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15 MAGGIO
Urge parlare di Son of Paul dell’ungherese László Nemes, l’unico esordiente in concorso. Un film sui campi di concentramento di un regista mai sentito che io avevo scartato come risibile e noioso dieci secondi dopo aver letto della sua presenza e invece pare proprio sia una bomba assoluta: l’aggettivo più ricorrente è infernale, dove però risuona un “film della madonna” in sottofondo. Il primo a battere un colpo serio per la Palma.
Il film parla di un uomo ebreo di robusta costituzione, assoldato nel corpo interno ai campi di concentramento per sovrintendere alle docce e alle operazioni d’incenerimento dei cadaveri: non esattamente allegro, ma più che il pietismo è la cattiveria assoluta, il panico, il baratro sull’orrore che ha impressionato la critica, in questo racconto infernale di un uomo che per tentare di sopravvivere spiritualmente si prefigge il compito di proteggere un ragazzino, spacciandolo come proprio figlio. Assolutamente da vedere.
Altro film piccolo di cui si è parlato, stavolta dalle competizioni minori a cui colpevolmente non ho ancora dato una bella scorsa seria: Les Anarchistes. Il film di Elie Wajeman racconta del tentativo di un brigadiere d’infiltrarsi in un gruppo di anarchici in cui milita anche la bella Adèle Exarchopoulos: se sul red carpet indossa una serie di vestiti tragici che non si sa dove sia andata a scovare, continua a bucare lo schermo come pochi volti. Ha aperto la settimana della critica con il botto ed è piaciuta a molti per come si relaziona a Tahar Rahim, il poliziotto parigino che s’infiltra nel gruppo di anarchici che si nasconde nella capitale agli inizi del Novecento. Un thriller adrenalinico e un film in costume, cosa si potrebbe desiderare di più?
Per esempio che anche i film in concorso fossero all’altezza delle sezioni minori. The Lobster aveva fatto temere a molti che Yorgos Lanthimos sarebbe diventato più accessibile e commerciale, data la marea di star nel film: i protagonisti Rachel Weisz e Colin Farrell, Ben Wishaw, Lea Seydoux, solo per dirne un paio. Tutto ‘sto ben di Dio per uno spunto fantastico, sia chiaro: un hotel riempito di single in un futuro distopico in cui i solitari devono accoppiarsi entro un certo limite di tempo o verranno trasformati in animali e liberati nel bosco attiguo.
Lanthimos non smentisce la sua fama di regista di film strani forte, ma non è un complimento: il film ha i suoi sostenitori e forse può puntare a qualcosa d’importante, ma è universalmente considerato debole nella terza e ultima parte, quando le idee e il controllo della trama comincia a venir meno.
Fuori concorso arriva un’altra sferzata di mondanità con Irrational Man, l’ultimo Woody Allen a sottoporsi al giudizio della croisette. Joaquin Phoenix e Emma Stone sono un professore e una studentessa che intrecciano una relazione, con dei rivolti delittuosi. Ora, l’idea generale è che sia piaciuto meno di Vicky Cristina Barcellona (ultimo passaggio trionfale del regista a Cannes) ma più di To Rome with Love (non che ci volesse molto, ce le ricordiamo ancora tutti le pernacchie no? Il tardo Allen suscita in ognuno reazioni diverse, sulla base dell’affezione verso le sue opere migliori, sugli anni passati assieme ai suoi film al cinema, sull’inclinazione verso la sua ironia. Siamo sicuri che non sia imperdibile, ma potrebbe essere comunque gradevole: fate un po’ voi.
Dal red carpet: Sophie Marceau si è presentata in mutande, e forse è stato meglio di quel vestito lì di Adele che oh my. Basta un alito di vento e una gonnella che si alza e potrete fare un drinking game devastante: un sorso ad ogni riferimento biricchino/sexy/hot che sfodereranno i titolisti italiani: se non mi credete, leggetevi un po’ gli articoli su Emma Stone, come sempre buffa e incantevole. Rachel Weisz ci fa sempre disperare perché quando la vediamo ci chiediamo: perché non ti fai vedere più spesso? Daniel ti vuole tutta per sé? Lea Seydoux è la regina dei primi piani, però anche Fan Bing Bing si continua a difendere bene.
- Rachel Weisz
- Fan Bing Bing
- Rachel Weisz
- Lea Seydoux
- Emma Stone
- Emma Stone
- Adèle Exarchopoulos Tahar Rahim
- Colin Farrell Rachel Weisz
- Emma Stone
- Emma Stone Woody Allen
- László Nemes
Prima considerazione: il fatto che il miglior reportage su Cannes che ho letto finora sia fatto da una che non c’è andata, la dice lunga su chi va e chi resta.
Seconda considerazione: The Lobster è stato osannato da The Playlist che (per i miei gusti) ci prende spesso, grazie a loro ho visto un sacco di bella roba.
Terza considerazione: W Emma Stone a prescindere (anche se la 38enne Diane Kruger, come dire, “tiene botta”)
Bravabravissima.
La mia speranza è di poter una volta nella vita di fare avvistamenti di mutande e cronometrare i minuti di applausi in diretta.
Nel frattempo spero che lo slip trend prenda piede anche tra gli uomini e mi preparo a riportarvi tutte le pernacchie che si son presi i film francesi
PS mi faccio forte adesso perché non l’ho visto ma io che parlo male di un film come The Lobster? Non ci crede nessuno.
sei molto brava!
Grazie! Spero di essere anche molto celere a rimettermi in pari oggi.
Qualcosa mi dice che l’arrivo di Moana in Italia susciterà un certo, uhm, scalpore…
Una delle poche volte in cui un robusto adattamento e cambio di titolo non mi scandalizzerebbero.