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Bennett Miller, Cannes 2014, Channing Tatum, COLLO, film col dramma dentro, il disperato urlo silenzioso della fangirl in incognito, Mark Ruffalo, omoaffettività, Oscar 2015, Oscars, Sienna Miller, single manly tear, sportivi emotivi, Steve Carell, tratto da una storia di poco falsa
Capisci che Bennett Miller ce l’ha veramente fatta non quando strappa a sorpresa parecchie candidature per sé e per i suoi attori nella corsa agli Oscar 2015, non quando si guadagna uno spazio nella premiazione di Cannes 2014, ma quando riesce a convincerti che sì, persino Channing COLLO Tatum possa essere un grande attore.
Di Foxcatcher se ne è parlato da subito come di un ottimo film, ma la pacatezza con cui il lungometraggio continua un discorso che il suo regista aveva cominciato con il notevole L’Arte di Vincere ha contagiato anche i giornalisti, per cui voglio dirvelo subito, forte e senza mezze misure, a scanso di ulteriori equivoci: Foxcatcher è un filmone della Madonna, anche se forse non avrò mai il coraggio di rivederlo.
L’ultimo dei candidati alla statuetta più prestigiosa approdato nei cinema italiani è senza dubbio il più brutale e doloroso da vedere. No, nemmeno la cattiveria di Whiplash o l’estremo cinismo di Birdman hanno un impatto sullo spettatore paragonabile a quello di questo imponente film a tematica sportiva. Foxcatcher si presenta come un doppione de L’Arte di Vincere nemmeno troppo avvicente: lì si parlava sì di matematica e calcolo di probabilità, ma almeno applicati al baseball e al campionato americano. Qui invece siamo di fronte a un film sportivo dedicato a una delle discipline olimpiche più bistrattate e snobbate, la lotta greco-romana. Questa presentazione poco allettante (a meno che non troviate Ruffalo e Tatum strizzati nello spandex sexy, s’intende) e il tono mesto, quasi elegiaco, con cui viene narrata la storia dei due fratelli americani campioni della disciplina per un breve periodo di tempo sembrano quasi un’ulteriore mossa per prendervi di sorpresa e rendere ancora più letale nella vostra memoria cinefila il colpo che un regista oculato ma potente come Bennett Miller sta per assestarvi.
Foxcatcher sembra una storia di valori olimpici e familiari, non molto distante dalle classiche narrazioni americane dell’eroe sportivo che cade e si rialza, con l’aiuto dei veri affetti e della voglia di riscatto, suo e del sogno americano. In realtà il film è l’esatto opposto, è l’eutanasia assistita di un’ansimante sogno americano e di una concezione olimpica ed idealista dello sport. Se in L’Arte di Vincere Miller narrava con calma determinazione l’impatto della scienza (e dei soldi) sul campionato di baseball americano destinato a cambiare irreversibilmente spirito ma non vincitori, qui il messaggio che il film trasmette è ancora più cupo e reso micidiale dalla calma metodica con cui viene dissezionata la fine dell’ideale sportivo di una coppia di atleti americani, squattrinati e totalmente devoti al loro sport di nicchia.
Non è solo la nefasta influenza dei soldi del miliardario Dupont, che si compra letteralmente la squadra americana in un ridicolo tentativo di acquistare così ricordi d’infanzia impossibili, è un’insieme di valori che fondano il sogno americano di grandi ranch, ricchezze da sogno sorrette da fortissimi valori familiari, che finiscono però per corrode i legami affettivi veri del piccolo proletariato che ha trovato una strada alternativa al denaro per il successo. Foxcatcher è il metodico annientamento di un uomo retto e di un’atleta debole, l’incrocio di due psichi ai poli della positività e della negatività che con il loro reciproco respingersi finiscono per distruggere il vertice debole di una complessa catena di rapporti mentore-allievo-fratello-amico-padre.
Bennett Miller quasi si nasconde dietro una regia costante e minimale, impreziosita da una bellissima fotografia e da un approccio ai climax narrativi lento e quasi sussurrato, che li rende ancor più realistici e raggelanti. Foxcatcher è davvero capace di gelarti sulla sedia, di farti soffrire quando l’inesorabile succede e come spettatore non puoi che stare a guardare, consapevole che sia tratto da una storia vera.
Impossibile però non tributargli il merito di aver fatto brillare il trio di protagonisti, su cui spicca uno Steve Carell irriconoscibile (e non solo per il make up) e un Channing Tatum che lascia veramente intravedere un attore da Oscar.
Lo vado a vedere? Foxcatcher è sicuramente l’uscita migliore di questa settimana (e non solo!), ma non è un film per tutti. La sua apparente lentezza (che in realtà è inesorabilità) e il tema sportivo coniugato su varianti così dure e poco praticate non lo rendono certo un film sportivo d’intrattenimento, senza contare i risvolti di cieca violenza che finisce per illustrare. Per tutti gli amanti del cinema di qualità però è un recupero obbligatorio dell’annata appena conclusa, con un’avvertenza: è un ottimo film che forse non avrete mai il coraggio di rivedere una seconda volta.
Ci shippo qualcuno? Non soffrivo così tanto dai tempi de La Talpa.