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laikaIl fantasma di Laika di AA.VV., a cura di David G. Hartwell e Kathryn Cramer, Urania Millemondi 44, 3,99 euro (versione ebook), 2013.
Ora che in casa Urania hanno messo il turbo e deciso di mettersi in pari con la pubblicazione dei Year’s Best SF arretrati non li ferma più nessuno. Questo corposo Urania Millemondi propone l’intero volume Year’s Best SF 17, corrispondente all’annata 2011. Il che mi rassicura molto sul fatto che il precedente volume (uscito da noi col titolo di “Graffiti nella biblioteca di Babele”) fosse un tentativo di proporre un pout-pourri di sottogeneri e sperimentazioni che ha finito per abbassare di parecchio il livello medio ma in realtà là fuori è ancora pieno di bellissimi racconti sci-fi da recuperare. Conferma che arriverà pienamente solo a fine lettura de “Il futuro di vetro”, quindi incrociamo le dita.

Rispetto ad altre annate è molto più facile individuare un filo rosso nell’intera raccolta, che presenta due grandi nuclei tematici: l’apparizione e la presa di coscienza delle singolarità (il momento in cui una intelligenza artificiale a crescita esponenziale supera in quoziente intellettivo le capacità umane) e i rapporti tra razze aliene al di fuori della classica interazione conflittuale. Sono due tendenze molto gettonate degli ultimi anni, che proprio in questo ultimo periodo si stanno spostando su grande schermo (vedi “Her” e “Transcendence”). Soprattutto nel campo della narrativa breve, molti scrittori hanno un background scientifico di tutto rispetto e traspare piuttosto chiaramente la loro fascinazione e preoccupazione verso un processo nella realtà già ben avviato, un risultato che ci si aspetta arrivi presto e che in letteratura tende a rivelarsi in maniera inaspettata e traumatica. Non manca poi chi ha già riflettuto sul dopo, sulla convivenza tra creatori dall’intelligenza limitata e dagli istinti animali rispetto ai creati, che rimangono loro assoggettati.
Di convivenze forzate si parla nella quasi totalità della raccolta: tra razze umanoidi a diversi livelli della scala sociale, tra umani costretti alla regressione pre-tecnologica da disastri ambientali (filone meno centrale rispetto al passato) e tra razze aliene la cui sfumatura di rapporti con gli umani esce finalmente dal binario del contrasto/conflittualità, senza dimenticare quando l’alieno è un habitat, un’attitudine, più che una vera e propria razza a sé.

ybsfLe firme sono mescolate in un equilibrio tutto sommato riuscito tra nomi grossi, vecchie conoscenze e nuove leve comunque già rodate.
Fermo restando che come risaputo LA ROBA degli Autori ce l’hanno in esclusiva su un’altra raccolta annuale dal titolo molto simile (quella che ospita una marea di gente che ha vinto i riconoscimenti più importanti del giro), il livello medio dei racconti è più che buono. Risultato encomiabile dei due curatori Hartwell e Cramer, considerando che quest’anno i nomi mainstream di sicuro impatto e comprovata bravura sono solo due: Neil Gaiman e Bruce Sterling, senza voler far torto a gente rodata come Gwyneth Jones, sia chiaro.

