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British Science Fiction Award, fantascienza, i libri con gli alieni e le astronavi, Ian McDonald, Intelligenza Artificiale, mondadori, River of Gods, Urania, Urania Jumbo
Bisogna ammettere che il livello di buzz attorno a un libro fantascientifico è quasi sempre legittimamente connesso alla sua qualità. Il numero di citazioni di River of Gods era abnorme prima ancora che Mondadori qualche eone fa annunciasse la pubblicazione ed è divenuto ancora più insistente quando il “prima o poi” si è tramutato una data precisa: Luglio 2013. Lo sforzo di Urania stessa è stato ben sopra la media: due noti traduttori (Riccardo Valla e, a completamento dopo la sua morte, Silvia Castoldi) la riesumazione di una collana, rinominata Urania Jumbo, per ospitarne le 500 e passa pagine nella loro interezza.
Il risultato è un’ottima edizione italiana per un libro che, se non appesantito dal fardello di pregiudizi che accompagna da sempre l’etichetta “fantascienza”, sarebbe già in molte delle vostre librerie.
E dire che questo tomo di Ian McDonald è incentrato su uno dei più efficaci dissuasori alla lettura per la sottoscritta: il setting indiano. Il fiume degli Dei è il Gange ed è insieme all’India uno dei personaggi più rilevanti di un libro. McDonald, noto per le sue ambientazioni “esotiche”, sfrutta così efficacemente l’approccio corale di decine di punti di vista differenti (per classe, casta, provenienza, sesso e scopi) da inserirsi in quel filone contemporaneo percorso da scrittori pluripremiati e “letterari” come Egan, Strout e tanti altri.
A ben vedere il cuore del libro è un ritratto dell’India davvero a tutto tondo: i personaggi, dall’élite politica ai criminali dei luridi assembramenti di baracche fino a un paio di occidentali, restituiscono un affresco di una nazione dettagliatissimo, mai banale nell’affrontarne la complessità spirituale, politica, sociologica, geografica, esistenziale. Dato che Ian McDonald vive nella sua abitazione di Belfast e non a Varanasi, è sorprendente come la sua scrittura risulti immersiva nell’atmosfera indiana e traboccante di slang hindu (salvifico il glossario a fine volume). Il suo interesse per il futuro lontano dal tradizionale ancoraggio del Primo Mondo non è recente e lui stesso sostiene sia dovuto al senso di estraneità che prova chi vive in un contesto “particolare” come l’Irlanda del Nord quando si ritrova in paesi dalla medesima lingua (gli Stati Uniti, ad esempio) ma dalla vita completamente differente. Differente tanto quanto quella brasiliana o indiana.
So that sense of not being at the center of things, of being very much on the periphery, it made me look for interesting places where the future is happening as well.(*)
Veramente intrigante, contando che questo core indiano viene costruito partendo dal 15 Agosto 2047, il centenario dall’indipendenza nazionale. L’anniversario vede l’India futura disgregata in una miriade di staterelli dai rapporti sempre più tesi a causa della cronica mancanza di monsoni e, conseguentemente, di acqua. Sull’orlo di un conflitto per le risorse iche tra Awadhi e Bharat, in un mondo di stati sempre più piccoli ed indipendentisti (persino la Scozia l’ha spuntata sull’ex Impero!), si filano e intersecano le vicende di una decina di protagonisti (più rapide incursioni di personaggi minori), le cui vite finiscono per collidere sempre più intimamente fino al grande ensemble finale, un maxi-capitolo da applausi a scena aperta che tratteggia un climax finale memorabile in un folle passaggio da un punto di vista all’altro, da un rigo al successivo.
Il cuore fantascientifico del libro è dedicato all’intelligenza artificiale, unico rilevante cambiamento nelle vite dei futuri abitanti della Terra, con diversi gradi di pervasività in base allo status e alla classe sociale di riferimento. L’approccio alle AI è emozionante, perché McDonald dà un taglio netto con l’antromorfismo spinto degli androidi, immaginando entità di vario livello la cui natura e organizzazione sociale sono così diverse e impenetrabili agli umani (e viceversa) da renderle affini al vasto pantheon indiano, non a caso rappresentazione visiva di queste potenze tecnologiche a servizio della polizia. L’AI è una specie diversa, influenzata da un ambiente immateriale basato su memorie (spesso altrui) e spazi virtuali, che originano esseri diversi dagli umani, da millenni plasmati dall’ambiente fisico, ad essi incomprensibili. Proprio come le antiche divinità pagane.
Vi sono inoltre due nuove razze che sfruttano i cambiamenti resi possibili dalle AI. Con le loro modifiche chirurgiche stanno creando un indefinito umano, lontano dai generi e dalla sessualità tradizionali. La prima è costituita dai nute, sorta di transessuali avanzati il cui intero scheletro e sistema ormonale sono stati chirurgicamente modificati per renderli signori delle proprie emozioni e appartenenti a un nuovo genere, a costo di un mutuo sul proprio corpo e della condizione di paria sociali.
