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wolverine l'immortale locandinaCon il trascorrere degli anni, con l’evolversi e l’amplificarsi del ramo cinematografico dei cinecomics, è diventato via via più chiaro che esistono due distinte tipologie di film Marvel: quelli che si gestisce la Marvel (con lo zampino Disney) e generarono gigabyte di hype ancor prima dei trailer ufficiali e i franchise bastardi e mazziati, finiti nella prima ondata di cinecomics in mani altre e rispetto a cui solo Warner Bros-DC hanno saputo fare nettamente peggio. Wolverine è il figlio di entrambi i filoni: gli Xmen sono stati essenziali perché il genere prendesse piede e, checché smaronino gli appassionati, la trilogia iniziale ha fatto scuola, tuttavia il primo capitolo dedicato alle avventure di Logan in solitaria rimane una delle pellicole più brutte del genere, capace di svilire una montagna di personaggi dal potenziale illimitato (Deadpool anyone?), risultare noiosa nonostante l’altissimo potenziale d’addominale presente e generare una serie memorabile di scene ridicole e pacchianissime, vedi Wolverine che salta dalla cascata, nudo. Personalmente però ringrazio cotanta bruttezza di aver donato Taylor Kitsch che fa (una sorta di) Gambit. Che beltade!

Si diceva, essendo “Wolverine” una ciofeca terrificante, non è che Wolverine – L’immortale abbia scaldato i cuori del fandom e non è che si contassero i giorni che mancavano alla sua uscita nelle sale. Piazzata peraltro nel non lusinghiero periodo agostano, il che pare una scusa preventiva. Insomma, ci si aspettava tutto il peggio possibile. Invece…


il film fa nettamente meglio del predecessore. Il che non è un grande merito, perché per fare peggio bisognava essere malintenzionati e mettercisi proprio d’impegno. Tant’è, “Wolverine – L’immortale” non è nemmeno malaccio e sicuramente vale il prezzo del biglietto per gli appassionati, complice l’aria condizionata e la voglia di mazzate e addominali in libertà che la canicola di questi giorni può generare. Detto questo non sarei tanto ottimista quanto Darren Aronofsky. Questo tweet sembra un contentino di uno che ha sfangato all’ultimo la responsabilità registica di questo film, mollata a James Mangold. Darrenino, we see what have you done here.

Basato sulla saga del 1982 a sfondo giapponese, Wolverine L’immortale in realtà non mantiene che labilissime tracce della sua fonte originale, concentrandosi sul, ammettiamolo, non facile compito di fare da ponte tra il vituperatissimo “Xmen The Last Stand” e il ritorno di Bryan Singer al timone dei mutanti con “Xmen: Days of Future Past”, ignorando bellamente il predecessore. In effetti sceneggiatori e regista sotto questo versante hanno lavorato bene, usando la sempre splendida Famke Janssen come filo conduttore per elaborare il lutto di Logan fino a riportarlo in squadra, generando nel contempo il brividino che tanto Fenice col cavolo che è morta, ma quando mai!

wolverine immortale mariko logan pachinko

Come cuore narrativo si è usata ampiamente l’escursione giapponese del nostro, introducendo e sacrificando a piacere personaggi comunque minori come Yukio, Viper e Silver Samurai, ma lasciandoli comunque in stand-by nel caso tornino necessari. Il film è in prevalenza ambientato in un Giappone sufficientemente realistico, pur non saltando nemmeno uno degli stereotipi dell’immaginario collettivo (luci, tecnologia, love hotel, senso del sacrificio, katana, l’adolescente che tira mazzate e I NINJA!). Anzi, lo scenario risulta così urbano e comune che via via che Viper si rivela essere una stronza atomica e, come ogni brava villain tettona Marvel, si veste da strappona, sembra una cosplayer finita in un film d’azione. Detto questo, nonostante non sia mora, la scelta di prendere una che c’ha proprio la faccia da Svetlana Khodchenkova e di ficcarla in una serie di tutine sempre più strappone merita una menzione. Sapete, ho un vero soft spot per le stronze conciate da passeggiatrici (infatti ancora piango al pensiero di quello che hanno fatto a Emma Frost, la stronza per antonomasia!), soprattutto quando hanno più carisma e caratterizzazione delle protagoniste putative della storia. Se la Yukio di Rila Fukushima è gradevole pur essendo schiacciata nello stereotipo dell’adolescente asiatica punkettona che ti fa un mazzo così, un personaggio fondamentale come Mariko non meritava di diventare una che viene rapita un numero così elevato di volte che ho perso il conto, venendo trascinata da uomini poco raccomandabili da una parte all’altra per mezzo film. Ma Mariko, non avevi vinto una gara di coltelli? Per Dio, sei giapponese e altolocata, possibile che tu non conosca un minimo di arti marziali?

wolverine immortale yukio noburo

Il comparto maschile invece è in toto dimenticabile, tra attori giapponesi costretti a ruoli con colpi di scena telefonatissimi, morti più che aspettate e caratterizzazioni al limite del razzista. Ci terrei unicamente a sottolineare che Hal Yamanouchi sa così bene l’italiano che doppia se stesso nella nostra versione. Tornando al protagonista, Hugh Jackman, c’è da dire che brilla più per la sua presenza scenica, sottolineata dalla continua eliminazione di qualsiasi cosa somigli a una maglietta/canotta, che per l’emotività messa in un ruolo che comunque gli riservava un paio di scene piuttosto intense. Di cui l’unica vagamente riferita alla storia originale (quella che aveva attratto, tra gli altri, anche Del Toro), la scena di Koda fratello orso, risulta più ridicola che commovente, oltre che a porre seri dubbi sul fatto che la sfiga che avvolge le conoscenze di Logan non riguardi solo sane portatrici di vagina ma anche rappresentanti del regno animale.
Nelle interviste a Jackman c’è un gran parlare di come non bevesse per 36 ore prima di girare nudo (quindi avrà bevuto mai durante le riprese dell’intero film?) per rendere la definizione muscolare ancora più sottolineata, ma mai della preparazione emotiva al ruolo preposto.
Tuttavia non è Jackman a mancare di trasporto ma l’intero film, che risulta freddo ai limiti del noioso anche quando gioca le sue carte migliori. Non è che la storia susciti disinteresse in toto, è il modo di raccontarla e la messa in scena (così realistica, così tetra, così Nolan), che si vanno assestando sulla linea mediana tra levità alla Thor e dramma micidiale alla Watchmen, finendo in un territorio che a tratti assume la connotazione della noia. Noia persino mentre si prendono a mazzate, nota bene.

wolverine l'immortale logan viper

Lo vado a vedere? Sicuramente migliore del precedente, “Wolverine L’immortale” paga una serie di scelte (su tutte, quella di mantenere il rating basso, ovvero il motivo per cui sarebbe veramente fuggito Aronofsky) che lo rendono freddo, incolore, al limite del dimenticabile, laddove invece la bruttezza del suo predecessore è ormai antologica. Non c’è nemmeno il cammeo di Stan Lee! C’è più sentimento nella classica scena dopo i titoli di coda (in cui Bryan Singer mette in chiaro che ha già piantato un gran casino per il prossimo Xmen) che nell’intera pellicola precedente. Solo per appassionati, via.
Ci shippo qualcuno? Macché, macché. Se solo Viper e Mariko avessero avuto più screentime per darsele di santa ragione.
Fottuto Cervo Metaforico? Dopo una scena strappalacrime come quella di Koda Fratello Orso, con Logan che urla istericamente a un orso esanime “Non costringermi a farlo!”, ovviamente sì, impagliato, nel bar.