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Gardy the problem solver, il disperato urlo silenzioso della fangirl in incognito, Paolo Bacigalupi
Ci siamo, siamo pronti, siamo carichi e abbiamo una wifi con cui tenere aggiornati chi non è potuto essere qui all’evento settembrino per i lettori di fantascienza italiani: la conferenza di Paolo Bacigalupi, autore di “The Windup Girl”, portato in Italia con il titolo “La ragazza meccanica” da edizioni multiplayer.
State per leggere *in diretta* il mio report dalla conferenza che Paolo Bacigalupi terrà alla libreria OPEN di Milano tra pochi minuti. Sempre che non mi colga un attacco di fangirlite e vanga allontanata dalla sicurezza, ovvio.
Cominciamo.
Informazione gossipara preliminare: Paolo Bacigalupi dà subito l’idea di uno scrittore alla mano, gentile e super disponibile. E non lo dico solo perché mi ha autografato il volume inglese, lo giuro.
Il dettaglio che scatena profonda ammirazione: indossa una maglietta con l’illustrazione di copertina di Fahreneit 451. Idolo.
Manca poco. Prova prova prova dei microfoni. Obiettivo quasi raggiunto, le sedioline presenti sono quasi tutte occupate.
Si parte con una breve introduzione a “La ragazza meccanica”, fronte su cui siete già stati ampiamente aggiornati dalla sottoscritta, giusto?
Domanda: Paolo, trovi nella Thailandia di oggi temi particolari che ti hanno spinto ad ambientarlo proprio in quella nazione? O poteva essere ambientato altrove?
PB: Avevo tentato di ambientarlo in Cina, avendoci vissuto e parlando il cinese, ma non ha funzionato. La Thailandia ha una storia unica di resistenza all’Occidente e al suo controllo, ha mantenuto la sua indipendenza. Volevo scrivere una storia sulle corporazioni alimentari, ho pensato che questo setting potesse rispecchiare bene il tentativo d’indipendenza rispetto a queste realtà, ma nel futuro. Ho dovuto fare un sacco di ricerche per fare in modo che il libro “suonasse” autenticamente thailandese.
Sono andato in giro per i mercati thailandesi per cercare frutta autoctona, una varietà unica: così mi sono imbattuto nel ngaw, un frutto che sembra una creatura marina, un alieno. Appena visto, ho deciso che sarebbe rientrato nella trama del libro. Si tratta del frutto che Anderson scopre nelle prime pagine del libro.
Domanda: Hai trovato nel romanzo di Bacigalupi delle corrispondenze con la situazione politica attuale, tu che sei un esperto conoscitore dell’estremo oriente?
Corrado Ruggeri (Corriere della Sera): Innanzitutto un complimento a Bacigalupi, perché qua e là si respira davvero il mondo thailandese, si vede che è stato a contatto con la popolazione, per esempio nella concezione “napoletana” del tempo (lo faccio forse oggi, forse domani).
La Thailandia è un paese che si sente libero, perché non è mai stato invaso. Le caratteristiche politiche e culturali descritte da Bacigalupi sono vere, così come il fatto che il futuro del Paese è deciso a corte. Anche oggi l’anziano Re della Thailandia è quello che prende le decisioni essenziali, a corte. Al potere c’era una figura simile a un Berlusconi, un uomo politico un po’ populista che è riuscito a vincere tre volte le elezioni. L’ultimo colpo di stato militare ha di fatto cancellato la democrazia nella nazione. Come nel libro, anche in Thailandia la famiglia reale ha una principessa molto amata, ma c’è anche un erede poco amato, stravagante, arrivato a nominare nell’esercito il suo cagnolino. I bordelli a cielo aperto dove lavora Emiko, anche quello ha un fondo di verità. Vorrei tornare poi su questo personaggio femminile.
Domanda: La figura di Emiko, determinante per il romanzo, è un organismo geneticamente modificato. Il suo personaggio è modellato sull’idea occidentale dell’Oriente, stile geisha, immaginario molto limitato di vedere la realtà orientale: hai giocato con questo stereotipo?