La seconda è costituita dai brahmini, figli della classe più ricca potenziati geneticamente ancor prima del concepimento, per ottenere la prima eredità genitoriale eterna, creando lentamente un solco che renderà irreversibile la differenza tra classi e impossibile la scalata sociale dei più poveri. Invecchiano a metà della velocità normale, possiedono influenze politiche rilevanti ma sono mosche bianche, immediatamente riconoscibili per il loro aspetto falsamente giovanile e la loro repulsione ai tratti umani “puri”.
Le AI capaci di così grandi prodigi sono ovviamente un territorio di studio e agire politico più che spinoso, tanto che gli Stati Uniti con la legge Hamilton (I see you there Ian) vietano di utilizzarne le funzioni più avanzate sul proprio territorio, salvo poi appaltare i lavoretti (artificiali) sporchi in India. Nei paradisi digitali i potenti dataraja si nascondono da quei poliziotti che gli stessi americani mettono loro alle costole, per eliminare qualsiasi entità usata impropriamente o dal potenziale troppo alto, come le AI di livello 3. Nel mondo delle intelligenze artificiali però il progresso è inarrestabile e, più il libro scorre, più l’incontro tra AI dall’intelligenza sconfinata e i limiti della razza umana sembra avvicinarsi a rapide falcate, fino allo scontro inesorabile tra due occupanti della medesima realtà.
Un terzo nucleo è costituito da una sorta di mistero alla Incontro con Rama, incarnato da un asteroide di fattura aliena che sembra ricercare tre persone per consegnare il suo misterioso messaggio all’umanità, due delle quali sono proprio esponenti del gruppo d’influenza occidentale.Scienziata lei e filosofo lui, atei, i due sono giunti all’estremo cinismo proprio del tramonto intellettuale del grande impero inglese.
Tirando le somme, Ian McDonald si spinge in terre lontane e visioni tecnologiche ancor più di frontiera per effettuare uno struggente ritratto delle contraddizioni culturali che stanno uccidendo il predominio mondiale dell’Occidentale, minando al contempo la nascente potenza economica ma di tradizione millenaria del continente indiano.
Lo leggo? Come avrete intuito, la lettura de “Il Fiume degli Dei” è impegnativa, totalizzante, ricchissima di dettagli e riflessioni pagina dopo pagina. Lo sforzo necessario ad arrivare al maestoso finale è però mitigato in parte dalla pregevole edizione Urania. Il resto della fatica viene ripagata da un libro così magistralmente calibrato, così incisivo nel ritrarre l’umanità presente e futura nel suo approccio con la tecnologia, la divinità e l’Altro da risultare uno dei migliori titoli dell’ultimo decennio. E non solo parlando di fantascienza. Il peccato mortale è che questo status è pienamente riconosciuto solo nei confini del genere e non al di fuori, quando per maturità letteraria non sfigurerebbe di certo accanto alla cosiddetta literary fiction (Letteratura con la L maiuscola) contemporanea. Anzi, rischia di far sfigurare più di qualche nome altisonante.
E ve l’ho già detto che detesto i libri ambientati in India, vero?
La vera fortuna è che l’ebook è destinato a rimanere sugli scaffali virtuali dei maggiori negozi online per molto, molto tempo, in attesa che troviate il coraggio e il tempo necessari per recuperare questa visione magistrale del nostro futuro.
[Intervista a Ian McDonald a Stranimondi 2018] [VIDEO]
Il Fiume degli Dei (Urania Jumbo 40) di Ian McDonald, edito da Mondadori, 2013, 518 pp., 7,90 euro (3,99 euro in ebook).
Negli ultimi anni ho letto solo 7 libri di fantascienza. Te li elenco nell’ ordine in cui li ho letti:
J. G. Ballard, “Deserto d’ acqua”
Poul Anderson, “Quoziente mille”
Richard Paul Russo, “Angelo meccanico”
Richard Paul Russo, “Cyberblues – La missione di Carlucci”
Richard Paul Russo, “Frank Carlucci investigatore”
Richard Kadrey, “Metrofaga”
Stephen King, “22/11/’63”
A parte “Quoziente mille” (che aveva un ottimo spunto di trama e un ottimo inizio, ma più andava avanti e più peggiorava), gli altri 5 mi sono rimasti tutti profondamente impressi. Soprattutto “Angelo meccanico” e “Cyberblues – La missione di Carlucci”, che ti straconsiglio se non li hai ancora letti.
Spero che questo mio post ti dia degli ulteriori spunti per le tue letture future: http://wwayne.wordpress.com/2013/04/27/la-fine-di-un-era/. : )
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Veramente un ottimo libro, a distanza di mesi dalla lettura continua a risuonare in molte maniere. Forse anche più azzeccato de La Ragazza Meccanica…
All’epoca dell’uscita l’ho un po’ snobbato perché non era periodo di fantascienza per me, per fortuna che c’è l’edizione ebook.
Una delle migliori uscite da quando Urania è diventata anche digitale, senza dubbio.