Cos’è un caso letterario senza un po’ di incipit che lo renda una favola? Per una volta quindi mi accodo alla stampa tutta, letteralmente impazzita per la storia di Jessie Burton, la giovane, graziosa autrice che dopo la laurea stentava ad arrivare alla fine del mese inseguendo il sogno di diventare un’attrice, mentre scriveva e riscriveva il libro che le ha donato il successo internazionale, tradotto ad oggi in 29 paesi, tra cui l’Italia.
Per scrivere il suo libro d’esordio, frequentemente accostato al best seller di Tracy Chevalier La ragazza con l’orecchino di perla, Burton si è ispirata a una sontuosa casa in miniatura che la ricca moglie di un mercante olandese di nome Petronella Oortman si fece costruire, ad esatta replica della propria dimora. Il pezzo, conservato in un museo, ha solleticato l’immaginazione della scrittrice, che ha creato un mistero, e la sua soluzione, dietro le piccole figure di bambola.
The surface of Amsterdam thrives on these mutual acts of surveillance, the neighborly smothering of a person’s spirit.
The Miniaturist è quindi un romanzo ad ambientazione storica in cui l’elemento di ricostruzione è parecchio labile, eppure proprio in questo sta il suo fascino. Non è difficile immaginare che gli stessi vicoli percorsi dalla protagonista Petronella siano poi spazzati dalla domestica immortalata dalla fantasia della Chevalier, certo, ma l’accostamento non rende appieno l’atmosfera del romanzo d’esordio della Burton. Scordatevi lunghe sessioni che svelino e spieghino i misteri dell’arte della miniatura e dei suoi maestri olandesi: qui l’artigiano è ammantato da una certa aura di mistero (tanto che alcuni si sono spinti a definire il romanzo fantasy) e a conti fatti finisce per essere il potente deus ex machina di quella che invece è una storia di legami familiari e di un matrimonio inconsueto nella Amsterdam del 1676.
Nel Seicento la vita di una donna poteva essere davvero ricca di avventura e terrore, altroché. Non c’è bisogno di essere una strong female character che spacca culi a destra e manca quando di punto in bianco per salvare le finanze della tua famiglia ti ritrovi sposata a un ricco mercante, Johannes Brandt, e catapultata nella vita di Amsterdam, lontanissima dalla campagna in cui vivi.
Soprattutto se finisci in una casa in cui ti senti costantemente osservata da ogni angolo buio, tuo marito è sempre in viaggio per affari e vivi ostaggio della sua peculiare sorella, Marin, e dei due servitori: Otto, un servitore nero salvato dalle galere, e Cornelia, una domestica che eleva a un nuovo, inedito livello il concetto di confort food.
Questo è solo l’incipit di quella che è una storia delle trappole, del dolore e della liberazione che possono nascondersi all’interno di un matrimonio, ma anche un grande affresco di una città strappata alle acque e sospesa tra l’orgoglio per cosa è riuscita a diventare e il costante terrore di tornare ad annegare. Senza essere un libro di alto livello letterario ed esibendo uno stile interessante ma mai davvero sorprendente e a un primo impatto un po’ straniante, The Miniaturist dà il meglio di sé proprio nel ritratto dell’atmosfera cittadina, del costante contrasto tra desiderio commerciale di espandersi e minaccia spirituale di peccare, con l’etica protestante che serpeggia tra i suoi abitanti ma non sempre riesce ad avere la meglio sulla loro naturale propensione al commercio e all’avidità.
Attraverso l’estraneità Petronella poi il romanzo assume un gustoso tono voyeurista, con il lettore che a poco a poco insieme all’ingenua ragazza svela gli strati di menzogne e segreti che regolano gli strani rapporti tra gli abitanti della casa. I personaggi invece sono ottimamente caratterizzati: hanno tratti distintivi molto marcati, personalità conflittuali ma mai irritanti, ma soprattutto rivelazione dopo rivelazione diventano più ricchi e sfaccettati, senza tradire mai l’impressione iniziale. Peccato che l’autrice si faccia prendere un po’ troppo la mano, eccedendo sul finale nel gioco del ribaltone. Rimane il fatto che Marin e Johannes, e in misura minore Otto e Cornelia, sono un continuo stimolo a proseguire la lettura e rimangono ben marcati della memoria.
A uscirne peggio, oltre a Nella – che si porta dietro l’ingombrante peso di non avere un affascinante segreto tutto per sé – è proprio il personaggio che dà il titolo al romanzo: sempre defilato per come viene introdotto nella storia, ma soprattutto gestito in maniera pessima quando arriva finalmente il momento di dare risposte. Stavolta mi sarei tenuta volentieri il mistero.
Lo leggo? Pur non essendo un titolo imperdibile, The Miniaturist rimane una lettura molto piacevole nel comparto dei best seller, un titolo che non manca di una certa grazia, invoglia a leggerlo tutto d’un fiato, ha un’ambientazione affascinante e personaggi con qualcosa da dire. Non mi stupirei di vederne a breve il film. Nel frattempo, regolatevi sulla base del vostro gradimento di questo particolare sottogenere, tenendo presente che no, non è Hilary Mantel, ma di contro potrebbe risultare molto più scorrevole. Diciamo che se la Chevalier vi aggrada e Il genio e il golem (a cui come esordio per risultato finale è nettamente superiore) vi stuzzicava, allora vi conviene decisamente dare un’occhiata.
Ci shippo qualcuno?
[SPOILER]
Giuro che non ne sapevo niente. Ormai quando è richiesta la mia presenza, vengo attirata con onde subliminali. Comunque io nel romanzo leggevo Jack e pensavo Ben Wishaw, per dire. Per Johannes invece mi immaginavo Iain Glen e per Marin Andrea Riseborough…si, mi è partito un fancast involontario. Se lo avete già letto, esigo un parere nei commenti.
[/SPOILER]
L’edizione italiana, tradotta da Elena Malanga, è edita da Bompiani. Sull’adattamento posso dirvi che senza fare controlli approfonditi in lettura mi è sembrato scorrevole e corretto il giusto. L’unico dubbio è legato al titolo, su cui però non vi posso dire nulla senza spoilerarvi un punto importante della trama: diciamo che per una volta la traduzione letterale nel passaggio tra lingue diverse come l’inglese e l’italiano tradisce un’intenzione che probabilmente l’autrice non aveva. Forse in questo caso mi sarei presa una certa libertà in più per mantenere la neutralità dell’originale.
Everything Man sees he takes for a toy.
Thus is he always, forever a boy.
Ciao, ho letto il libro in lingua originale e capisco il tuo discorso sul titolo, anzi sono d’accordo. Cosi’ come sono d’accordo sulla parte finale, che a parer mio e’ un po’ scadente, mentre il resto del libro mi ha tenuta abbastanza incollata alle pagine. Senza dubbio Marin mio personaggio preferito, e anche Cornelia migliora pagina dopo pagina!Sai che non ci avevo pensato al film,ma in effetti Jack potrebbe proprio essere interpretato da Ben Wishaw! Per quanto riguarda gli altri due ci devo pensare..come sempre ottima recensione!Un saluto
Grazie del commento Holly!
Marin è fantastica! Cornelia la vorrei incontrare per testare qualcuno di quei piattini…eheheh.
Intitolarlo “Miniaturista” magari?