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Il 2014 è stato l’anno dell’esplosione del fenomeno young adult al cinema e a chiuderlo degnamente arriva il precursore e ad oggi miglior risultato di una produzione per la maggior parte deludente (fidatevi di me, ho visto *tutti* i film del listone che vi avevo proposto a inizio anno).
Hunger Games, precursore, successo mondiale, apripista, ma anche produzione sempre più colossale e catalizzatore di un cast sempre più a prova di bomba.
Le premesse per l’ennesimo buon film ci sono tutte, ma non mancano anche le insidie di questo terzo capitolo: la mancanza dell’elemento centrale dell’Arena e la scellerata decisione di Universal di dividere l’ultimo libro in due film (girati però in un’unica sessione), per batter cassa anche nel 2015. Se la prova del botteghino è già vinta, come è andata a livello qualitativo?
Il post è assolutamente privo di spoiler.
A sorprendermi di Hunger Games: il canto della rivolta – parte I sono stati soprattutto due elementi: il livello di violenza raggiunto dalla pellicola e come lotti orgogliosamente contro la scelta suicida di privarla della sua naturale evoluzione.
Da lettrice della saga in lingua originale ero rimasta subito perplessa e preoccupata dallo sdoppiamento, perché se già il terzo capitolo è un libro critico e molto criticato, le sue debolezze sono da ricercarsi proprio nel primo troncone, spoglio di tutte le contromosse che Suzanne Collins mette in atto per ovviare alla mancanza della struttura dei primi due volumi e del grandeur del gran finale.
Altro problema è la sostanziale mancanza di trama di quelle duecento pagine scarse che il film percorre pedissequamente, impossibilitato a saltare anche i passaggi più superflui per riuscire a raggiungere le due ore di durata. Si è scelta ancora una volta la strada della fedeltà al volume, concentrandosi sul lato “media” della rivoluzione e tentando di ricreare nella manciata di scene d’azione proposte lo spunto adrenalinico che aveva trascinato i capitoli precedenti. Qui bisogna veramente applaudire il regista Francis Lawrence, capace di girare un paio di sequenze meravigliose, mature, che non stonerebbero in film ben più blasonati. In particolare il salvataggio a fine film è un piccolo capolavoro di sviluppo di tensione sulla base del nulla, una scena che ricorda la bellissima ripresa del parà in Godzilla ma con tantissimi handicap in più: la differita, i dialoghi da inserire al suo interno, la sostanziale mancanza d’azione. Lawrence fa tutto il possibile per non far scivolare i film nella noia, trattandolo da grande kolossal quale ormai è, senza mai concedersi leggerezze da “film per ragazzi”.
Purtroppo però, nonostante la produzione abbia puntato in un paio di svolte a un gigantismo degno dei grandi blockbuster, il risultato è comunque un passo indietro rispetto all’ottimo andamento della serie. Chiariamo: rimane comunque di gran lunga il titolo migliore tra i distopici giovanili di quest’anno (e sorpassa con facilità parecchi film adulti), ma purtroppo nulla può arginare la discesa di Katniss nella disperazione più nera, mazzata dopo mazzata, se non la risposta che la giovane darà nel prossimo capitolo. Mockingjay è una pausa di lusso, un film incredibilmente ben prodotto che con i suoi effetti speciali e il suo cast sbalorditivo tenta d’ingannare l’attesa del gran finale. Purtroppo però nulla può salvarlo dal tono drammatico, cupissimo, di vera e propria disperazione e depressione, tanto che in più di un passaggio mi ha ricordato le svolte più macabre de “L’uomo d’Acciaio” di Zack Snyder.
Anzi, sono abbastanza sorpresa che un simile crogiolarsi tra esecuzioni, torture, cadaveri (la scena del cane nel distretto 12 è molto forte) e certi close up davvero impressionanti del colpo di scena finale abbiano richiesto negli Stati Uniti un misero PG-13. Il film è adatto ai ragazzini, ma sui bambini qualche dubbio ce l’ho.
Non si può non spendere un momento per parlare del casting, ancora una volta assolutamente perfetto. Il casting di Hunger Games è tra i più indovinati degli adattamenti degli ultimi 10 anni, un perfetto connubio tra star system, giovani talenti, rivelazioni, glamour e fedeltà al romanzo. Tra i giovanissimi continuo a trovare adorabile e ispirata Willow Shields, la sorellina di Katniss, cosa che mi rassicura molto in vista del futuro, ma anche Elizabeth Banks, Mahershala Ali e Josh Jurcherson riescono a ritagliarsi un angolino fuori dall’ombra che ancora una volta Jennifer Lawrence riesce a gettare su tutto il resto. Nonostante la spirale depressiva del ruolo, la Lawrence dimostra ancora una volta di essere la chiave del successo del franchise, dando spessore e spigolosità al personaggio, raggiungendo picchi emotivi da brividi nelle scene più drammatiche, senza mai finire sopra le righe.
