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biopic, c'e' anche un po' d'Italia, Cannes 2014, Costumismi, Dick Pope, film PESO, Jacqueline Durran, Mike Leigh, Oscar 2015, Oscars, period drama, Timothy Spall, tratto da una storia di poco falsa
Mike Leigh ha 72 anni, certo, ma dietro la macchina da presa tanti colleghi più giovani risultano ben più fossilizzati e conformati. Nel confrontarsi con l’inflazionassimo genere biografico, declinato a tinte period drama, Leigh compie una prima scelta decisamente contemporanea. Mr. Turner, la sua biografia del celebre pittore inglese William Turner, si apre a 25 anni dalla morte di un pittore già affermato, accompagnandolo solo per l’ultimo arco della sua carriera e vita. A questo taglio moderno però affianca una durata imponente; 149 minuti che fanno poche concessioni al ritmo e a una costruzione consequenziale del personaggio, incurante di spaventare il pubblico alla ricerca di leggerezza.
Sin dalla premiazione a Cannes, tutti hanno giustamente lodato la splendida interpretazione di Timothy Spall, la cui presenza fisica e l’età hanno determinato la scelta di concentrarsi sull’ultimo periodo di vita ed attività del maestro della luce. Il film infatti si apre con un Turner già apprezzato a livello professionale dai colleghi e mediamente benestante, ma non ancora poco messo alla prova dai lutti e dalle delusioni della vita.
Leigh sostiene di aver scelto Spall sin dall’inizio perché “aveva letto i suoi Dickens”, ovvero aveva una certa familiarità con l’Inghilterra vittoriana oltre quella patina di nostalgia ed estetismo che il cinema e la letteratura hanno progressivamente applicato a quel grande momento storico di cambiamento non indolore per il Regno Unito.
A mio parere l’ottima interpretazione di Spall, che tira fuori un Turner lontano dal mito, umanissimo, slegato dalla percezione di una figura storica immortalata quando ancora in vita eppure già predestinata, fa il paio con un film che supera la dimensione del semplice racconto biografico, finendo per ridare carnalità ad un’epoca. Attorno a Turner concreto, pragmatico, carnale nella sua umanità c’è un’Inghilterra ritratta con puntualità e quotidianità, un realismo che rifugge certe derive estetizzanti a cui siamo abituati.
Così ai costumi di Jacqueline Durran e alla fotografia di Dick Pope non viene concesso il lusso di ambire alla perfezione estetica, anzi, viene chiesto di ritrarre il quotidiano e l’usura del tempo sulle persone, fatta di strascichi inzaccherati di fango e di tramonti dove la natura appare bella ma fangosa e agreste.
Mike Leigh ritrae Turner nell’ultimo parte della sua vita, ma in un certo senso ancora vergine, protetto dal grandissimo affetto del padre, incurante della moglie e delle figlie, disturbato il minimo necessario da clienti e adulatori. In una realtà fatta di denti che marciscono, domestiche con terribili rush cutanei e nobildonne la cui bellezza sfiorisce, il Turner di Spall e Leigh è un figlio del popolo da carattere schivo e dal temperamento ombroso, capace di gesti di profonda tenerezza verso il padre e le persone a lui affini ma anche di momenti d’inumana crudeltà e di grandi tradimenti verso i suoi stessi cari. Non è una figura idealizzata e non è nemmeno un uomo meschino salvato dalla sua problematica genialità: le sue pitture eteree sono frutto di uno studio giornaliero e di un approccio ben poco idealizzante, con Spall che sputa sulla tela per sfumare le sue immortali marine. Questo Turner ha un approccio borghese al suo lavoro; non si sente un genio, bensì un ottimo artigiano del suo mestiere.
La scelta di concentrarsi sul finire della sua carriera poi permette d’indagare i turbamenti di un uomo maturo, ancora curioso a livello intellettuale e incredibilmente aperto verso la modernità, privo di malinconia verso il passato ma emotivamente sempre più fragile ed estremo. Insomma, uno scorcio che esalta e viene esaltato dalle possibilità del mezzo cinematografico e che rifugge facili trionfalismi.
Lo vado a vedere? Turner è un degno film di Mike Leigh, forse una delle sue prove migliori degli ultimi anni, ma di certo non è una pellicola per tutti: molto lunga, molto autoriale, molto sincopata nel ritmo e poco disposta a intrattenere. La qualità però è alta e il risultato molto personale; se vi piace il genere è caldamente consigliata. Statene invece lontani se amate le derive estetizzanti a sfondo vittoriano.
Ci shippo qualcuno? Mhhh, lo stesso formato del film non aiuta, quindi direi di no.
Siccome adoro sia Turner che Spall questo era uno dei film che aspettavo di più ma, causa pessima distribuzione, mi toccherà aspettare ancora.
E mi girano ancor più le scatole perché ne parlate tutti benissimo!
Piccola consolazione: abitare vicino a una grande città rende sempre disponibili tutte le uscite, ma espone al rischio di un Paolo Merenghetti che spoilera *tutto* il film prima che inizi la proiezione.