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calvary1Un maggio lungo un anno, è questo il mio sogno di cinefila in Italia, dove una straordinaria congiuntura di ritardi non più prorogabili, film anticipati dal “chiuso per estate” e l’incombente Cannes creano quattro lunghe settimane di cinema intenso e straordinario.
Calvario arriverà domani nelle sale, largamente anticipato dall’ovazione tributatagli dalla comunità cinefila mondiale: il secondo film di John Michael McDonagh ha convinto veramente tutti, trascinato da un Domhnall Gleeson alle prese con il ruolo della vita, cucitogli su misura si dalle prime fasi di scrittura della sceneggiatura, quello di un prete irlandese a cui viene annunciato in confessionale il suo personale calvario.

Calvario è bellissimo e drammatico come promesso, ma con soluzioni narrative del tutto inaspettate, così come il folgorante inizio. Padre James guida una travagliata cittadina nella selvaggia, ventosissima costa nord dell’Irlanda. Durante una confessione un fedele gli annuncia che gli lascerà sette giorni per sistemare i suoi affari terreni e poi lo ucciderà per fargli espiare le colpe dell’istituzione che rappresenta.
Sospeso in un’atmosfera di violenza cristallizzata e di attesa dilatata, Calvario è un thriller spirituale che ritrae la settimana di passione di Padre James e la sua lotta; il protagonista contrappone il desiderio di farsi carico dei bisogni altrui con l’indifferenza e il cinismo della contemporaneità, di fronte a cui appare come un residuo di un’opera già conclusa da tempo.

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Se la regia di John Michael McDonagh è a prova di crescendo, esaltata dalla necessità di un attenta pianificazione della lavorazione per esigenze di denaro che l’avvicinano allo scrupoloso approccio hitchcockiano (con tanto di storyboard) di “Io Confesso” e dallo spettacolare scenario naturale che ingigantisce il dramma di un uomo pronto a prendersi sulle spalle il peso del mondo, la sceneggiatura è così potente e sentita da essergli addirittura superiore, un secondo, magistrale capitolo alla già pianificata “Trilogia dei Suicidi”.
Calvario è un film drammatico e religioso, che vive della continua contrapposizione tra un uomo fallace desideroso di prendersi sulle spalle la sofferenza della propria comunità e i membri della stessa, la cui spiritualità cinica, laica, caustica e mai propriamente contrita sembra avere come condizione necessaria proprio la presenza di una figura religiosa da attaccare e sbeffeggiare, spesso in una malcelata richiesta di aiuto.

La sceneggiatura vivida, intensa, capace di trasfigurare il tema della fede combattuta giorno per giorno in una riflessione più ampia sulla condizione umana (laica e religiosa) fa davvero la differenza, elevando il film a una dimensione superiore, capace di parlare di un livello così profondo di umanità da potersi connettere con chiunque. Verrebbe quasi da dire che Calvario è un film sulla religione efficace proprio perché riesce ad inquadrare le grandi domande che da sempre spingono l’uomo a riflettere su una dimensione altra rispetto a quella terrena.
Condizione terrena e carnale splendidamente incarnata nell’identità irlandese, una delle più riconoscibili su grande schermo, stavolta ritratta mentre fa i conti con la propria crisi spirituale, tanto più forte perché legata a un passato così profondamente religioso, tradito da scandali così turpi che respirano ancora accanto alla sua gente insieme al vento che sale dal mare.

Brendan Gleeson ha avuto la rara possibilità di partecipare già in fase di sceneggiatura alla costruzione del suo personaggio, un memorabile padre, di una figlia in difficoltà e di una comunità altrettanto fragile, di un uomo in cerca di una bontà non innaturalmente istintiva, ma sofferta contro tentazioni e debolezze ad ogni passo. Un’interpretazione mastodontica, saggiamente amalgamata a un resto del cast che manda bagliori a ogni schermaglia con il protagonista.

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Lo vado a vedere? I cinefili probabilmente avranno già provveduto, perché Calvario è stata una delle perle che l’Europa ci ha regalato nella scorsa annata. Un film con raro potere di parlare di un personaggio buono, in maniera appassionante, autentica, palpitante, che ti fa venire davvero voglia di stare dalla sua parte. Consigliatissimo anche a tutti gli altri, a patto che abbiate un po’ di resistenza allo squallore umano.
Ci shippo qualcuno? Non direi, qui siamo più in territorio da fazzoletto nelle battute finali, anche se la componente irlandese è così autentica da non farsi mancare anche una vena cupamente umoristica.