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the immigrant locandinaGià con la totale assenza di una locandina da mettere fuori dal cut The Immigrant si guadagna un’oncia del mio odio purissimo. [EDIT: Finalmente hanno pubblicato una locandina decente.]
Capisco l’approccio più che canonico sia in fase di scrittura che in fase di regia e l’ombra nostalgica che permea tutto il comparto tecnico ( la storia proprio no), ma James Gray, almeno una locandina del piffero potevi portartela a Cannes 2013! Una foto a caso come quella qui a lato, ci schiaffavi su “The Immigrant”, i nomi dei protagonisti e bon, apposto.
La prevedibilità del plot narrativo di una giovane emigrante polacca (occhio al falso amico del titolo!) con tanto di crocifisso e fede in Dio incrollabile, costretta a prostituirsi per far approdare anche la sorella malata di tubercolosi nel pieno dell’american dream contro cui si è infranta la sua integrità morale è pari solo alla sequenza di ovvietà che sto per propinarvi, quindi anticipo uno dei pochi dati importanti. L’uscita del film è già stato annunciata dalla BIM per il 2014.

Appurato che la parola chiave è ovvietà nell’approccio narrativo di una classica storia di migrazione e false speranze, sono due gli elementi che danno lustro a questo film, altrimenti del tutto dimenticabile.
Il primo sono i due impressionanti protagonisti, che fanno a gara nel mio cervello per accaparrarsi l’aggettivazione più iperbolica. Marion Cotillard è una delle poche bellezze credibili nella parte “storica” e dalla bellezza necessaria per rendere credibile la follia amorosa che suscita. Questa donna è la riprova che il genoma è crudele e sparso distrattamente sul genere umano. L’impressionante naturalezza con cui tratteggia l’ingenuità iniziale e la consapevolezza ottenuta attraverso la sofferenza personale di Ewa è spaventosa, tanto quanto la pervasività del suo sguardo fugace, espressivo tanto quanto i suoi dialoghi, spesso pronunciati in un apparentemente perfetto polacco. E quando finge il pesante accento dell’Europa dell’est nel suo inglese di nativa francese? Fa paura. L’aspetto più sconcertante è che il tutto è talmente naturale e non sbandierato che solo riflettendoci si coglie la sua bravura.
Personalmente non amo particolarmente Joaquin Phoenix, o per meglio dire, le sue scelte di casting a suon di personaggi borderline “guarda come sono bravo a farti il dramma dentro”. Non che il personaggio di Bruno sia diverso, annegato com’è nell’amore ossessivo e totalizzante verso la sua (di fatto) vittima, però la resa è come sempre di altissimo livello.
Altro comprimario, Jeremy Renner (che qui parla con un accento che mi ha permesso di comprendere cosa dicesse, a differenza di “Mission:Impossible Ghost Protocol”, in cui capivo di più quando Cruise parlava il russo!). Come, non sapevate che ci fosse anche Renner a interpretare il fratello di buon cuore di Bruno, anch’esso innamorato di Ewa? Ecco, vi dà un’idea di come ne esce l’attore stretto com’è dai nomi sopra elogiati.

the immigrant marion cotillard joaquin phoenix

Il secondo elemento positivo scaturisce e deriva dal primo: data la bravura degli interpreti, il complesso rapporto ossessivo-affettivo tra un Bruno incapace di sfruttare Ewa col rischio di perderla e una Ewa non del tutto capace di non mischiare della riconoscenza al disgusto che le ispira il suo sfruttatore è adeguatamente profondo e sfumato. Anzi, le continue sfumature emotive e il cambiamento di equilibri nel rapporto tra i due sono di gran lunga l’aspetto migliore del film.
Detto questo, la grave pecca del film è di raccontare una storia già sentita utilizzando le medesime immagini di altri, laddove con due lire Crialese aveva tirato fuori un piccolo gioiello d’originalità e coraggio come Nuovo Mondo (non a caso, le ambientazioni sono quasi identiche), di ben altra forza visiva ed emotiva. Altro aspetto: pur essendo vero che la prostituzione si rivela quasi sempre una tappa forzata per il genere femminile privo di denaro o emancipazione in condizioni sfavorevoli, sarebbe veramente ora di darci un taglio (almeno per un po’) con questa infinita carrellata di prostitute dallo sguardo malinconico e la frase d’effetto pronta dietro la lacrima. Basta! L’uscita infelice di Ozon sulla Croisette non ha dimostrato che sarebbe ora di pensarsi un nuovo approccio, un attimo meno svogliato (e piacione, dato che la Cotillard è sempre bella, pulita, pettinata, piacevole!)? Nell’attesa, io inauguro la tag “prostituzione su celluloide” (ero tentatissima da “le donne tutte puttane”, ma le chiavi di ricerca si sarebbero fatte insostenibili), sperando in maniera non molto convinta di non doverla usare troppo spesso.

the immigrant marion cotillard jeremy renner

Lo vado a vedere? Ottime prove attoriali a supporto di un film che è avete già visto a priori, per quanto impeccabile. Fate voi.
Ci shippo qualcuno? Due fratelli che litigano sono sempre un buon inizio, ma in questo caso non credo portino a niente di rilevante.
Coefficiente PESO? Non molto alto, specie se siete rodati sui film di qualche decennio fa quando il montaggio lascia al pubblico il lusso di sbattere le palpebre ogni tanto.