Tag

, , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

star trek into darkness locandinaFinalmente ci siamo, è giunto il momento di confrontarci su uno dei film che ha alimentato l’hype durante questo rigido inverno. Premesse doverose: Into Darkness mi è piaciuto, molto, mi ha entusiasmato nel post-visione. Ho da subito chiarito che è un ottimo blockbuster estivo e un ottimo trastullo per i trekkiani non puristi (insomma, se siete ancora scandalizzati da “Star Trek”, non vale neanche la pena di fare un tentativo), ma non mi sono mai sbilanciata nel descriverlo come un ottimo film.
La triste verità è che per due terzi, “Into Darkness” costruisce la piattaforma di lancio per chiudere col botto e fare il salto di qualità. Poi intravede in un riflesso se stesso e delle sue potenzialità, si prende paura e azzera tutto, in maniera piuttosto brusca. Il sospetto è che le beghe extra Star Trek abbiano influenzato non poco questa svolta.

Se non volete correre rischi, QUI è tutto spoiler free e molto sintetico.
A seguire, un paragrafo in rassicurante azzurrino, completamente spoiler free.
Occhio a scorrere la pagina, che dopo l’immagine successiva, ognuno è solo con gli [SPOILER] e lo spataffione dedicato.
Anche le tag sono accuratamente liberate da qualsiasi [SPOILER]. Vi dò due settimane per vedere il film, poi farò come IMDb e aggiungerò tutte le tag asportate.


Adesso che rileggo, immagino che non ci sia poi molto da dire in rassicurante azzurrino. Il succo della questione è che Star Trek rimane un franchise resuscitato a beneficio del grande pubblico (con qualche imbeccata extra per il fandom), per tentare di redimerlo da una fama davvero tremenda negli Stati Uniti, mentre ci si assicura un film d’effetto per l’estate. L’approccio è quello, non c’è niente da fare, mettetevi il cuore in pace. E già che ci sono, ricordiamoci che quel nucleo qualitativo che ha permesso la creazione e la proliferazione del culto trekkiano è spalmato su più di un decennio di profilica produzione televisiva e cinematografica, inframezzato da una serie di vaccate, cose allucinanti e produzioni che nemmeno nei peggiori incubi. Rendere accessibile al grande pubblico quel nucleo, filtrandolo e attualizzandolo (perché molto del qualitativamente rilevante della saga, diciamolo, è parecchio vintage e spesso moooolto naive) richiede tempo.
Detto questo, *bestemmia*, “Into Darkness” era a tanto così dal far entrare la gente in sala per un blockbuster estivo e farla uscire con un signor film di qualità, avvalendosi proprio di alcune delle invenzioni più fortunate della saga.
Invece no ed è veramente difficile non ricamarci su e prenderla come un tradimento di J.J. Abrams in favore del nemico di sempre, Star Wars. Perché la sceneggiatura di Orci, Kurtzman e Lindelof fila via a tenuta stagna fino in prossimità del finale, poi diventa palpabilissimo il terrore di compiere delle scelte irreversibili, di metterci un po’ di cattiveria, in favore di un, di fatto, azzeramento complessivo di quanto successo. Si salvano capra, cavoli, lupo, barca e rematore e lo si fa in maniera così imbranata da risultare fastidioso; ritengo sia stato questo a rendere freddina la critica. Così un film che partiva dal materiale del predecessore per farne di molto meglio, si riassesta su quel livello e rimane l’agre sentore di occasione d’oro sprecatissima. Rimandate i vostri sogni di gloria di un film che vi riabiliti presso il genere umano mostrando le potenzialità della fantascienza a un vasto pubblico: non è ancora giunto il momento. E noi qui stiamo tutti lentamente invecchiando eh!