E vogliamo parlare di un ritrovato Donald Sutherland, dell’immenso Seymour Hoffman o della nuova arrivata Julianne Moore, capace di inanellare l’ennesima ottima perfomance di un anno per lei stellare? La sua presidentessa Coin non è il gettone svogliato del vip in cerca d’assegno, è un ruolo che già suggerisce grandi cose per il gran finale, gestito alla perfezione e con grande aderenza alla fonte letteraria.
Lo vado a vedere? Considerando ovviamente la vostra posizione rispetto alla saga e ai precedenti film, vi tocca, è l’obolo superdepressivo per arrivare al gran finale. Andateci pronti a fronteggiare la tristezza a palate. Poteva essere un gran filmone del genere, gli hanno imposto di essere uno scalda posto in attesa del finale. Poteva essere molto peggio di così, indubbiamente, ma un po’ di rimpianto rimane comunque. Ah, la canzone di Lorde sui titoli di coda si fa proprio notare.
Ci shippo qualcuno? Vorrei utilizzare questo spazio che altrimenti rimarrebbe un po’ scarno (a meno che anche voi non sosteniate che Haymitch sobrio fatica a nascondere un divertito interesse per Effie) per dire quanto Gale sia odiosissimo e Liam Hemsworth sia la giovane copia peggiorativa del nostro amato cricetone. #TeamPeeta uomo zerbino sacrificale per sempre. Sempre.
Visto! Ho pianto sangue, davvero, e non mi è dispiaciuta la “pausa” dall’ arena, la mancanza di scene d’ azione a favore di una più profonda analisi psicologica, e il focalizzarsi, sadico, sulla depressione e l’ angoscia. La scena nel bunker fa trattenere il fiato, e gli ultimi minuti a fine film dopo il salvataggio sono un capolavoro.
Se l’adattamento si manterrà altrettanto fedele anche nel prossimo film ci dovrebbero essere un paio di scene davvero notevoli, speriamo!
d’accordissimo con la tua recensione.
sceneggiatore e regista sono riusciti a costruire un film sul “niente” che accade nella prima metà del capitolo finale della saga, concentrandosi, com’era ipotizzabile, su tre scene forti: la visita all’ospedale, il salvataggio di Peeta (che, non vorrei sbagliare, nel libro non viene trattato così approfonditamente) e il brainwash del suddetto Peeta (mi aspettavo che avrebbero chiuso il film con la scena -fortissima, tra l’altro- dell’attacco a Katniss, infatti sul secondo di nero mi è scappato un “via, ci si vede tra un anno” nel silenzio generale) e elimanando quasi totalmente le scene di follia/paranoia di Katniss di cui il libro è infarcito.
il film nel complesso non annoia, ma il secondo è assolutamente superiore: tolti i giochi, le sfilate, le strade di Capitol e degli eventi degni di nota, rimane solo la tristezza a palate da te citata, resa magistralmente dalla Lawrence, la cui performance è sicuramente uno dei fattori in gioco per il successo di questa saga.
Speriamo che azzecchino altrettanto efficacemente la seconda parte, che ha almeno un paio di scene che sembrano scritte apposta per l’adattamento cinematografico.
Dita incrociate.
Premetto che ho un modo di esprimermi terribilmente contorto, in quanto riflette il mio modo di pensare. Il mezzo verbale è un’arma che imparato ad affinare per difendermi da un mondo crudele, ma non è la mia arma di elezione. E, meglio dirlo subito, ho l’umiltà di ammettere la mia ignoranza in fatto di cinema ma anche l’arroganza di farmi un’opinione su tutto. Ah, per chiunque altro legga, il mio commento è pieno di spoiler. Sono andata molto scettica a vedere questo film, non per tutto il pregiudizio che le persone (dai miei coetanei in su, specialmente) hanno sulla saga, che personalmente adoro senza vergognarmi di essere una fan ormai sul limite d’età massimo (ma poi, non esiste un limite d’età massimo!), ma proprio per l’orribile scelta di dividere l’ultimo capitolo in due parti. La puzza di sacrificio sull’altare del dio soldo assieme a una certa nausea per le sbavature estetiche erano i miei tormentoni dell’anno (perché si, Hunger Games è un mio fandom, se non l’ho già detto). Il crescendo lento dal preludio all’azione nei primi due film è piacevolmente sadico e ritmicamente bello. C’è quest’esplosione caotica, adrenalitica coccolata da un procedere pacatissimo nella prima metà: lo spettatore viene cotto a fuoco lento. Questo per me è un aspetto di ritmo ed estetico molto vincente. È anche vero che la mole di queste due parti va progressivamente allargandosi dal primo al terzo libro (così mi dicono sul terzo, ho letto solo i primi due per via di un esperimento con mia sorella), ma pur comprendendo la difficoltà di