impacciato dalla Morte e dai suoi sentimenti in felpa rossa, ma un uomo fatto e finito, con tanto di giacca e cravatta.
Nonostante R. sia incapace di ricordare chi fosse e che carattere avesse, è evidente lo stacco netto tra il suo punto di vista e quello dei giovani protagonisti del libro, ancora in piena adolescenza. Anzi, è proprio il punto di vista di R., uno dei narratori della storia, ad impreziosirla, alternando le esitazioni e le ingenuità derivate dal non avere una memoria pregressa su cui basare la propria analisi a una sorta di subconscio già maturo. Uno zombie intrappolato da un sentimento di insoddisfazione tipico del “l’età adulta non me la aspettavo così”, con una moglie che trova sempre più sgradevole e due figli a cui badare, quando vorrebbe dedicarsi a ciò che lo rende felice, Julie appunto.
Il senso vivissimo di frustrazione del penare per scelte sbagliate di R. coniuga felicemente una storia d’amore che comincia come un tradimento e una società zombie con una costruzione demografica così complessa da prevedere matrimonio e adozioni per garantirne il duraturo funzionamento. Nel film tutto ciò viene piallato via, lasciandoci con poco più delle buccia di Warm Bodies, privandoci della ben più saporita polpa narrativa.
Non solo R. è più maturo, lo è l’intero comparto di personaggi, ben lontani dalle svolte banali e un po’ puritane della pellicola. Julie è una ragazzina, ma la sua naturale esuberanza si mescola man mano con esperienze familiari traumatiche, così come quelle dei suoi amici. Comprimari non del tutto irrilevanti, anzi, nel libro a narrare la storia assieme a R. è (il cervello di) Perry, sbolognato via senza troppi rimpianti a pochi minuti dall’inizio della pellicola, destinando un altro sgradevole ruolo di Dave Franco al dimenticatoio.
Pur mantenendo il suo approccio brusco, Perry è di fatto il coprotagonista della storia insieme a R., l’anello necessario a completare il ritratto passivo (in quanto sempre fornito da terzi) di Juliet, dallo scoppio dell’epidemia zombie fino all’improvvisa speranza di redenzione per Vivi e più o meno Morti. Ancora di più, Perry è fondamentale per introdurre quanto accaduto tra i Vivi dopo la prima parte del libro, in cui R. spiega l’organizzazione sociale dei Morti, in modo da avere un quadro abbastanza definito di come si sia arrivati all’apocalisse, senza comprenderne i motivi.
La differenza macroscopica è quella: mentre il film è impegnatissimo a narrarci una storia d’amore tra un’umana e un “altro” (cioè a tentare di essere un doppione di Twilight, forzando la sua fonte per riuscirci), il libro nel descrivere questa relazione di fatto costruisce l’affresco di un mondo devastato, di cui il lettore condivide con i protagonisti la comprensione parziale e frammentaria di quanto avvenuto e la totale mancanza di risposte precise sulle cause.
Il punto forte di Warm Bodies è proprio quello di fornirci uno zombie in una comunità di suoi simili, organizzati con regole comunitarie, credenze religiose, sistema educativo e taboo inviolabili proprio come il suo disastrato contraltare umano, rinchiuso all’interno di uno stadio e impegnato a sopravvivere. Il parallelo è abbastanza evidente, soprattutto nelle due scene che illustrano la vita scolastica e la vita sessuale delle due popolazioni.
Altro punto di forza è l’intensità di stadi emotivi illustrati su entrambi i fronti, che non esita a sconfinare nelle tinte più cupe. L’aspetto ancora più apprezzabile è che il male di vivere, la cupa disperazione e la sfiducia nel futuro che sul finale vengono suggerite come genesi dell’avvento degli zombie non sono prerogativa esclusiva degli adulti. Di fatto Perry è depresso e il suo ultimo atto è più o meno un suicidio dettato dalla mancanza di speranza determinata dall’assurda morte del padre. Così come la sfera sessuale, descritta con il giusto riguardo ma senza compromessi sia per quanto riguarda i giovani protagonisti, sia per quanto riguarda gli zombie, ancora spinti da impulsi a cui tentano goffamente di porre rimedio.
C’è anche da dire che se Isaac Marion ha curato il suo universo senza trascurarne la logica interna e senza cedere a svolte troppo ovvie, soprattutto nella conclusione pecca un po’ di eccessivo ottimismo, o forse rimane un po’ troppo nell’adolescenziale.
Il libro nel complesso è gradevole e probabilmente molto più avvincente per chi non conosce già tutta la storia o ama molto gli zombie. Avendo visto il film, l’originalità dell’impianto costruito sull’immortale topos shakesperiano (con tanto di scena sul balcone) mi ha lasciato più fredda.
La mia impression è che forse potrebbe appassionare di più un pubblico non meno esigente, bensì più prodigo di entusiasmo ed immedesimazione. Insomma, Warm Bodies è uno dei primi libri che identificherei prontamente come Young Adult, che trova come pubblico privilegiato quello degli adolescenti (ma non in maniera esclusiva), fornendo loro personaggi con cui relazionarsi veramente, parlando loro di sesso, alcool, malattie, depressione e morte con sincerità e comprensione. Adolescenti che più di altri si pongono domande su questi argomenti e ricevono risposte sorprendentemente adulte dalle vicende attorno a sè, qualcosa che spesso i libri loro dedicati non hanno il coraggio di fare.
Warm Bodies di Isaac Marion, edito da Fazi Editore, pp.269, 12,33 euro.
Disponibile anche in ebook, intorno ai 6 euro.
Il libro ha una sorta di spin off/flashback, New Hunger, sempre edito da Fazi Editore, che non ho letto.
E’ un parere decisamente interessante, il tuo.
Sono d’accordo nell’individuare il punto di forza del romanzo nella descrizione della società zombie (quasi farsesca in certi punti, per come scimmiotta quella umana ormai scomparsa) e nel “male di vivere” di R e di Perry.
Vorrei sapere che ne pensi di Julie, invece. Onestamente, è quella che meno mi ha fatto apprezzare il libro e che continua a far oscillare il mio gradimento nei suoi confronti – l’ho trovata un po’ priva di spessore e le sue scelte mi sono spesso sembrate senza senso, considerato quel poco che l’autore ci dice di lei.
Grazie per averne parlato 🙂