C’era stato bisogno di uno con la faccia tosta e la conoscenza pregressa di J.J.Abrams per resuscitare il franchise dalle voragini in cui era precipitato (cinematograficamente parlando) e c’è riuscito. Ora però un altro franchise iconico lo ha chiamato e lui ha mollato Star Trek mentre lo stava realizzando,così tutti le evidenti anticipazioni a cosa sarebbe potuto essere e cosa si sarebbe potuto scomodare (due SPOILER che vi saranno più che evidenti all’uscita dalla sala, promesso!) rimangono solo fuochi fatui. Into Darkness per avviarsi su svolte più cupe e adulte aveva bisogno del nome forte che lo aveva guidato; il nome forte se ne è andato e non se l’è sentita di lasciare una sua scelta pesante a chi prenderà le redini in futuro.
C’è qualcosa di sbagliato nel profondo in un mondo cinematografico in cui tutti smentiscono che Abrams se ne stia andando e contemporaneamente un produttore sostiene con aria scandalizzata che però il franchise non può aspettare il suo padre putativo per quattro anni, più o meno il periodo necessario a resuscitare l’altro brand. Soldi, presumo, o cast che invecchia (ironicamente, avvicinandosi all’età iniziale dei loro predecessori). 

Il problema è che questo non ha ricadute sul futuro della saga, ma sul presente, su un film completato 10 giorni prima dell’uscita (chiedete a Bryan Burke), tecnicamente sempre impressionante ma pieno di spunti poi abortiti che prima di fanno esaltare, ma poi di gettano nella sconsolazione. 
Un tuffo nel darkness mozzafiato, poi un ritorno a galla il più veloce possibile nella rassicurante scala di valori americana, con in più una paraculata tale da aprire una serie tremenda di buchi narrativi. 
Il tutto a discapito di un enorme sforzo produttivo, un cast azzeccato e in cui tutti (a parte Bones) hanno un loro spazio, un Benedict Cumberbatch da antologia (questo è ben più che un semplice lancio a Hollywood, questo è rilanciare su un’intera generazione di attori) e tanto, tanto potenziale che sul momento esalta tantissimo, sì, ma poi quanta amarezza!

star trek into darkness poster

anche l’immagine è spoiler free! Come vi coccolo!

 

Adesso, [SPOILER] rilevantissimi. Fuggite.
3.
2.
1.

Ripetiamo un po’ lo stesso discorso, ma con soggetti e oggetti.
Soggetti come Khan e i Klingon, quindi direi che l’esaltazione ci sta veramente tutta. Ovviamente per me è difficile immagine quanto possa essere stimolante il film per chi non ha le reazioni fangirlistiche dovute alla conoscenza del materiale pregresso, ma credo sia una buona pellicola d’intrattenimento, che gioca moltissimo sul rapporto Spock/Kirk (eheheh, già comincio!) per donare un comic relief a una storia dal ritmo serratissimo e molto più votata che in passato all’azione.
Liquidiamo velocissimo il comparto tecnico, che voglio arrivare al dunque: perfetto, assolutamente niente da dire. Persino la riconversione in 3D non è molesta anche se personalmente io trovo sempre più difficile seguire il racconto visivo del film, perché con la tridimensionalità certi dettagli dell’immagine non si percepiscono proprio. Lo dico avendo visto l’anteprima di mezz’ora in 2D IMAX e la proiezione stampa in 3D non IMAX. Sarei curiosa di sapere che ne pensate a riguardo.

Impossibile non fare un accenno al lavoro di Michael Giacchino, impegnatissimo a sfornare musiche veramente epiche e trascinanti dovendo raccapezzarsi tra temi originali, suggestioni moderne e il classico solco delle colonne sonore da film d’azione. Forse non originalissimo il risultato finale, ma fa il suo lavoro splendidamente.
Sul reparto costumi mi sono sempre dimostrata scettica, perché le uniformi della Federazione create da Michael Kaplan (costumista di “Blade Runner” e presto del settimo capitolo di Star Wars) mi han sempre fatto posticcio in una maniera assurda. In questo film però l’apice del momento costumistico raggelante sono le mute con cui Bones e Kirk nuotano su Nabiru. Non che siamo mal realizzate o brutte, ma sono aderenti oltre ogni dire e fanno così Namor che ero io imbarazzata per loro. Al limite del kink, quelle tutine. Discorso a parte per il guardaroba del novello Khan, con accenni qua e là al Khan originale (senza capezzoli in vista però) e una sorta di versione più latex e pelle per un uomo che duecento e passa anni dopo aver salvato Londra in cappotto scuro da terroristi e assassini, torna per distruggerla, in fascianti impermeabili futuristici. Sì, sognavo da mesi di poter fare questo parallelismo.
Infine, diamo a J.J. quel che è di J.J. C’è pochissimo lens flare (le altresì dette lucette azzurre sparaflashanti), è praticamente inesistente considerando che l’ha diretto la stessa persona che ne aveva messo così tanto in “Star Trek” da rendere quasi impossibile vedere cosa stesse succedendo in certe scene.

into darkness benedict cumberbatch khan

il genere di dettaglio che distingue il normale spettatore dall’invasato: il bavero rigato, evidente strizzata d’occhio verso l’omologo arancione di Ricardo Montalban.