PB: C’è molto da dire a riguardo. Per me era importante indagare cosa noi pensiamo sia naturale. Mi sono rapportato con questo quesito parlando del cibo, dell’ibridazione delle piante naturale e degli OGM. Anche la figura dei cheshire cat è una riflessione su quanto l’innocente idea di dare il potere dell’invisibilità a un gatto per il compleanno di un bimbo possa rivelarsi una pessima idea, tanto da portare all’estinzione dei gatti odierni.
Paolo non ricorda come in inglese abbia definito i “memofogli”. Paolo, manco io, e l’ho riletto un paio di mesi fa, tu l’hai scritto anni fa, quindi. Accenno al suo nuovo libro, “The doubt factory”.
Emiko si inserisce in questa riflessione inizialmente come la classica prostituta dal cuore d’oro, ma pensando a lei volevo raccontare la storia di qualcuno a cui nessuno presta attenzione, senza alcun potere, inerme e irrevelant (alla Person of Interest NdGardy). Nel libro voglio che il lettore la pensi allo stesso modo per molto tempo, prima che scopra che è il cardine del racconto, il personaggio fondamentale della vicenda.
Domanda: Luca Vezzoso è un fotografo che si è innamorato della Thailandia e del cibo thailandese, a cui ha dedicato le foto esposte oggi. Anche nel romanzo i grandi, tipici mercati che vendono cibo da strada svolgono un ruolo importante. Secondo te c’è una connessione con il mondo di intendere il cibo in Italia?
Vezzoso: Sì, deve essere buono, come in Italia! Io amo le spezie, amavo il thailandese prima di recarmi laggiù. Bisogna superare il primo impatto con una realtà diversa, in cui il cibo convive con lo sporco, i ratti, però la magia del viaggio ha reso possibile questo avvicinamento, ho sempre mangiato thailandese.
Insomma, nelle 4000 foto che ho scattato, più della metà ritraevano baracchini che vendono street food.
Nota: sono appena tornato dalla Thailandia e in molti sono contenti del colpo di stato, che ha ridotto la corruzione e sbloccato molte situazioni economiche critiche.
Battibecco, alcuni non sono d’accordo con questa interpretazione così positiva.
In Thailandia si mangia sei volte al giorno e il più, ma piccole porzioni di cibo molto magro, condito con spezie che insaporiscono ma anche drenano il corpo, perciò sono molto magri. C’è un rapporto carnale con il cibo, che forse in Italia si è un po’ dimenticato. In Asia la rincorsa al biologico non c’è, il rapporto col cibo è molto immediato, diretto.
Domanda: Nel romanzo molti personaggi, tra cui il protagonista, sono personaggi negativi, ma non mancano eroi positivi, anche se tutti sono umani. Gli eventi e la loro crescita portano ad un’apostasia, a un cambio di fazione inaspettato per molti di loro. Quanto era pianificato, quanto ti sei fatto trasportare dalla trama?
PB: Era pianificato attentamente sin dall’inizio della stesura. I lettori stavano per entrare in un mondo diverso, alieno, perciò volevo un eco familiare per ambientarsi nel mondo del futuro. Anderson è lì per i lettori occidentali, che lo seguono nell’esplorazione di questo mondo esotico, mentre Honk Seng è visto attraverso i suoi occhi, un orientale che trama nell’ombra, così come Jaidee e Kanya, comprimari che ho preso dai romanzi detective: la coppia di poliziotti, lui positivo lei più amara, più dura. Anche Emiko è uno di questi topos, la prostituta dal cuore d’oro. Così si hanno diverse prospettive su Bangkok: quella dei poveri e dei ricchi, quella dei nativi, quella dei rifugiati, degli occidentali affaristi. Hok Seng è uno dei personaggi che finisce per avere uno sviluppo davvero inaspettato, ero interessato a scrivere un romanzo che seguisse questa svolta, seguendo questi personaggi.
