Tag
Adèle Exarchopoulos, Amy Poehler, Apichatpong Weerasethakul, Arnaud Desplechin, Asif Kapadia, Ben Wishaw, Cannes, Cannes 2015, Catherine Deneuve, Charlize Theron, Colin Farrell, Doutzen Kroes, Elie Wajeman, Emily Blunt, Emma Stone, Emmanuelel Bercot, Emmanuelle Bercot, Eva Longoria, Fan Bing Bing, Gardy consiglia, Gaspar Noé, gente figa, Hirokazu Kore-eda, Hou Hsiaou-Hsien, Imogen Poots, Jacques Audiard, Jake Gyllenhaal, Jane Fonda, Jeremy Saulnier, Joaquin Phoenix, John Lasseter, László Nemes, Léa Seydoux, Luis Garrel, Maiwenn, Marion Cotillard, Matteo Garrone, Michael Caine, Mindy Kaling, Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Patrick Stewart, Pete Docter, Quinzaine des réalisateurs, Rachel Weisz, Rod Paradot, Roger Deakins, Salma Hayek, Sienna Miller, Stephan Brizé, Tom Hardy, Un Certain Regard, Valérie Donzell, woody allen, Yorgos Lanthimos, Zoë Kravitz
17 MAGGIO
Finalmente è arrivato il gran giorno del lesbismo en passant a Cannes, un tema provocatorio e stuzzicante (almeno nei reportage dei giornalisti sempre a caccia di polemiche) che è un po’ il marchio distintivo delle migliori annate sulla Croisette.
L’ultima volta la Croisette ci ha consegnato un film indimenticabile dalla Francia. Stavolta è Hollywood a provarci mettendo in campo l’adattamento del celebre romanzo parzialmente autobiografico di Patricia Highsmith (un’autrice su cui ultimamente si punta e adatta molto), The Price of Salt, pubblicato inizialmente sotto pseudonimo per evitare pettegolezzi e scandali. Anno 2015 e la povera protagonista Cate Blanchett, coinvolta in una disperata, tragica storia d’amore con una giovane, virginale commessa di grandi magazzini Rooney Mara nella New York elegantissima e bacchettona degli anni ’50, si ritrova a rispondere a domande davvero cinematografiche quali “ma anche tu hai avuto il tuo periodo lesbo, vero Cate?”.
Spiace dirlo ai morettiani possibilisti che affollano giornali e tv, ma al momento il nuovo film di Todd Haynes ha le migliori recensioni, è accreditato come front runner per la palma e stiamo già un pieno Oscar Buzz. e anche sui social non c’è gara, come illustra questa infografica di Variety.
Dalle reazioni su twitter però non mi era molto chiaro se sotto ettolitri di amore e stima per la Blanchett ci fosse davvero un filmone. Ho chiesto un po’ in giro e l’impressione è che sia un gran bel film, questo sì, ma che al solito la stampa anglosassone si stia molto adoperando per farlo diventare il capolavoro che forse non è. Nota di demerito per la mancanza di locandina ufficiale, che pigriziaaaa!
Questo festival si sta rivelando un’ecatombe per il cinema francese, tanto che la stampa italiana (per una volta sacrosanta ragione a loro) sta facendo notare che se un’offerta così patacca l’avessimo presentata noi, ci avrebbero spernacchiato ignobilmente per anni.
Prendiamo Plus Fort que les Bombs di Joachim Trier (canadese con produzione francese, siamo lì): una sorta di ricostruzione biografia della storia di una famosa fotografa di guerra alla sua morte, avvenuta in un’incidente stradale che non sembra casuale.
Di fronte a una novella orfana e ai tre uomini importanti che si confrontano sul suo destino, pare che sfilino senza stile le solite contrapposizione tra lavoro, famiglia, amore e guerra, senza un briciolo di stile o ritmo. Noia.
Non basta? In una Cannes che proprio oggi ha ospitato un panel di discussione sul sessismo nell’industria cinematografica (con Salma Hayek sempre di più nostra idola che ricorda che gli uomini anche come attori hanno un potere di veto enorme sulle attrici, tanto che a lei è capitato di essere stata ingaggiata e poi lasciata a casa perché non piaceva al protagonista del film) arriva uno dei pochi film diretti da una donna che ha fatto dire a molti che si era in odore di quote rosa. Non è che non abbia estimatori Mon Roi di Maiwenn, ma se hai Luis Garrel, Emmanuelel Bercot e a salvare un film romantico di relazioni possessive e passionali è ancora l’aura da maniaco di Vincent Cassel al secondo ruolo regale del concorso (anche se qui si autoproclama “re dei coglioni”), c’è qualcosa che non va. Un film retto dagli attori, senza né arte né parte.
Una nota (francese) felice dalla Quinzaine con Trois souvenirs de ma jeunesse di Arnaud Desplechin: una nostalgia francese a tratti incontenibile, certo, ma di quel bel cinema francese di cui è difficile averne abbastanza, almeno a giudicare dai tweet emozionali che arrivavano dalle proiezioni stampa. Desplechin dopo qualche pellicola sottotono ritorna nel suo genere e tono d’elezione, con la storia di un uomo fermato all’aeroporto mentre tenta di rientrare in Francia e si trova costretto a subire un lungo interrogatorio sulla sua presenza in Tajikistan. Un bel pretesto per rievocare la gioventù, gli studi, i genitori, i periodi difficili ma soprattutto il suo grande amore di sempre. Romanticheria come non se ne vedeva da tempo, mi dicono: di qualità.
Dal red carpet: giornatina monotematica eh!? Rooney Mara conferma il trend del bianco (adoro i suoi Alexander McQueen), Cate Blanchett delle trasparenze.
Prima considerazione: il fatto che il miglior reportage su Cannes che ho letto finora sia fatto da una che non c’è andata, la dice lunga su chi va e chi resta.
Seconda considerazione: The Lobster è stato osannato da The Playlist che (per i miei gusti) ci prende spesso, grazie a loro ho visto un sacco di bella roba.
Terza considerazione: W Emma Stone a prescindere (anche se la 38enne Diane Kruger, come dire, “tiene botta”)
Bravabravissima.
La mia speranza è di poter una volta nella vita di fare avvistamenti di mutande e cronometrare i minuti di applausi in diretta.
Nel frattempo spero che lo slip trend prenda piede anche tra gli uomini e mi preparo a riportarvi tutte le pernacchie che si son presi i film francesi
PS mi faccio forte adesso perché non l’ho visto ma io che parlo male di un film come The Lobster? Non ci crede nessuno.
sei molto brava!
Grazie! Spero di essere anche molto celere a rimettermi in pari oggi.
Qualcosa mi dice che l’arrivo di Moana in Italia susciterà un certo, uhm, scalpore…
Una delle poche volte in cui un robusto adattamento e cambio di titolo non mi scandalizzerebbero.