Venendo al fascicolo “doppia k”: Khan e i Klingon. Che si morisse dalla voglia di infilare Khan prima o poi lo si sapeva da che J.J. Abrams mise le mani su Star Trek, perché Khan è perfetto. Vive di un’aura gigantesca di fama, seconda solo a quella dei Klingon, pur essendo apparso solo nel film “L’ira di Khan” e in un episodio parecchio trascurabile. La scarsità di materiale a lui legato (e la sua autoconclusività?), la qualità dello stesso e l’iconica serie di scene di quel film ne facevano una scelta quasi obbligata. Il mio timore però era che fosse ancora troppo presto e che i legami appena formatisi tra l’equipaggio dell’Enterprise fossero ancora troppo acerbi per metterli alla prova con un villain come Khan. Il timore del fandom (che aveva scongiurato i realizzatori di non usare Khan) era quello di uno scimiottamento di un’interpretazione ormai leggendaria di Montalban. La scelta secondo me è riuscitissima: come tutta l’Enterprise è altro, perché posizionata in un’altra linea temporale e in quel momento di gioventù ignoto alla serie originale, così Khan mantiene il nucleo di malvagità e risentimento dell’originale, ma trascendendone completamente l’approccio.
Tuttavia, la gestione di Khan è riuscita e al tempo stesso parzialmente rovinata, ma per spiegarvi questo devo introdurre la seconda parte del discorso, i Klingon. Dopo il moscissimo Nero di Erik Bana serviva un villain all’altezza e i cattivi per eccellenza sono coloro che vogliono sterminare il genere umano, ovvio. Il problema era riuscire a dare adeguata introduzione alla guerra sempiterna tra umani e Klingon dando anche al film una solida dose di azione. Il compromesso (geniale e sordido insieme!) è di usare Khan come esca pregiatissima per introdurre l’intera faccenda Kronos e Klingon, utilizzando l’esilissima storia originale nota del personaggio per comprimerla in una porzione molto ristretta di pellicola. Insomma, rimaneggiare Khan personaggio ma non la storia di Khan, evitandone la prematura dipartita ma congelandolo lì (pun intended), in attesa di farci qualcosa di inedito e memorabile.
Purtroppo questa compressione un po’ si sente, e la colpa è della spropositata presenza scenica di Benedict Cumberbatch, che letteralmente fa sparire tutto il resto, soprattutto Kirk.
Il suo Khan è figlio della saggia decisione di non puntare sull’interpretazione muscolare di Montalban (sebbene sia evidente che Cumberbatch sia stato massacrato di allenamenti per ricreare la prestanza e la potenza di un superuomo, senza però sacrificarne la naturale eleganza di portamento) ma di ricreare l’uomo, puntando sulla britannicità dell’attore, coniungandola con un vocabolario addizionato del 170% di termini forbiti e risonanti (paroloni d’effetto tipo “savagery”, che spero tanto l’adattamento italiano renda a dovere), tanto che il suo confronto con Spock sul cambio d’ostaggi mette veramente i brividi. Cumberbatch è talmente pervasivo che appena scompare di scena si sente una netta mancanza, è così subdolo e ambiguo nella sua costruzione che di fatto ci si ritrova a tifare per lui. Pur essendo malefico (guardate il volto stravolto della povera Alice Eve dopo che le ha spezzato una gamba e ha fracassato a mani nude il teschio di suo padre!), nelle sue parole subdole e manipolatorie c’è della verità innegabile. Il vero villain fatto e finito, cattivo perché sì, è Marcus (sapientemente definito da un trekker “il texano”) e dietro la scusa blockbuster c’è un accenno ben più sostanziale all’America di oggi, al sottile dubbio di quanto ci si possa fidare di chi sta al comando, dubbio instillato dalle parole di un terrorista che ha attaccato Londra. Notevole. Notevole perché in questa rielaborazione Khan è un’eroe tragico, la cui attitudine alla guerra e alla distruzione instillata geneticamente non ha fatto che rafforzare l’attaccamento al suo equipaggio, alla sua famiglia. Il parallelo con Kirk è ovviamente servito; Khan fa solo cose più malvage (spinto dal suo DNA), ma è evidente che sia una versione speculare di un Kirk in crisi di carisma (che di minchiate irresponsabili, in questo film, ne fa a mazzi), solo più disillusa e resa crudele dall’esperienza.
Così Kirk (l’umano, il sentimento) si ritrova nello stesso schieramento di Khan, almeno finché la razionalità di Spock non porta alla collisione, evidenziando l’emotività stessa di Khan, del suo ragionare freddo e al contempo crudelmente umano. Il loro dialogo sullo scambio di ostaggi è qualcosa di memorabile, con Khan che mette davvero paura quando parla di cadaveri che fluttuano nello spazio.
In questo frangente Chris Pine è completamente adombrato, ma qui arriva il colpo di genio: rifare la Scena delle Manine (apice narrativo di “l’Ira di Khan” e sbocco di anni e anni di proto-fangirlismo che Kirk e Spock hanno generato), sì, ma al contrario, con Kirk che affronta il sacrificio estremo e Spock dall’altra parte del vetro,  a suggellare il tutto con il mitico urlo “Khaaaaaaaaaaan!”, roba da far venire la pelle d’oca a ogni trekker (per l’emozione o per l’ennesimo risvolto umano di Spock, decidete voi) .  E vai di single manly tear a pioggia e vi giuro che non è manco lontanamente il momento più fangirlistico del film, che rende più che omaggio a un franchise antesignano di tutto il bromance televisivo americano di oggi.
La cosa più irritante è che a Khan e al mai troppo lodato Cumberbatch si legano due delle mosse imperdonabili del film.La prima è la contrazione in un dialogo di letteralmente due minuti tra Kirk e Khan del background del villain, spiegonazzo velocissimo peraltro presente anche nell’originale. Il film ne esce solo perché Cumberbatch è superlativo, riuscendo con 5 frasi a riassumere la sua storia, creare un picco emotivo e mollare lì persino una single manly tear, riducendo al minimo l’evidente forzatura dello scambio tra i due.