Per seguire il tutto, mi ero fatto proprio una mappa cronologica sul muro, una sorta di partitura musicale in cui segnavo i movimenti dei personaggi sulle varie linee temporali, per capire dove è z mentre x fa y.
Domanda: Trovi che Emiko sia davvero asiatica, basandoti sulle tue conoscenze, sui tuoi viaggi? Parte come un ruolo stereotipato, mentre poi è molto sfaccettata, forse difficile da cogliere per un occidentale.
Ruggeri: Durante il mio viaggio di nozze venni portato in un grande locale chiamato Pegasus, che ha bancone, karaoke e…un bordello. Io con mia moglie parlai con le ragazze bellissime che lavoravano lì e vennero fuori storie assolutamente umane e rispettose, molto oltre lo stereotipo della ragazza thai che si vende in città. Storie reali, concrete, di ragazze che si prostituiscono per pagare le cure ai genitori, per mantenere una famiglia. C’è un tempietto a Bangkok dove le ragazze portano in offerte e cercano di purificarsi, perché sono coscienti delle implicazioni del loro lavoro.
La donna orientale è una donna gentile e dolce, “costruita per obbedire” come Emiko, ma fino a un certo punto. Sono anche coraggiose, intrepide, impegnate, capaci di badare alla famiglia. Emiko è piena d’aspettative per un mondo migliore in cui la donna avrà un ruolo centrale.
Domanda: Nel romanzo c’è questa descrizione di un uomo occidentale che si ritrova in un vero altrove, molto più marcato rispetto per esempio ai Paesi arabi. Anderson è uno spettro, lo stereotipo asiatico del cattivo occidentale arrivato per imporre regole e limitazioni. Vezzoso, hai vissuto questa sensazione? Hai avuto la stessa percezione “occidentale” della realtà thailandese?
Vezzoso: Dipende se ci si reca in Thailandia per viaggiare, lavorare o altro. Farang è la parola che significa straniero, ma non è negativa (come invece gaijin in Giapponese NdGardy). Io però mi sono innamorato della cortesia e del rispetto della gente prima ancora dei colori e dei paesaggi del luogo. L’ambiente e la popolazione ti proteggono, sono disposti ad aiutarti. Stando molto a contatto si scopre che è sì il popolo del sorriso, ma non bisogna mettere un piede in fallo. Molto difficile è integrarsi davvero come farang nel mondo thailandese. Non ho ancora capito cos’è la Thailandia ma sento che si sta muovendo.
PB: Bangkok è un crocevia nel sud est asiatico e questo mi ha molto colpito e perciò è molto centrale nell’idea di un’economia globale, di un mondo globale. Inoltre ha altri elementi per me importanti: per esempio una città a livello del mare, perfetta per me che sono molto interessato al cambiamento climatico. Voglio dire, è una città costretta a pompare l’acqua della falda perché stanno letteralmente affondando, un crocevia acquatico dell’impatto che il cambiamento climatico potrà avere sul nostro mondo. Perciò è moderna, futuristica in questo senso.
Poi la gente thailandese è così gentile, ospitale che quasi ero spiaciuto di descrivere un futuro disastroso e distopico per la nazione, senza avere una possibilità di mostrare tanti aspetti positivi, perché la popolazione nel romanzo è costretta a fare cose terribili per sopravvivere. Mi sento un po’ in colpa!
LE DOMANDE DAL PUBBLICO
PB: Hok Seng è un uomo cinese malese portato dalle pulizie etniche a vivere a Bangkok, un rifugiato ossessionato dal riprendersi tutto ciò che ha perduto, la famiglia, il successo, la stirpe. Nel libro cerca proprio di fare questo. In realtà è uno dei miei personaggi preferiti.
Domanda: Nel romanzo non ci sono molte energie rinnovabili. c’è un motivo?
