Tag
fantascienza, i libri con gli alieni e le astronavi, james tiptree jr, libri col DRAMMA dentro, Psicologia e Psicosi, Urania, Urania Collezione
E sarà la luce di James Tiptree Jr., Urania Collezione 125, 2,99 euro (versione ebook), giugno 2013.
Come lettrice mi ritrovo spesso ad essere più affascinata da fallimenti superlativi, rimanendo invece soddisfatta ma distante da libri sostanzialmente riusciti. Confusionario, contraddittorio, intrigante: difficile incasellare il secondo e ultimo romanzo di James Tiptree Jr. senza cadere in accostamenti per contrasto. Non c’è dubbio che la miglior produzione di Alice Bradley Sheldon (nascostasi per anni dietro uno pseudonimo maschile fino a diventare uno dei nomi forti del rinnovamento nel genere) risieda nelle sue storie brevi, raccolte ancor oggi amatissime che contengono almeno un paio di storie imperdibili a volume. Tuttavia, senza cedere alla morbosa ricerca d’indizi di quanto sarebbe poi successo in uno dei suoi ultimi lavori d’ampio respiro, è proprio “E sarà la luce” a rivelarne le piene possibilità di scrittrice in potenza, in un romanzo pieno di ombre e vaghi presagi che conserva una forza visionaria che va ben oltre i suoi difetti.
Ho avuto di recuperare il romanzo in una delle prime edizione paperback dell’epoca antecedente al fattaccio, perciò ancora scevra da riferimenti fuori luogo e soprattutto con una grafica di copertina meravigliosa (la trovate qui sotto), esempio perfetto di quello stile iconico e pieno di carattere che un tempo i libri fantascientifici vantavano. Oltre ad essere un piccolo cimelio (essendo il tomo più anziano della sottoscritta!) è anche un libro imperfetto e fallimentare che non mi sono pentita per un secondo di aver comprato.
Fin da subito si percepisce il disagio di una grande autrice di storie brevi alle prese con una forma narrativa più lunga, ma non solo: via via che la lettura scorre appare chiaro che Tiptree Jr. abbia ben chiara la sinossi del suo romanzo (in particolare i climax narrativi e il finale) ma proceda a tentoni, senza curarsi dell’economia della narrazione, lasciando dietro di sé parti riuscite e spezzoni che avrebbero avuto bisogno di una sistemata o di essere direttamente tagliati. Sembra quasi un romanzo scritto in poche febbrili sessioni, senza la possibilità di fermarsi a valutare quanto già scritto o pianificarlo a monte.
Questo grande limite però dona al romanzo una veste unica, quella di un racconto sentito e palpitante, in cui si percepisce chiaramente l’urgenza della scrittrice di parlare attraverso i suoi personaggi e le loro visioni di cosa le stia veramente a cuore. Le tematiche portanti sono quelle che hanno reso James Tiptree Jr un’autrice sui generis sin dal principio: l’umanità ritratta in maniera quasi carnale, un sentimento d’amore invariabilmente legato a un presagio di morte, la dimensione spaziale e quella aliena in cui risuonano cupe riflessioni sui desideri e i bisogni dell’uomo in quanto animale e essere spirituale.
Il romanzo è così ricco di spunti e filoni narrativi che farne un sunto che gli faccia giustizia è sostanzialmente impossibile; basti dire che un autore più oculato avrebbe tirato fuori senza troppi problemi un’intera saga dalla singola storia di Damiem, lo sperduto pianeta dove si svolge la storia e dove sopravvive una delicatissima razza aliena, i Dameii, decimati da un genocidio perpetrato anni addietro dagli uomini a fini di lucro. Ora sono gli uomini a fungere da sentinelle su questa popolazione fragile e bellissima di esseri alati d’impareggiabile bellezza. Damiem è anche il punto di osservazione migliore per assistere alle fasi finali dell’assassinio di una stella, un fronte di Nova che creerà nel cielo del vicino pianeta giochi di luce boreali irripetibili. Per l’occasione i tre guardiani dei Dameii ospiteranno sul pianeta una delegazione di ospiti: star del porno minorile, scienziati, curiosi, una donna alla ricerca di un miracolo per la sorella in stato comatoso e alcuni passeggeri non previsti. Nel corso di una singola, lunghissima giornata, questo incipit alla 10 piccoli indiani nello spazio si trasforma in un dramma pieno di picchi narrativi e colpi di scena, mentre la stella assassinata muore nel cielo e alcuni dei misteriosi ospiti muoiono su Damiem.