star trek alice eve urlo

Carol mostra la reazione standard al punto a seguire.

La seconda invece è un buco della trama tremendo, che si squarcia sul finale, palesandosi come una mancanza di senso rilevante quando si è ancora seduti sulle poltroncine, ovvero il sangue di Khan.
Qui però mi serve un’altra digressione. Lo sviluppo del villain lo contrappone da una parte al classico guerrafondaio texano e dall’altra dai Klingon stessi, di cui fa fuori un plotone (parecchi trekkiani storceranno il naso perché, ok che è un superuomo, ma erano un sacco di Klingon!) solo per salvare Kirk e soci, di cui ha bisogno. Questo lo rende ambiguo. Anche sull’altro fronte le ambiguità non mancano, perché se per i comprimari è tempo di dare qualche info aggiuntiva su chi sta in cabina di comando, l’evoluzione principale è quella di Kirk e Spock, impegnati in un costante sacrificio sfiorato, in un crescendo che renderà possibile ad entrambi comprendere il vero prezzo dello stesso quando arriverà quello vero. Ovvero la morte di un Kirk, il cui smalto strafottente è seriamente compromesso dall’aver portato più volte l’intero equipaggio sull’orlo del Kobayashi Maru. La sua morte rende possibile la piena comprensione della perdita per Spock e la rivalutazione di Kirk stesso.
Il problema è presto detto: Kirk non muore, o almeno, muore per poco. E dire che si era scomodato persino Spock Prime (l’inossidabile Leonard Nimoy, che non mi aspettavo di veder tornare, ed è stato subito colpo al cuore) per ribadire il legame con la continuity originale e l’altissimo costo che in ogni timeline comporta il contenimento dell’ira di Khan. Quando Scotty dice a Spock le parole precise che disse 30 anni fa a Kirk e Spock corre dall’amico, lì siamo al climax del film, climax subito dopo negato con la (permettetemi) fottutissima puttanata dell’esperimento col sangue di Khan su quella specie di riccio alieno. Premesso che potevano benissimo lasciare Kirk morto per un film, creando l’effetto magone per poi ficcarci la puttanata resuscitante nel prossimo film. Vuoi resuscitarlo subito, in 10 minuti finali? Ok, ma almeno fallo il maniera più sottile, non con un trascuratissimo Bones che dice “Toh, iniettiamo a caso il sangue di Khan in questo coso morto, metti che poi Kirk muore vedrai che si sveglia in tempo per risolverci tutto!“. Dire che è telefonato offenderebbe i telefoni. Tremendo. Non ce n’è nemmeno bisogno: abbiamo già visto il sangue di Khan resuscitare la bimba più morta che viva a inizio film; utilizzando quel legame, la connessione sarebbe stata celata (perché piazzata lontanissima dalla rivelazione di Khan stesso) e ci si sarebbe sentiti meno presi in giro.
Il problema è che il sangue resuscitante di Khan crea una serie di conseguenze a cascata che rendono l’agire dei protagonisti via via più incoerente. Adesso sfodero una lista per punti, perché dopo ‘sta stronzata me la merito tutta:

  1. Hai lì 72 superuomini inermi a cui ciulare il sangue per salvare Kirk, perché devi per forza prenderlo dall’unico sveglio e altamente letale? Ma per non copparlo ed inserirlo nel sequel, è l’unica spiegazione possibile! Vi giuro, credo di aver sentito Bones urlare “Spock, ci serve vivo per il sequel, devi riportarlo vivo!”. La cosa mi sta anche bene, ma perdi quei 2 secondi a spiegarmi perché il sangue di quelli congelati non andava bene. Non tiratemi fuori la storia del tempo perché Kirk è già morto e già surgelato.
  2. Vogliamo parlare del mindfucking potentissimo di avere lì un liquido sintetizzato che può rendere immortale (dai, a un certo punto Kirk c’avrà delle conseguenze, tanto quanto Pepper Pots!) tutta l’umanità e…lo usi solo per salvare il più insopportabile tizio tracotante dell’intera Federazione? Vogliamo parlare del potenziale di quest’idea, di rendere l’umanità immortale per fronteggiare la minaccia Klingon e poi, chessò, si apre uno scenario fratricida per le conseguenze di una popolazione che non muore mai?
  3. Khan congelato lì a portata del primo coglione che lo risveglierà perché è un deficiente è troppo anche solo da sostenere mentalmente. Se però scoppiasse la guerra coi klingon e l’umanità fosse di nuovo costretta a chiedere aiuto alla sua versione militarmente maggiorata, con Kirk che finalmente risveglia Khan come alle origini…dai, è evidente che tutto era stato preparato per far succedere tutto ciò, invece no, “partiamo per una missione quinquennale nello spazio, yeaaaaaah!” Ma cosa ho fatto di male?
  4. Tipo, la guerra coi Klingon. Hanno sempre sterminato su Kronos una pattuglia intera di Klingon (momento sfaso: quando si toglie il casco, quando si toglie il casco, gyaaaaaaaaah!) e i suddetti sono venuti a farci un culo tarallo per molto, molto, molto, ma molto meno. Anche qui, come si fa a non cogliere l’immensità dell’idea iniziale dei 3 sceneggiatori, ovvero (mi emoziono al solo pensarci) lo scoppio della guerra tra uomini e klingon provocato dalla hybris (proprio quella classica del mondo greco, insomma, ὕβρις!) di Kirk, sbocco finale di una lenta e sotterranea militarizzazione delle navi stellari? Invece no, i Klingon la prendono con filosofia e loro partono per la scampagnata interstellare. Qualcuno mi trattenga.
  5. Postilla Klingon: la battuta di Uhura al limite della scusante “Ma non doveva essere disabitato questo quadrante di Kronos?” “Sarà passata una pattuglia per caso“. Che sfiga.
  6. Manca però una battuta per i non trekkiani, che giustamente si chiederanno: come fa Spock a tenere testa al superfortissimo Khan che fa marmellate di klingon per hobby? Semplice, i vulcaniani sono molto più forti e letali degli umani, perciò è uno scontro fisico molto più bilanciato (ma altrettanto fangirlistico, con tutte quelle mani addosso) rispetto a quello con Kirk. Solo che appunto, non è che sia cultura generale questa.

