Tag

, ,

wfa pDopo il lungo excursus dedicato alle nomination dei principali premi rivolti alla fantascienza letteraria (QUI) e la marcia trionfale di “Ancillary Justice” verso la vittoria di qualsiasi cosa, spendo qualche minuto a parlare della controparte fantastica, incarnata tra gli altri dal World Fantasy Awards (WFA), premio tardivo che ha pubblicato le sue nomination oggi e verrà assegnato il 9 novembre, durante l’omonima convention a Washington.
In realtà sono molto più ferrata in ambito SF, ma quest’anno il sestetto finale presenta ben tre vecchie conoscenze viste già ai Nebula Awards, quindi si tratta di presentare solo un paio di novità e spendere qualche riflessione veloce sulla scelta operata. E sì, ovviamente volevo mettere la fotina del testone di Lovecraft, una delle statuette più bizzarre di sempre.
Innanzitutto va chiarito che rispetto ai cuginetti Hugo e Nebula, il WFA ha un processo di selezione un attimo più rigoroso, con gli iscritti alla convention che nominano i giudici tra un gruppo di figure considerate esperte del settore, che a loro volta scelgono i titoli da nominare e premiare. Tradizionalmente questo sistema ha consentito al premio di privilegiare titoli di qualità di piccole realtà editoriali, lasciando ai cugini SF l’onere di occuparsi dei titoli più popolari. Il deragliamento verso un certo fanatismo degli Hugo Awards è testimoniato dalla distanza delle sue scelte da quelle del WFA, che invece finisce per replicare buona parte di quanto già visto ai Nebula Awards, sempre considerando che i WFA sono molto più stringenti sul genere rispetto agli altri due (dove ormai, ammettiamolo, è più o meno anarchia).

the oceanTra i titoli già nominati al Nebula, troviamo l’onnipresente Ocean at the End of the Lane di Neil Gaiman.
La trama è sempre quella: il protagonista torna ormai adulto nel Sussex per un funerale. Nel vortice dei ricordi si ritrova nei pressi della fattoria in fondo al sentiero dove viveva Lettie, una ragazzina affascinante che chiamava il laghetto accanto a casa “oceano”. Partono i flashback.
Permangono anche le mie perplessità circa una scelta sicura di una grande firma del genere sì, ma con un romanzo che ha suscitato ben più di qualche perplessità nel suo stesso fandom, che lo ha accusato di aver pescato nello spesso laghetto delle sue precedenti opere, finendo per tirar fuori un libro ripetitivo e un po’ inutile. Tuttavia il nome in copertina conta sempre. La mia impressione però è che tra i tanti ritorni di autori fantasy affermati di quest’anno ci fossero opere ben più riuscite, ma penalizzate dal fatto di non essere un volume unico, bensì parti di lunghe serie che hanno già conosciuto il loro picco.
Pubblicato in Italia sulla collana strade blu di Mondadori.

olondriaUn titolo che si dimostra sia una bella sorpresa sia una gradita conferma è A stranger in Olondria di Sofia Samatar, che ottiene una doppia nomination grazie a una storia breve. Questa è una scelta in classico stile WFA: casa editrice piccina, autrice esordiente, qualità del testo medio alta e indubbia originalità, almeno stando alle recensioni più che positive che ha raccolto. La verità è che sono davvero curiosa di leggerlo ma ho bisogno di uno stimolo per soprassedere a questa copertina che sembra tanto una fan art brutta di “12 anni schiavo”.
La trama: Olondria è un luogo raffinato e incantevole, con le cui leggende Jevick è diventato grande. Nell’assumere il controllo delle attività di mercante del padre, decide di recarvicisi di persona e la visita non delude le sue aspettative. Rimane però invischiato nello scontro tra i due più potenti culti dell’impero, perseguitato dal fantasma di una ragazzina analfabeta di cui è costretto a scoprire la storia per potersene liberare.
Prevedibilmente non esiste un’edizione italiana di questo tomo.

