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Anne Hathaway, Brie Larson, Channing Tatum, COLLO, Joseph Gordon-Levitt, Julianne Moore, la forza salvifica dell'Ammmore, Scarlett Johansson, sento puzza di hipster, Tony Danza
Che Joseph Gordon-Levitt fosse una di quelle persone quasi irritanti per la quantità di campi in cui riesce ad eccellere lo sottolineava persino uno sketch di qualche tempo fa del SNL. Che ultimamente parecchi attori abbiano fatto il passaggio dall’altro lato della cinepresa senza causare troppi danni è altresì constatato. Anche prestando l’orecchio alle recensioni d’Oltreoceano decisamente positive, non mi sarei mai aspettata di uscire così soddisfatta da “Don Jon”. Un lungometraggio ambizioso ma consapevole dei suo limiti produttivi, basato su una sceneggiatura che ruota attorno al sempre scivolosissimo campo delle relazioni sentimentali. E del porno.
Sì, Don Jon è la storia di un giovane uomo italoamericano la cui formazione sessuale porn-oriented ha creato delle aspettative così irrealistiche sulla vita di coppia da rendere una seduta di porno più soddisfacente di una fica vera (cit.). Il difficile per me sta nel spiegare quanto questo spunto di trama, pur somigliando a un “Shame”, sia realtà lontano mille miglia dal quel tipo di pellicola.
Il primo lungometraggio di Joseph Gordon-Levitt è di fatto una commedia sentimentale in cui l’attore realizzatore ha saputo distillare sapientemente un po’ di sana riflessione sui rapporti di coppia, senza lesinare l’ironia ma senza perdere mai di vista un approccio diretto e veramente sincero, evitando di scadere nello squallore deprimente di un film di denuncia.
Don Jon di fatto è un cinemozioni5 che non arriva mai al punto di rottura, alla svolta romantica pesantemente irrealistica che mette ogni pezzo del complicato puzzle sentimentale al posto giusto. Eppure il film tratteggia un percorso evolutivo del suo protagonista fino a inquadrarlo in una luce positiva, senza permettersi mai di assolverlo dalle sue colpe e di nascondere le mancanze delle figure che lo circondano, a partire da quelle genitoriali di Tony Danza. Ho molto apprezzato come sul personaggio di Brie Larson il film insista con un ritratto piuttosto iconico dell’adolescente nativa digitale, salvo poi donarle una risoluzione inaspettata e che conferma la vocazione mai banale di Gordon-Levitt verso la scrittura dei suoi personaggi. I due costituiscono una copia caricaturale in carta carbone di certi italoamericani che s’incontrano facilmente in certe zone di New York (e ve lo giuro, sono veramente così, french manicure pacchianissima inclusa!) e polarizzano le aspettative nei confronti del primogenito su degli standard (sii un vero uomo – fatti una famiglia) che condizionano Jon sempre più esplicitamente mentre si snoda la pellicola.
Se da un lato fa un po’ impressione vedere Joseph Gordon-Levitt fare il manzo da discoteca ossessionato dalla cura del proprio fisico, dalla pulizia della tana e dal proprio bolide (cit.), dall’altro la scelta di parlare di dipendenza dal porno (soprattutto a livello di aspettative) scegliendo l’approccio più sboccato e visivamente volgarotto del microcosmo italoamericano rendere più riuscito sul piano comico un film che mentre ti fa ridere di fronte al suo protagonista che recita le sue preghiere a mo di conta delle serie di esercizi in palestra, non manca mai di mostrare un certo squallore che in un altro contesto sarebbe risultato decisamente più depressivo. In altri passaggi dove sarebbe potuto risultare quasi feroce (per esempio nell’affilatissimo parallelo tra la dipendenza dal porno fisico del protagonista e quella dal romanticume delle commedie romantiche hollywoodiane della sua compagna, equiparati sullo stesso piano di soddisfazione visiva dei propri istinti a senso unico, senza compartecipazione di coppia), è ancora una volta l’ironia a rendere più digeribile la quotidiana verità che viene denunciata, attraverso la fugace apparizione di Channing COLLO Tatum e Anne Hathaway.
L’aspetto sicuramente più riuscito del film è come risulti allo stesso tempo sincero nel raccontare visivamente la sua storia, senza mai risultare volgare esteticamente: in questo concorre il gusto hipster del regista, che sin dai titoli di testa non rinuncia a dare una patinata raffinata (per non dire proprio fighetta) al suo lavoro, rimarcata dalle scelte musicali e da certe inquadrature insistite in un montaggio a cicli ripetuti.
Don Jon si compiace parecchio di essere un piccolo progetto indie, se non fosse che il suo realizzatore può permettersi di piazzare nei due ruoli femminili principali attrici del calibro Julianne Moore e Scarlett Johansson. Quest’ultima in particolare è esaltata da un ruolo che ne involgarisce l’ormai mitologica bellezza, dandole però la possibilità di confrontarsi con un personaggio via via più subdolo e manipolatore, fino a diventare spettrale. Anche per lei deve essere stato gratificante per una volta uscire dallo stereotipo della ricercata bambola sexy, anche se inizialmente sembra che il film voglia sfruttare proprio il suo aspetto esteriore. È stata una sorpresa piacevole, ricordarsi che la Johansson sa anche fare l’attrice, oltre che l’icona.
Lo vado a vedere? Direi proprio di sì, ad entrambi i lati della coppia. L’estetica fighetta di Joseph Gordon-Levitt smussa le derive più maciste e volgari, impedendogli però di scadere nel romanticume da cinemozioni5. Le riflessioni che ispira poi riguardano indistintamente la vita di tutti, così come l’ironia che indora una pillola tutto sommato abbastanza amara.
Ci shippo qualcuno? Non credo esista qualcosa di meno bromance della way of living italoamericana. In compenso Scarlett Johansson è strizzata in dei completini memorabili. Joseph Gordon-Levitt palestratissimo a me fa più ilarità che sangue, però potrebbe essere un problema mio.