Vedete? Un semplice punto debole di sceneggiatura, dovuto alla necessità di lasciare tutto in ordine per chi verrà, crea a cascata un mezzo disastro. Disastro causato dall’aver rinnegato la strada che il film evidentemente traccia per tutta la sua parte iniziale e centrale. Insomma, stavolta non possiamo nemmeno dare la colpa a Lindelof, pur avendolo a portata di mano.

into darkness spock zachary quinto

Forse vedo la luce in fondo al tunnel. Mentre raccolgo le idee su quanto manca, voi fate una pausa bagno.
Ci siete?
Dunque, i personaggi. Direi che tra gli storici ognuno ha il suo spazietto da sfruttare, Bones escluso. In effetti a fine film sembra che qui la triade classica (e fonte dell’inizio del fandom a sfondo shipping pre internet) Spock-Bones-Kirk venga sostituita da una con Uhura al fianco dei due uomini. Uhura che qui è molto più utilizzata rispetto al primo film, con Zoe Saldana che finalmente riesce a menare un po’ le mani. Se state per dirmi che rimane una bella statuina, vi invito a ripassare “l’ira di Khan”, in cui se ne sta zitta e buona sulla sua sediolina per tutto il film.
Alla fine con la maglietta rossa di Chekov di Anton Yelchin ci avevo visto giusto, c’era in effetti un certo movimento in cabina di comando. Mandarlo in sala macchine e fargli salvare la vita di Scotty e Kirk lo rende di fatto ben più complesso dello snocciolare numeri con profondo accento russo del passato, in molto meno tempo. Discorso simile per il Sulu di John Cho, che dimostra tutta la sua badassery sulla poltrona di comando, legittimata dall’avere come sparring partner Bones stesso. Il povero Karl Urban invece è poco sfruttato e gli tocca pure l’ingratissimo compito di orchestrare la sonora scemenza della scena del sangue di Khan, che brutto momento. Simon Pegg si era già ritagliato un bello spazio nel primo film e conferma di essere sempre lo spunto comico perfetto anche qui. Padre putativo Pike (perché vi ricordo che Pine qui sarebbe figlio di Chris Hemsworth…cosa è andato storto?) è morto, ma diciamocelo: chi se lo aspettava che sarebbe arrivato al secondo film?
Su Chris Pine non ripongo le mie speranze recitative, ma lui è Kirk, almeno caratterialmente. Il problema è che se persino il ben più carismatico Zachary Quinto viene eclissato da un colpo di capello gellato di Cumberbatch, cosa può mai fare Chris Pine? Niente, appunto.
Discorso a parte per la Carol Marcus di Alice Eve, protagonista di una maldestra e poco riuscita scena di fanservice (a questo punto era molto meglio lasciare la scena di Cumberbatch sotto la doccia e lo dico in virtù dello sguardo assassino di Khan anche quando si lava, roba che mi sto ancora rotolando dal ridere!). Non è male, specie contando che è stata piazzata lì come raffinato specchietto per allodole per sviare le teorie dei fan pre-uscita del film. Quell’urlo di orrore ormai è marchiato nella mia mente. Un buono spunto e una buona interpretazione, il tutto legato a cosa ne faranno in futuro, il predestinato love interest di Kirk con tanto di figlioletto biondo ricciuto de “L’Ira di Khan” o qualcosa di più bad ass e promettente, date le premesse?
Finito? Quasi! Che post sarebbe senza il momento in cui dibattiamo fitto sugli hint trekkiani?

  • La versione hardcore del teleport in curvatura in effetti è solo una puttanata dovuta alla confusione sul finale. Non siamo ancora arrivati a quel punto lì, per fortuna.
  • Gli sceneggiatori glissano come pazzi dicendo “eh, una dimenticanza”, ma l’abbiamo visto tutti che su Praxis l’esplosione sembra già esserci stata.
  • La riunione delle massime autorità della flotta voleva proprio essere un omaggio a “Il Padrino parte III”.
  • C’è persino il “nooooooooooo” di Khan, che pregio.
  • La militarizzazione sotterranea della flotta non via ha fatto tantissimo “Star Wars La Minaccia Fantasma”?
  • Ma quanto sono stronzi quelli della Bad Robot? Prendere Alice Eve, fargli il caschetto biondo e bearsi allegramente mentre i fan si autoconvincevano che avrebbe interpretato Elizabeth Dehner, mentre invece interpreta Carol Marcus. Che infami.