Sebbene il romanzo sia affollatissimo e ci voglia un bel po’ prima che Tiptree Jr disponga tutti appropriatamente su Damiem, lasciando intuire che ciascuno ha qualcosa da nascondere, una volta sistemata la lunghissima introduzione di ogni singolo visitatore, il libro conosce un primo, bellissimo culmine, proprio all’apice del fenomeno astronomico in questione. Sebbene qualche rivelazione sia intuibile, il dramma legato ad alcuni risvolti e la crudezza di alcune scene rendono memorabile la cruenta parte centrale del romanzo.
Purtroppo l’autrice fatica un po’ ad uscire da questo primo picco spiegando razionalmente chi abbia fatto cosa e come, però questo passo falso è giustificato dal secondo, tremendo culmine narrativo che arriva proprio sul finale, forse meno visivamente potente rispetto al predecessore, ma che dimostra la bravura manipolatoria di Tiptree Jr. Proprio in chiusura l’autrice tinge il suo bellissimo titolo (un verso di A Litany in Time of Plague di Thomas Nashe) di un valore opposto all’iniziale:
Beauty is but a flower
Which wrinkes will devour;
Brightness falls from the air,
Queens have died young and fair,
Dust hath closed Helen’s eye.
I am sick, I must die.
Lord, have mercy on us!
Nell’intero romanzo regna il medesimo senso di precaria bellezza e incombente decadimento del corpo e dello spirito di questi versi, in maniera talvolta lirica. Il ribaltamento di prospettiva sui Dameii e il terrificante epilogo destinato all’unica guardiana donna del pianeta sono sicuramente gli aspetti meglio riusciti e più memorabili del libro. Senza spoilerare troppo, le tinte fosche che assume Damiem a fine romanzo dopo essere stato per tutto il tempo una sorta di Eden ritrovato a prezzo del sangue, dicono molto della visione di Tiptree Jr. che trova il suo messaggio più forte proprio nell’allusione sospesa con cui chiude la vicenda. Un dubbio lacerante distrugge quanto di bello e puro il romanzo aveva creato, processo ricercato intenzionalmente dall’autrice.
A braccetto con la terribile arma che viene utilizzata contro l’unica guardiana dei Damiem e con l’intero discorso degli attori minorenni pornografici, potentissimo ma relegato ai margini della storia -in sostanza il regista che ne pianifica le performance sessuali in stile reality per poi venderne i filmati passa dall’essere aguzzino ad essere un salvatore per queste giovani anime perdute che hanno come unica chance di sopravvivenza la propria avvenenza in un universo in cui si è regolarizzata persino la pornografia infantile-, si ha la costante percezione che nel sottosuolo scorra un filone politico e sociale a cui le radici del romanzo riescono a giungere solo a tratti, alternandosi con le vicende più o meno riuscite di personaggi uniti da un destino di sofferenza interiore inestinguibile.
But I never, I’m not the crying type.”
“Everyone is the crying type, my love, if it hurts bad enough. And I gather this does.
Lo leggo? Non posso davvero consigliare di partire da qui per fare la conoscenza di James Tiptree Jr., autrice di alcune delle storie brevi a fondo fantascientifico più belle di sempre. Tuttavia in italiano per ora è facilmente reperibile solo questo volume, che può essere un buono spunto per comprendere, in potenza, cosa possa combinare quest’autrice quando si trova nel formato narrativo a lei più consono.