PB: Sì, era voluto, non come previsione per il futuro, era solo una scelta letteraria, volevo concentrarmi sulla percezione del cibo come unica risorsa d’energia, un mondo claustrofobico in cui la caloria è ciò da cui deriva ogni forma d’energia. Il cibo è energia, che diventa energia cinetica, anche con chinomolle. Tutto quello che vuoi fare nella vita dipende dalle grandi compagnie caloriche. Però ho messo anche il carbone, perché è una scelta facile, economica ma con le ricadute peggiori, la più inquinante. Il carbone rappresenta in un certo modo la catena decisionale politica veloce ma sbagliata. E volevo anche i megadonti (elefanti giganti), ovviamente perché sono fighi.
Domanda: La sua reazione al tipo diverso di copertina? In quella italiana c’è Emiko, nell’originale la città e il megadonte. Quale sente più vicino al romanzo.
PB: Adesso vi rivelerò la mia meschinità: mi piacciono le copertine vendono di più. Penso che la copertina americana evochi un’immersione in una realtà diversa, in quella italiana mi piace il design che suggerisce molti temi, quella del diritto d’autore, alla commercializzazione, alla proprietà, il codice a barre sulle labbra della ragazza. Le terrò entrambe nella libreria.
Domanda: Quanto il carattere dei personaggi si è sviluppato sulla tua mappa e quanto era pianificato dall’inizio?
PB: In alcuni momenti sono stato sorpreso da alcuni eventi che hanno preso una piega inaspettata rispetto a quanto pianificato, perciò ho dovuto rivedere il libro sulla base di questi cambiamenti. Il momento di svolta ed Emiko e Jaidee, ero shockato dalle loro scene, non me lo aspettavo, ma sentivo che erano “giuste”, ero un po’ spaventato ma ho continuato a scrivere. Amo il fatto che scrivendo i personaggi siano capaci di sorprenderti, anche se tu dovresti avere il controllo totale in quanto scrittore.
Ero interessato ai fantasmi, perché sono centrali nella cultura thai, nella cultura buddhista i fantasmi sono percepiti come reali. Quando attraversi una frontiera tra nazioni, cambia anche la percezione della realtà.
Domanda: Come è cambiata la sua percezione del romanzo a 5 anni dalla sua uscita, quando venne accolto come rivoluzionario? Pensa di scrivere ancora libri adult (ultimamente ha scritto molti young adult NdGardy)?
PB:Non pensavo di scrivere qualcosa di così innovativo, pensavo di scriverlo perché mi piaceva, sono stato sorpreso da come è stato accolto come “innovativo”. Vorrei vedere più scifi che parli delle domande del presente, ha molto da offrire avendo uno sguardo sul presente parlando sul futuro.
Sì, mi piace scrivere per diversi tipi di pubblico, in base a chi si rivolge la mia storia.
“The water knife” sarà il mio prossimo libro per adulti, uscirà a maggio del 2015. Parla della scarsità d’acqua, di una guerra dell’acqua tra Phoenix e Las Vegas. La storia di una città che si era organizzata e di una che non l’aveva fatto. Ispirato dal comportamento dei nostri politici americani e in particolare di Rick Perry, del Texas, che non ha idea di quello che fa.
A seguire c’è stato un piacevole aperitivo thai, curato dalla food blogger di A Thai Pianist, che vedete nella foto qui sopra.
Bellissime le due domande postate finora.
Ti invidio quasi quasi per esserci stata.
Report molto interessante.
In generale molto bello questo blog, l’ho scoperto da poco ma mi sto leggendo con piacere quasi tutte le recensioni, specialmente librarie, che hai scritto.
Grazie mille. ^-^
In generale è stato un incontro di piccole dimensioni, ma molto interessante nei contenuti.
Figurati.
Ammetto però che leggendolo mi sono un po’ mangiato le dita, avendo io perso l’occasione di vederlo a Mantova. Sono vagamente roso dal tarlo dell’invidia 😉
PS. non c’entra nulla, ma è bellissimo l’articolo su “Neri Pozza e le pummarole”, un paio di volte mi sono ritrovato a rischiare il soffocamento per trattenermi dallo scoppiare a ridere in mezzo all’ufficio…