Ci siamo! Sunto finale!

star trek enterprise

Finalmente distruggono Enterprise del tutto. Ora sì che riconosco “Star Trek”!

Lo vado a vedere? Ovviamente sì, anche perché se non vai non puoi leggere questa megaspataffiata che ho scritto apposta per te! Ne vale la pena, anche solo per Cumberbatch (se poi sei una fangirl, cosa ci fai ancora a casa?) nonostante la vaccata del sangue di Khan.
Ci shippo qualcuno C’è qualcuno che non si shippa? NO, si shippa a dei livelli improponibili chiunque con chiunque, soprattutto con Kirk, dato che quasi tutti sull’Enterprise hanno il loro battibecco amoroso col suddetto. Il fattore sconvolgente è che La Scena delle Manine non è nemmeno la più fangirlistica, non dopo il batticuore provocato dall’iniziale “I’m gonna miss you”, buttato lì con tanto di sguardi intensi di Kirk e successivo cuore spezzato perché Spock non coglie (‘sti Vulcaniani). Il film ci racconta in realtà la maturazione sentimentale di Spock fino a comprendere i suoi sentimenti, coronando sul gran finale  con quell’intimo “Jim” al risveglio del bell’addormentato resuscitato. Pura istigazione a delinquere. Vorrei sottolineare un altro punto che mi ha assolutamente deliziato: Uhura in variante “moglie del McAvoy” (questa è lunga da spiegare, solo su richiesta). Uhura fa tutto il film a dire a Spock di non farsi ammazzare che lei starebbe malissimo, ma quando coppano Kirk è lei a spronarlo a vendicare la morte del quasi fidanzato del suo ragazzo. Poi gli va pure a dare una mano. Impagabile.
Cumberbatch, in cosa ti sei infilato? Io mi aspettavo shipping cattivo con Spock (e in effetti, volendo, perché no?) ma il materiale migliore è creato da quel mega-parallelo con Kirk e il loro “voler proteggere la famiglia” (oltre che a mettergli le mani addosso e plagiarlo psicologicamente, intendo). Quando si preparano al passaggio suicida tra una nave e l’altra, gomito gomito, sempre a rimbeccarsi. Quando Khan gli salva il culo svariate volte e sul ponte di comando in diretta audio con Spock che si rode il fegato, mwuahahahahaha, che goduria. Per non dire quando Khan lo malmena in diretta video con Spock, giusto per ribadire il concetto. Si sapeva che sarebbe stato un appuntamento irrinunciabile per una certa categoria di pubblico. Non delude le aspettative già notevoli, (voglio dire, Manine!), anzi, rilancia!
Ship SheepShip SheepShip SheepShip SheepShip SheepShip SheepShip Sheep
L’incidente con la stampa italiana – extra dovuto a quanto detto su twitter. Ora, voi già immaginatevi la scrivente in una sala in cui deve mantenere un contegno quando gli succede qui sopra senza poter far altro che emettere il disperato urlo silenzioso della fangirl in incognito. Il tutto mentre testimonianze di prima mano mi assicurano che a Londra quando Ben dice di essere Khan la gente urlava “I knew it, I KNEW IT!!”. Eh. All’uscita della sala si formano i soliti capannelli di critici che chiaccherano. Già all’anteprima avevo scorto una trekkiana doc spiegare perché Spock metteva la mano sulla faccia a Khan e un po’ mi ero abbattuta. Stavolta è stato peggio, perché c’erano due persone che discutevano di “eh, ma quando ci devono ficcare a forza questa omosessualità latente che adesso va di moda (piccola nota: non è che ce la vedo io, è così palese che è la coglie chiunque)” “Sì appunto, cioè, solo al giorno d’oggi uno potrebbe mettere quella cosa delle mani che si toccano sul vetro”.
Ecco.
Voi non potete capire quanto mi sia costato trattenermi dall’andare lì scuoterli con forza dicendogli “VOI NON CAPITE!!! VE LA STATE PRENDENDO CON L’UNICA SCENA CHE C’ERA PURE NELL’ORIGINALE!”. A volte la conoscenza è un’arma crudele.

#VoiNonCapite