La Miglior Fantascienza dell’Anno Terzo di Ken MacLeod ★★★★
Un singolo evento ben calibrato sulla lunghezza della storia breve funge da colpo di scena sinistro in un racconto che è anche un ironico ritratto di un gruppo di scrittori di fantascienza. Calibrato fino all’ultima frase. Incantevole l’ambientazione parigina.
Dolly di Elizabeth Bear ★★★
All’inizio l’ho trovato un racconto privo di mordente sull’evoluzione tecnologica degli androidi e delle intelligenze artificiali, poco tempo dopo ho passato l’intera visione del secondo episodio di Almost Human (“Skin”) a rammaricarmi perché non avevano copiato a man bassa da questo racconto.
Assolutamente Altrove di Ken Liu ★★★
Ci vuole qualche pagina per ambientarsi in un futuro tanto radicale, dove l’umanità intera vive sotto forma di algoritmi in un gigantesco data center. Spunto impressionante (forse bisognoso di un formato più lungo per svilupparsi appieno) e solida conoscenza matematico-ingegneristica alle spalle, forse pecca un po’ sul lato umano e familiare.
Vincoli di Mercurio D. Rivera ★★★★
Se non ho capito male, Rivera ha dedicato parecchi racconti ai Wergen, alieni costretti da un legame biochimico ad un amore ossessivo e servile verso ogni essere umano. Fa bene, perché è una pensata geniale, specialmente quando si fonde come in questo racconto con una storia di crescita e con il tormentoso dubbio della protagonista: la sua amicizia con una Wergen è autentica o non ha mai superato la semplice reazione chimica? Se i racconti sono tutti su questo livello, leggerei volentieri la sua antologia “Across the Event Orizon“.
Wahala di Nnedi Okorafor ★★
In un futuro in cui l’uomo ha colonizzato Marte ma ha così inquinato il pianeta da generare delle mutazioni genetiche ricorrenti nella popolazione, parte degli esuli riesce a tornare sulla terra, nel Sahara, dove a millenarie schermaglie tra popolazioni si aggiungono gli scontri causati dai mutati. Sarebbe bello apprezzare il setting africano così diverso dal consueto, ma l’elemento fantascientifico è troppo raffanzonato per suscitare un vero interesse. Il fantasma di Laika di Karl Schroeder ★★★
L’agente russo Gennady vive in un futuro che sembra essersi evoluto verso la catastrofe climatica senza mai superare i blocchi della guerra fredda. In questa allure spionistica tenta di contenere la diffusione degli ordigni nucleari ma finisce per incappare in un segreto che NASA, Google e FBI vogliono mantenere tale. Retrogusto soviet (anche se con qualche svolta scientifica esagerata) per un ottimo personaggio. Schroeder lo ha usato in parecchi racconti, di cui però non esistono raccolte (per ora).
Ragnarok di Paul Park ★★
Futuro post-apocalittico raccontato in forma di saga islandese in versi. Esperimento non male, ma solo se rimane nel ambito del divertissement occasionale.
Sei mesi, tre giorni di Charlie Jane Anders ★★★½
Ennesima variante sul capitolo della divinazione del futuro e delle conseguenze che ha sul processo decisionale di chi possiede quest’abilità. Si tratta soprattutto della storia di una relazione d’amore, con una notevole capacità d’introspezione e analisi delle dinamiche di coppia e con delle sfumature amarissime molto riuscite. Mi ha ricordato in più di un frangente “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” e non può che essere un elogio.

L’oceano sembra capace di perdonare tutto, quasi si possa gettare qualunque cosa nel corpo dell’oceano senza che smetta di amarci, e Judy e Doug si stringono l’uno all’altro come bambini in un rifugio durante la tempesta, e scrutano le onde.

Obediah il disinventore di Neil Gaiman ★★½
Gaiman ormai è un ospite fisso dell’antologia. Anche questo racconto però ha uno spunto brillante (il mestiere del disinventore) all’altezza del suo nome ma sviluppato così velocemente da lasciare non più di una scintilla dietro di sé.
Fuori dal mondo di Judith Moffett ★★ Ancora cambiamenti climatici disastrosi, in un futuro del tutto assimilabile al nostro presente. Carina l’interazione tra l’anziana ecologista e la giovane informatizzata, però è veramente troppo didascalico nel tentare di convertire il lettore.
Atti di pietà di Gregory Benford ★★ Una sorta di Dexter (un serial killer di serial killer) dotato di una gabbia di transflusso che gli permette di cercare gli assassini del passato e “ripulire” le timeline. Fuori tempo massimo lo spunto di partenza e davvero prevedibile la conclusione. Avrei preferito si focalizzasse di più sugli effetti settari delle azioni del protagonista.

