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hfjOhhh, da quant’è che i titolisti italiani non prendevano una frase innocua come “The hundred-foot Journey” e la trasformavano in uno di quei titoli #AmoreE? Non da tantissimo in effetti, ma è comodo sapere che ti aspetta un cinemozioni5 all’ennesima potenza ancora prima di metter piede in sala. Pazienza se poi per ogni film bisogna ricordarsi due titoli e nelle versioni italiane si somigliano tutti, finché c’è amore (o cuore) gli amanti delle commedie romantiche più stucchevoli andranno sempre a colpo sicuro. Che lungimiranza!
Basandomi sul mero titolo Amore, cucina e curry e Helen Mirren in locandina azzarderei: una commedia romantica enogastronomica col spunti gerontofili e un coefficiente d’indianume per me già quasi insostenibile. Di quanto ho sbagliato?

Niente, è il fottuto riassunto del film, né più né meno. Non importa che dietro la produzione ci siano rispettivamente Steven Spielberg e Oprah Winfrey, nomi importanti ma che con il romanticismo ci azzeccano poco niente, non conta che il film sia puntuale nel trasformare ogni piatto in una ripresa di puro food porn un filo esotico.
Anche soprassedendo al razzismo soft dei casinari immigrati indiani che aprono un ristorantino economico proprio di fronte a un lussuoso locale di gastronomia francese gestito da un’altezzosa e testarda signora francese (interpretata dall’inglesissima Helen Mirren), il problema principale di questo film è che tenta di cavalcare l’onda dell’ossessione gastronomica che impera in ogni media senza avere uno straccio d’idea originale con cui giustificare la propria esistenza.

Immagino che un po’ di colpe le abbia lo Richard C. Morais, scrittore del romanzo a cui il film sembra rimanere abbastanza fedele. Ahimé, Morais non è la Harris (che si può dir tutto tranne che non sappia anticipare i trend letterari) mentre Lasse Hallström è sempre Lasse Hallström, ma privo dell’approccio fresco e sensuale che aveva reso la regia di Chocolat una gradita sorpresa e un successo commerciale non indifferente. Vorrei sottolineare anche l’approccio pigrissimo e facilone di andare a ripescare il regista di “Chocolat” (peraltro impegnato in tutt’altro tipo di prodotto) data l’affinità delle due storie. Cos’è, dopo il type casting si fa largo anche il type directing?

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Non che non sia una pellicola gradevole, anzi: a chi piace uno dei tre temi portanti (cucina etnica, romantica guerra tra i fornelli, coppia gerontifila di contorno) lo consiglio senza riserve, e anche la resa scenografica del piccolo paesino francese in cui è ambientata la vicenda è graziosissima, ancorché stucchevole, presentandosi come l’equivalente dei paesini italiani nei film americani.
Il problema è proprio che il film non ha un guizzo che sia uno, rimane lì a seguire il canone tracciato, ripetendo pedissequamente quanto venuto prima, tanto che per ogni scena è possibile trovarne una identica in una commedia romantica degli ultimi dieci anni. Invece in questo campo c’è ancora qualcosa da dire, come ha dimostrato una pellicola piccola ma spiazzante come “Julie e Julia”, che però aveva dalla sua una trama tutt’altro che banale e uno sguardo già critico per la mania del food blogging.

Ho già esaurito le cose da dirvi, perché ci tengono a voi e soprassederò i dettagli più stereotipati riguardanti la famiglia indiana. L’unica vera sopresa del film è Charlotte Le Bon, un’attrice di una francesità adorabile, gentile ma ferma. Peccato che il suo apporto frizzante e dolce venga completamente vanificato da un film che a un certo punto si dimentica di lei per mettere al centro la storia del protagonista maschile, salvo poi ripescarla con una svolta che ne svilisce il personaggio ai limiti della misoginia.

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Lo vado a vedere? Grazie ai titolisti italiani, farsene un’idea è davvero questione di secondi. Valutate in base alla vostra propensione al genere, considerando che ultimamente questo tipo di pellicole scarseggia, perciò se siete in astinenza si può anche fare.
Ci shippo qualcuno? Non c’hanno manco il coraggio d’infilare il personaggio gay a sorpresa, trend ormai sdoganatissimo anche tra le commedie più castigate. Tristezza.

Per chi ancora s’interroga nel profondo ma che é un cinemozioni5?, ho aggiornato la sezione Glossario (in alto, sopra il titolo) con una spiegazione esauriente e dettagliata.