golemTerzo titolo in comune con i Nebula, The Golem and the Ginni di Helene Wecker, che sto cominciando a sfogliare proprio in questi giorni! Yay, quest’anno sono così sul pezzo (not). Altro esordio di cui si è parlato bene con possibilità di crescita per l’autrice (a quanto pare qualche ingenuità nelle quasi 600 pagine del tomo c’è), forse il più accessibile per il pubblico generalista. I protagonisti sono due creature fantastiche, un golem e un genio, che sotto sembianze umane si aggirano per la New York di fine Ottocento, in un romanzo che mescola elementi storici e magici. Di più non so e non voglio spoilerarmi, ma vi farò sapere presto, promesso.
L’edizione italiana è a cura di Neri Pozza che, vi ricordo, sostiene di non pubblicare letteratura di genere fantastico, fufufufu.
La mia recensione QUI

wfa1Il primo dei due titoli meno scontati è praticamente un “cosa, scusa?”, almeno per me. Da dove lo hanno tirato fuori Dust Devil on a Quiet Street di Richard Bowes? Uno sguardo alla copertina, ai font utilizzati e alla cronica carenza di informazioni a riguardo conferma il mio sospetto: piccola casa editrice, autore non giovanissimo già intravisto con storie brevi ma a cui non è ancora riuscito il salto di qualità.
Le perplessità però finiscono quando si arriva alla trama, perché sembra davvero incredibile: il libro è una sorta di memoir dell’autore stesso e del Greenwich Village (ancora NY!) dove ha vissuto, con fortissimi innesti fittizi fino ad arrivare alla svolta fantastica, quando dopo l’undici settembre si apre un varco che permette ai fantasmi e agli spiriti dei morti di tornare nei luoghi dove hanno vissuto e comunicare coi vivi, in un’atmosfera urban fantasy dove si alternano tinte melanconiche e horror. Dove si era nascosto questo libro fino ad adesso!? I pochissimi che lo hanno letto ne parlano un gran bene. A me suona tanto tipo “Among Others” di Jo Walton, la storia palpitante di magia e vicende autobiografiche.
Nessuna edizione italiana all’orizzonte.

wfa2Di questo A Natural History of Dragons: A Memoir by Lady Trent di Marie Brennan invece mi ricordo abbastanza bene e sarebbe ben difficile il contrario, dato che ha una copertina della madonna.
Primo volume di una serie dalla lunghezza ancora imprecisata (al momento 2 tomi), è una sorta di delizioso miscuglio tra novella vittoriana di una giovane fanciulla inglese che fa si disperar la madre per la ricerca di un marito e PAM, draghi! Isabelle è una naturalista letteralmente ossessionata dai draghi (troppe merendine kinder da piccola, temo), che se ne va in giro col paziente e altrettanto appassionato marituccio a cercarli e studiarli. Awww assicurati.
Mi è parso di capire che le premesse sono gradevoli ma qua e là la figura di Isabelle sia un tantino poco credibile nell’Inghilterra del periodo, anche se popolata da draghi (che dicono vedersi pochissimo). Non importa, sono contenta di poter sfoggiare una copertina tanto bella sul blog.
Nessuna edizione italiana per ora.

WFA3Ultimo titolo di questa selezione e poco bisognoso di presentazioni, The land across di Gene Wolfe, il più famoso del sestetto ad esclusione di Gaiman e probabilmente il più ammirato dai colleghi SF e F. Ironia della sorte, proprio sulla copertina l’esimio collega sostiene che Wolfe sia “possibly the finest living American writer“. Ah.
Non proprio un giovincello (classe 1931), Wolfe tira fuori un libro lontano dalla sua confort zone fantascientifica e decisamente più divertito, in cui uno scrittore americano di guide turistiche cerca un angolo ignoto da recensire e finisce in un misterioso paese europeo dove gli confiscano il passaporto e lo arrestano per non averlo (no, tranquilli, non è ambientato in Italia). Da qui il poveretto finisce in un vortice di corruzione, burocrazia, violenza e episodi sovrannaturali, che si rivelano essere il meno peggio della lista (sì, sono sicura, non è ambientato in Italia). La critica non è stata pienamente convinta da questo libro, ma a pesare sempre essere il confronto con i suoi tomi più seri ed impegnati dello stesso autore. Letto così però sembra l’ennesima buona scelta degli WFA, un thriller con il tocco magico che non ti aspetti.
Idem come sopra.

Tutto sommato a mio parere quest’anno le nomination sono davvero buone, un giusto mix di generi differenti, autori ed editori di spicco e piccole realtà che hanno bisogno solo di visibilità, perché la qualità c’è già tutta, con un occhio di riguardo per i debutti. Voi che ne dita?