Non c’era posto, nel claustrofobico mondo intelligente, in cui si avesse la sensazione di come era stato il mondo quando gli uomini vagavano senza briglie, commettendo cose turpi. Non c’era più spazio per quegli orrori.

L’educazione di Junior numero 12 di Madeline Ashby ★★½
Ennesima variazione sul tema degli androidi costruiti per il soddisfacimento sessuale degli umani, stavolta con una variante perversa: il meccanismo che li blocca e all’estremo li spinge alla distruzione è la sofferenza dei loro padroni organici. Sfuggiti al controllo dei creatori, alcuni vivono e si riproducono clandestinamente, aiutati da clienti che li raccolgono per strada e li sfamano in cambio delle loro prestazioni. In una situazione simile si articola l’educazione di Junior 12, “figlio” dell’androide Javier. Ben scritto, ma non mi ha conquistata.

Lui era sensibile al dolore; gli umani alle proporzioni. Non poteva fare del male all’uomo che aveva di fronte…non con i pugni. Ma il suo stomaco piatto, la chioma folta, la pelle chiara e levigata, avevano esattamente quell’effetto.

Il nostro candidato di Robert Reed ★★★
Intreccio di fantapolitica che riflette sui meccanismi dietro i totalitarismi sempre piacevole da leggere (e con un finale simile a un cazzotto), ma niente di più.
Acqua densa di Karen Heuler ★★★★
Un racconto memorabile che intreccia due tratti classici del genere: la paranoia che si sviluppa nello spazio e l’alieno percepito come minaccia crescente. Su un pianeta sperduto una scienziata coscienziosa vede via via i suoi compagni di spedizione immergersi senza protezioni nell’ambiente alieno e ne osserva i cambiamenti. L’immagine finale di come venga arginata la “minaccia aliena” è di disturbante bellezza.
L’artista di guerra di Tony Ballantyne ★★½
Per gli amanti della fantascienza che sfocia nel racconto di guerra, con una rapida incursione in Italia. Lo spunto dell’artista futurista che sostenta con la sua opera la propaganda è apprezzabile, ma il pompatissimo finale a sorpresa fa il passo più lungo della gamba.
Il signore della voliera di Bruce Sterling ★★★
L’incertezza di questi tempi è tale che i futuri immaginati dagli autori tendono ad essere regressioni tecnologiche fino alle ere più primitive, come in questo caso. La parabola ricca di disperazione di un filosofo intrappolato dalle logiche di oppressione e soppressione di un sistema politico sempre pronto ad essere ribaltato con un colpo di stato, che rende pericolosa anche l’amicizia che un tempo legava il protagonista ai nuovi governanti. Fa piacere rileggere uno dei due autori de “La Macchina della Realtà“.

Il futuro non poteva più permettere al passato di tradirlo.

Casa dolce biocasa di Pat MacEwen ★★★½
In questa raccolta, Pat MacEwen vince sicuramente la palma dell’originalità, con uno scenario del tutto inedito unito a un solido background scientifico. Una donna affetta da iperallergia è costretta a vivere lontano dalla società, in una biocasa realizzata a partire dal suo stesso DNA. La natura “umana” della biocasa però la espone anche ad alcune debolezze biologiche. QUI un’intervista in cui l’autrice racconta la genesi del racconto.
La pietra della solitudine di Michael Swanwick ★★★
Inconsueta ambientazione irlandese per un racconto che ai margini racconta la difficile convivenza della popolazione locale con una razza aliena tanto superiore da essere percepita come dittatrice, anche se non ha nemmeno bisogno di esserlo. In primo piano invece una relazione amorosa fedele a certi stilemi storici e narrativi propri dell’Irlanda. Ricorda talvolta le atmosfere di “Clover” delle CLAMP.

I lepricauni dei cartoni e le canzoni sentimentali e le belle frasi stampate sulle tovagliette da tè, tutta quella roba che ti dava la sensazione di aver perso prima ancora di cominciare, che poco importa cosa fai o cosa sei diventato, perché non arriverai mai da nessuna parte.