condensare in un unico film gli avvenimenti dell’ultimo volume, rimane sempre un interruzione dell’impostazione formale e quindi estetica della saga. La cosa mi dà molto fastidio. Eppure, eppure, pur con un incipit senza mordente, il film si riscatta progressivamente andando verso la fine. E’ una specie di esplosione catartica quella in cui culmina, e personalmente mi sento di salvare la scelta di market(t)ing anche solo per l’enfasi che averlo diviso in due parti permette di porre sugli effetti delle vicende su Katniss (e Peeta). La scena del salvataggio mozza letteralmente il fiato (con quella calata spettrale nel centro di addestramento, nel silenzio più totale), il tentativo omicida di Peeta è una scena che mi ha terrorizzato a morte anche alla seconda visione (e ho l’impressione che sarà sempre peggio: ogni volta che lo guarderò mi assalirà l’orrore) per l’intensità (e l’onestà) della violenza, l’ispiratissimo comizio finale che inneggia macabramente alla guerra mentre i due protagonisti si “confrontano”, cruentemente separati, nel loro miserabile abbandono, dopo essere stati usati, martoriati e divisi, uniti solo nella loro agghiacciante solitudine e in una violenta rabbia che non riescono a far altro che implodere. (Sono così triste ora, cazzo!) La sola scena finale è in grado di salvare tutto il resto. Non mi aspettavo che si potesse riscattare un film narrativamente molto scarno giocando su due soli filoni che sono poi le due facce della stessa medaglia: l’imbarazzantissima propaganda in preparazione allo scontro tra 13 e Capitol City (complimenti all’effetto straniamento che rende grottesca tutta la costruzione mediatica, con quell’acrobazia di metacinema che è la sovrapposizione tra pass-pro e trailer promozionale) e il dilaniante dialogo tentato, disperato, mai attuato tra Katniss e Peeta attraverso questo unico mezzo che hanno per comunicare (nonché gli effetti devastanti della sovrapposizione di queste due cose). Invece il risultato è psicologicamente fortissimo, e scuote le fondamenta del torpore prodotto da una narrazione stiracchiata sul poco e niente. Sono insomma pienamente d’accordo: egregio lavoro di squadra su materiale pericoloso (e pericolante!)
Ah, vorrei far notare come Lawrence regista, detto Frensis, abbia avuto la geniale umiltà di tornare sui passi del suo predecessore Ross, detto Gheri, e come il film diventi per questo più vicino, più verosimil-accadibile. E questa è un’altra delle cose che mi ha piacevolmente sorpreso. Ci tengo a precisare che questo particolare non l’ho notato io, come pure il fatto che sia girato su pellicola. Di questo io e lo scopritore delle suddette cose abbiamo parlato e abbiamo pure concluso qualcosa: che la scelta del supporto pellicola nella saga dà quell’agognatissimo tocco di realismo che ad oggi serve, non solo a una saga distopica come questa, ma in generale. Un po’ come la camera a spalla ecco, per intenderci. Insomma, io so che se mia nonna vedesse la scena del bombardamento, le ricorderebbe la guerra: l’ha ricordata a me, che non l’ho mai vissuta.
P.S. Ah ecco cosa ci sta a fare quel cazzo di cervo! Cioè grazie, ma grazie.
P.P.S. A me il rapporto amoroso tra i personaggi piace. Perché ha senso, è intenso, e gli attori lo interpretano in modo molto delicato, appassionato e spontaneo. Cioè: è evidente che Liam Hemsworth non ha speranze. E cioè, cazzo, Peeta e Katniss sono l’unica cosa eterosessuale che shippo col cuore, col cervello e col sangue, ci sarà un motivo!
Grazie mille per il sentito e dettagliato commento Haru, sono contenta di potermi confrontare con le impressioni di qualcuno che il terzo libro non l’ha letto e quindi vive la storia in maniera differente.
Senza farti alcun tipo di spoiler, se azzeccano il quarto e ultimo film sarà semplicemente pazzesco.
Età come limite per la lettura non io non ne ho mai percepita; casomai cambia la percezione del libro. Non so quanti anni tu abbia, ma ho il sospetto di essere ben più “fuori tempo massimo” di te, eppure eccomi qui, una dei tanti adulti che hanno decretato il successo della Collins, in libreria e al cinema. Pur con i suoi limiti e i suoi difetti, è una lettura gradevole per tutti. Io stessa ho molto apprezzato il gran finale, mentre la prima parte del terzo volume (ovvero questo film) mi è molto, molto pesata.
PS. Linearità e profonda semplicità sono prerogative delle menti logico analitiche e dei grandi narratori. In qualità di comune mortale e fangirl, “contorto e verboso” è l’unica via possibile.