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Abe Hiroshi, c'e' anche un po' d'Italia, Costumismi, FEFF, Giappone, Ho visto la gente nuda, kitsch imperiale, Mari Yamazaki, peplum, Tucker Film, Ueto Aya, voice over molesto

Thermae Romae nasce da un manga di Mari Yamazaki (edito anche in Italia da Star Comics) ed è la summa dell’idea di comicità giapponese incastonata in una storia stramba e piena di gag. Non solo, questa pellicola è anche la degna erede dei peplum storicamente fantasiosi e invariabilmente pacchiani della Hollywood d’annata, tanto che il film è stato girato a Cinecittà, perciò abbiamo anche un bel c’è anche un po’ d’Italia da piazzare subito, Mollica style. Potete già percepire la sottile sfumatura di pacchiano che sta per colorare questo post, vero?
Il film si nutre dello spunto geniale della Yamazaki, sfruttando buona parte delle sue gag per presentare Lucius Modestus, un architetto dell’antica Roma imperiale in piena crisi creativa. Sogna di costruire bagni termali che arginino il lento degrado del popolo romano, ma i suoi progetti sono troppo classicheggianti per piacere alla committenza. Questo finché attraverso uno strano gorgo nell’acqua termale sbuca in un bagno pubblico dell’odierno Giappone, che crede una lontana terra di schiavi, “il popolo dagli occhi allungati”. Ovviamente i fraintendimenti e le gag seguono a ruota, così come la fama di Lucius, che “copia” quanto visto nei suoi viaggi fino ad entrare nelle grazie dell’imperatore Adriano.
Gran parte del merito, oltre che a una produzione che ha davvero creduto al progetto e, a occhio, ci ha messo un bel po’ di soldi per andare in trasferta, va attribuito a Abe Hiroshi, che si sobbarca il delicato compito di sembrare un antico romano credibile. Sicuramente il suo fisico statuario -inquadrato abbondantemente e quasi integralmente- dà una mano, ma è la sua interpretazione a convincere davvero, il suo stupore e l’erronea comprensione di un mondo legato al suo solo dall’amore per i rituali termali.
Ahimé, lo stesso non si può dire di Ueto Aya, l’imbranata compagine femminile aspirante mangaka (una sorta di versione fittizia della stessa Yamazaki), caruccia sì, ma inabile a recitare come l’attrice media di fiction italiana, che René Ferretti definirebbe…lo sapete. Così nel secondo tempo, quando le battute sui tecnologici wc giapponesi e altri improbabili gadget per il bagno vengono meno, la storia risulta affaticata e perde di ritmo, complice una vena romantica che funziona poco, vuoi per una scrittura meno attenta, voi perché Ueto Aya è veramente pietosa. Per fortuna il film è pieno di caratteristi all’altezza. Come non adorare la pacchianeria del tenore finto Pavarotti che inframezza i passaggi da un’epoca all’altra (per non parlare dell’utilizzo criminale di brani d’opera A CASO, perché fanno così Italia) o gli improbabili antichi romani interpretati da giapponesissimi attori (in testa un’Adriano orientaleggiante ma saggio ed elegante come l’originale) che popolano il film?
Takeuchi Hideki (che aveva già diretto Nodame Cantabile) non è certo il regista giapponese dallo stile più originale o incisivo, ma in questo caso la sua regia che concede pochissimo agli stilemi stilistici dei drama giapponesi (se chiedete a me sono IL MALE ASSOLUTO) consente a un film dalla comicità molto giapponese di non risultare troppo respingente verso il pubblico occidentale poco smaliziato, assumendo uno stile piuttosto sobrio. Per quanto si possa essere sobri girando un film in una Cinecittà invasa dalle comparse ma capeggiata da un manipolo di giapponesi in tunica, intendo.
Ci shippo qualcuno? Sicuramente sì, però lasciatemi dire che io amo Adriano con l’eyeliner e il coccodrillo patacco alla follia.
Tenore amore assoluto. Io il film ho avuto la fortuna di vederlo durante una proiezione in lingua originale sottotitolata al Lucca Comics & Games 2012, la sala ha rischiato più volte la morte dalle risate (specie durante i viaggi spazio-temporali)
Verissimo che la parte più forte del film sia quella in cui lui casca continuamente nei bagni del Giappone moderno, il finale sulle magie dello spirito di gruppo dei giapponesi vs i romani individualisti che spingono i sassi tipo stercorario lascia un po’ il tempo che trova (anche se RISATE).
Vorrei anche sottolineare una caratteristica ricorrente tipica dei film/drama giapponese che anche qui viene proposta a badilate: il voice over ovunque per trasporre i pensieri del manga. Credo che Abe Hiroshi non si sia dovuto imparare manco una battuta, avrà aperto la bocca per parlare forse due volte. Capisco che gran parte delle risate in sala si scatenano in seguito a quello che lui pensa del repertorio da bagno moderno, ma due ore di voce fuori campo e uomo muto in scena sono decisamente troppo.
Giappo!Adriano e il coccodrillo di plastica: capolavoro.
Ahimè, la tag “voiceover molesto” gode sempre di ottima salute.
Devo dire che nonostante condivida tutti i limiti da te sottolineati, per me è stata una piacevole sorpresa (tizia incapace a parte). Purtroppo la prospettiva da qui è distorta: seguendo un pugno di registi anticonvenzionali si tende a dimenticare il baratro del film medio giapponese, roba tremenda per contenuti, tecnica e messaggi.
Un po’ come vedere i vari Sorrentino, Garrone e Virzì all’estero e trarre la conclusione che: “minchia, il cinema italiano è tutto *bellissimo*!”
Argh, mi ero persa la tag così puntuale!
Comunque sì, anche io mi sono divertita parecchio e non sono pentita di essere andata al cinema a vederlo. Tizia a parte. XD