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22 MAGGIO
Pensavate che avessimo superato il pattuglione francese? Ahahaha. Ricordatevi di questi momenti quando verranno a dirci che Venezia l’abbiamo trasformata in un avamposto di brutto cinema italiano (dopo essersi fregati i nostri registi migliori). Valley of Love di Guillame Nicloux era atteso soprattutto per il ritorno assieme su schermo di due grandissime icone d’Oltrape, Isabelle Huppert e Gérard Depardieu, impegnati anni addietro in film e relazioni sviluppate in due. Il film gioca sulla loro identità e dinamica di coppia, non cambiando loro neppure il nome: Isabelle e Gérard sono divorziati da anni e si ritrovano nella Valle della Morte per volere del figlio, che si è suicidato qualche mese prima.
Il film non è stato accolto benissimo, ma tutti si sono premurati di attestare la grande prova dei due protagonisti e l’incessante presenza del petto al vento di Depardieu, con battute annesse. La regia e la sceneggiatura invece sono troppo sottili, incapaci di costruire quella cornice metafisica a cui tanto anelano.
Altro film così così con una grande perfomance: non si parla d’altro che della perfomance di un rinato Tim Roth in Chronic, il nuovo film di Michel Franco. Se sul protagonista non si fa altro che sperticasi, sul film si sono fatti parecchi distinguo. A Franco tutti riconoscono una grande partenza, ma rimproverano il finale più WTF!? del Festival e il tentativo di fare un film alla Haneke senza averne la levatura morale e cinematografica. Il tema in effetti è molto vicino alle dinamiche del dolore e della sofferenza hanekiana: Roth interpreta un infermiere che assiste malati terminali a domicilio. Paziente, premuroso ed estremamente professionale sul lavoro, sviluppa un bisogno quasi morboso di sviluppare un rapporto (a volte anche intimo) con i morenti, in contrasto con la solitudine della sua vita privata. Come che sia, risalta soprattutto la positività e la felicità dalla trama.
Finalmente è arrivato il momento delle sparate apocalittiche. Quest’anno ci ha pensato Gaspar Noé, sostenendo che nel suo film tra eiaculazioni, orge e masturbazioni varie non ci sia nulla di male e si possa tranquillamente farlo vedere a un 12enne. Eh.
meno male che c’è Colin Farrell che ci racconta nel dettaglio delle ciccionate che ha dovuto mangiare per essere fuori forma per The Lobster: niente di sconvolgente, il pasto tipo di qualsiasi donna con uno sbalzo ormonale, ma lui ci tiene a sottolineare che “con tutto che mi piacciono i cheese burger, non è stato divertente“.
Ops, scusate, mi ero persa un film in concorso: perdonami Jia Zhang-ke: non solo non ho ancora recuperato il tuo Il tocco del peccato, ma nei giorni scorsi mi ero scordata di parlare un po’ del tuo Mountains may depart. Si è parlato molto del film perché è diviso in tre spezzoni (1999, 2014, 2025) di cui uno distopico ambientato nel futuro e perché è il primo film del regista non girato in Cina. Praticamente tutti hanno amato questo melò incentrato su un triangolo amoroso in cui sottotesti e non detti regnano con sullo sfondo le montagne e una Cina sospesa nel suo cambiamento. Perdonatemi se non ho letto troppo, ma volevo evitare troppi spoiler. Sono già abbastanza sicura nel dirvi che sarà un notevole piangerone. Se poi è bello come la locandina…
Sul red carpet: Isabelle Huppert e Gérard Depardieu sono davvero complici e meravigliosi.
Prima considerazione: il fatto che il miglior reportage su Cannes che ho letto finora sia fatto da una che non c’è andata, la dice lunga su chi va e chi resta.
Seconda considerazione: The Lobster è stato osannato da The Playlist che (per i miei gusti) ci prende spesso, grazie a loro ho visto un sacco di bella roba.
Terza considerazione: W Emma Stone a prescindere (anche se la 38enne Diane Kruger, come dire, “tiene botta”)
Bravabravissima.
La mia speranza è di poter una volta nella vita di fare avvistamenti di mutande e cronometrare i minuti di applausi in diretta.
Nel frattempo spero che lo slip trend prenda piede anche tra gli uomini e mi preparo a riportarvi tutte le pernacchie che si son presi i film francesi
PS mi faccio forte adesso perché non l’ho visto ma io che parlo male di un film come The Lobster? Non ci crede nessuno.
sei molto brava!
Grazie! Spero di essere anche molto celere a rimettermi in pari oggi.
Qualcosa mi dice che l’arrivo di Moana in Italia susciterà un certo, uhm, scalpore…
Una delle poche volte in cui un robusto adattamento e cambio di titolo non mi scandalizzerebbero.