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Amy Schumer, Bill Hader, Bonjour finesse, Brie Larson, Cinemozioni5, Ho visto la gente nuda, John Cena, Judd Apatow, Tilda Swinton, Vanessa Bayer, volemose bene
I vincitori morali dell’estate cinematografica americana sono stati tre: due sfruttavano l’effetto nostalgia sbancando il botteghino a suon di dinosauri e Tom Cruise, uno è una commedia romantica che ha ancor più deviato il genere dal solco tracciato nei decenni dai cinemozioni5, mettendone a rischio la sopravvivenza.
Film come Trainwreck e il loro incredibile successo stanno convincendo Hollywood che non solo esiste un mercato femminile che è possibile convincere a recarsi in sala aggiungendo la dovuta dose di addominali e bromance, ma anche e soprattutto il contrario: se “i film per donne” erano un investimento pericoloso perché avevano un bacino d’utenza dimezzato, rendendoli appetibile al pubblico maschile oltre i fidanzati di corvée è possibile renderli altrettanto redditizi.
Come rendi una commedia romantica un film appetibile per un target abituato ad essere il destinatario della maggior parte delle produzioni e quindi enormemente più schizzinoso della controparte femminile, costretta ad accontentarsi o a non andare mai in sala? La risposta è abbastanza semplice: aumenti la commedia, riduci il romanticismo, scegliendo una protagonista che non alieni nessuno dei due pubblici.
Non è una mossa rivoluzionaria, ma bisogna riconoscere a Judd Apatow – uno che con questo ribilanciamento si è costruito una carriera ben oltre le sue effettive capacità – di aver avuto il coraggio di affidarsi a una sceneggiatura scritta dalla sua protagonista, comica di lungo corso ma anche lontana per fisicità e approcci da tutto quello che lo star system hollywoodiano anela.
La vincitrice morale della pellicola è Amy Schumer, che Un Disastro di Ragazza se lo è cucito addosso, incarnando con grande limpidezza il personaggio, con una schiettezza rispetto alla vita contemporanea di tante sue simili che non si vedeva dai tempi di Bridget Jones. Indotta dagli insegnamenti di un padre fedifrago a non credere nella monogamia, Amy è una giovane donna che si gode il suo successo in una redazione di un mensile al maschile sull’orlo della misoginia e soddisfa con disinvoltura i suoi bisogni alimentari e affettivi, concedendosi le quantità di alcool, tabacco e sesso con sconosciuti che più le paiono appropriate. La prima parte del film funziona alla grande perché Amy è talvolta disastrosa ma sempre felice e convinta di ciò che fa. Non c’è nessun vuoto cosmico interiore o autoinganno: sua sorella Kim (una Brie Larson ancora una volta fantastica, che non vedo l’ora di testare da protagonista nell’imminente Room) ha reagito agli insegnamenti paterni mettendo su il prototipo della vita familiare e domestica. Anche lei è felice col marito e il figlio così posati da essere vagamente inquietanti, ma a Amy suscitano solo un vago senso di fastidio.
Il modello di Amy viene però messo in crisi da Aaron (Bill Hader), un brillante chirurgo e medico sportivo che si innamora di lei e che in qualche modo Amy non riesce a distanziare come le altre sue conquiste. Aaron è un esperto amatore ma, come tutti gli uomini della pellicola, vive il sogno romantico dei legami stabili, dei partner fedeli e del chiamare la donna appena portata a letto il mattino dopo. Il mondo di Trainwreck di fatto vive sul ribaltamento affettivo, non nuovo nelle pellicole di Apatow: le donne, ed Amy in particolare, hanno un pragmatismo e un disincanto considerati normalmente come tratti “da maschi”, mentre gli uomini tendono a proiettare ideali romantici sulle loro conquiste, sport di cui ogni donna protagonista in un cinemozioni5 che si rispetti è campionessa olimpica. Non è uno scenario realistico, dove questi tratti appartengono a una personalità indipendentemente dal genere, perciò il trucco che ha portato al cinema milioni di maschi è quello di costruire una proiezione irrealistica della nostra società che permettesse la catarsi anche delle loro frustrazioni emotive.
Il problema è che questi stereotipi di genere su cui si basa gran parte della comicità della pellicola sono così a fondo radicati in noi e nelle nostre irrealistiche proiezioni cinematografiche che a un certo punto è lo stesso film (la stessa attrice?) a sentirsi a disagio di fronte alla sua creatura, cercando in qualche modo di riportala a un ordine superiore. Perché Amy deve smettere di bere (l’incidente presentato sarebbe accaduto anche da sobria probabilmente)? Perché deve essere lei a ripiegarsi nel solco dell’American Sweetheart e riconoscerne il valore di quel modello incarnando uno dei suoi simboli più forti? Perché il suo abbigliamento diventa improvvisamente più controllato? Perché deve accadere tutto questo e non il contrario? Cosa mette Aaron sul piatto per far funzionare la relazione?
Questo grave passo falso, unito all’incapacità di spiegare chiaramente perché Amy sia attratta da Aaron così tanto da pensare coerentemente di sacrificargli il suo rodato modello di vita, distrugge la carica controversa della commedia, che si ritrova ad essere la piaciona e rassicurante uscita di Apatow all’insegna del volemose bene.
Peccato davvero perché, seppur in maniera disordinata e spesso sprecata (tantissime buone idee riversate su personaggi che hanno poco tempo per esprimersi), Un disastro di ragazza regala momenti brillanti e una galleria di personaggi di cui vorremmo sapere di più: un’irriconoscibile Tilda Swilton al cui confronto Amy sembra un micino coccoloso e un delirante Ezra Miller nelle vesti del giovane stagista.
Certo, il film non è poi aiutato dalla fattura della sua confezione: in particolare la regia e il montaggio in alcuni passaggi creano una sospensione temporale, uno stacco così mal gestito che s’interrompe la sospensione dell’incredulità e si percepisce chiaramente che siamo davanti a persone che stanno recitando, nonostante la bravura dei protagonisti
Lo vado a vedere? Se la commedia americana pane al pane e vino al vino vi diverte, non potete perdervi questa uscita, che ha conosacrato definitivamente Amy Schumer, capace di rendere meno paternalista persino Judd Apatow. L’operazione è a tratti così sperimentale che non ne esce un pieno successo, ma comunque se l’obiettivo era ridere, Trainwreck lo ha centrato in pieno. Sommando poi la galleria di folli personaggi che lo popolano, rischia di diventare interessante anche per chi cerca una commedia in senso lato.
Ci shippo qualcuno? Bisogna spendere due parole sul coraggio di John Cena, impegnato ad interpretare il quasi ragazzo fisso di Amy. Un culturista vanesio e steroideo che ogni volta che apre bocca finisce per dire qualcosa di terribilmente, irrimediabilmente, diabolicamente gay.
Così involontariamente gay da farti venire le lacrime agli occhi dal ridere.