La Ki-Anna di Gwyneth Jones ★★★★
Sebbene tra gli esordienti e giovani scrittori si nascondano molte piacevoli sorprese, basta una manciata di righe per sentire la differenza quando arrivi a un’autrice esperta e pluripremiata come Gwyneth Jones. Questa racconto con sfumature investigativo-noir è superbo, così complesso e delicato nell’alludere ai suoi contenuti (e che contenuti!) da richiedere una seconda lettura. Indagine sulla gemella del protagonista morta mentre conduceva ricerche antropologico-scientifiche su un pianeta il cui equilibrio di rapporti tra due specie aliene simbiotiche è stato rivoluzionato dall’arrivo di un’autorità intergalattica.

Eliot Scrisse di Nancy Cress ★★
Il tema della malattia mentale sarebbe un piacevole diversivo in questo tipo di antologie, ma il racconto non mi ha mai veramente acchiappato.

La cosa più simile di Genevieve Valentine ★★★★
Di solito The Year’s Best SF spara le sue cartucce migliori all’inizio, invece questo volume gode di un crescendo entusiasmante sul finale. Si parla ancora di singolarità e AI ma in una cornice di una grande azienda e in un mondo in cui la privacy è sempre più una chimera. La gestione emotiva del triangolo che si viene a formare non lascia per nulla intuire che Valentine sia poco più che un’esordiente. Scrivessero tutti personaggi dalle psicologie così familiari, lo scifi dominerebbe il mondo letterario #einvece

Si è adeguato al fatto che a volte odi le persone con cui lavori e non puoi farci nulla. (Mason ha il sospetto di odiare tutti quanti, e che a cambiare siano solo i motivi.)

Alfabeto vettoriale dei viaggi interstellari di Yoon Ha Lee ★★★½
Mai titolo fu più perfetta sintesi del contenuto di un racconto. Yoon Ha Lee prende in esame i mezzi, le credenze e le surperstizioni di diverse civiltà rispetto ai viaggi interstellari e ne fa una sorta di decalogo. L’unica pecca è che la forma impone appena un accenno per ogni caso preso in esame. Ipotizzando di svilupparlo in un volume con un capitolo a disposizione per ogni caso preso in esame…sto già sbavando.

Il gufo dei ghiacci di Carolyn Ives Gilman ★★★★
Dopo un paio di pagine ho capito di trovarmi di fronte alla stessa autrice di Arkfall, racconto di cui ho un ricordo vividissimo a distanza di anni. Niente da fare, date a questa donna una giovane protagonista e un contesto in cui convivono futurismi e poesia e lei vi tira fuori delle immagini evocative e delle storie toccanti di coming of age. Questo racconto in particolare farebbe venir voglia a Hayao Miyazaki di tornare a fare film animati.

consiglio finale: non scontornate mai astronavi dalle illustrazioni originali se non ne avete assoluta necessità.

consiglio finale: non scontornate mai astronavi dalle illustrazioni originali se non ne avete assoluta necessità.


Lo leggo?
Rimanendo nell’ambito di Year’s Best SF recuperabili in formato ebook legalmente, Nove Inframondi (anno 2009) si assesta ancora una spanna sopra il resto, però non bisogna mai dimenticarsi che si tratta della prima metà di un volume di cui Urania non ha ancora proposto la seconda parte. Il Fantasma di Laika è una bella raccolta in cui il lettore più spregiudicato salterà solo un paio di racconti, il cui titolo varia in base al gusto del singolo, ma ci sono almeno 4 o 5 storie che valgono da sole l’onestissimo prezzo del formato digitale. Qualità molto alta e tematiche meno eterogenee e più moderne rispetto a “Graffiti nella biblioteca di Babele”, in cui si è sicuri di trovare qualcosa di vicino ai proprio gusti ma la cui qualità complessiva è ben sotto quella di questo volume.