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cinema d'animazione, delicate palette cromatiche, Gualtiero Cannarsi, Hayao Miyazaki, mondi distopici, Studio Ghibli
Non pensavo di procedere a una recensione vera e propria per questo film, dato che stiamo parlando di una pellicola del 1984 già molto nota tra gli estimatori del cinema d’animazione (giapponese e non), senza contare che per anni ci si è appoggiati su un adattamento italiano che ha soddisfatto la curiosità di quanti volevano vedere questo classico antecedente alla nascita vera e propria dello Studio Ghibli.
Lucky Red però pare intenzionata a continuare a scavare nella filmografia di Hayao Miyazaki e a riproporcela in toto al cinema, passando per il trattamento Cannarsi, ovviamente a suon di eventi speciali a prezzo maggiorato della durata di pochi giorni. Come sapete, l’iniziativa mi aggrada molto (che se di concerti, teatro e revival il cinema contemporaneo deve vivere, almeno siano revival di qualità) mentre il secondo e terzo passaggio mi irritano terribilmente. Che senso ha nel 2015 la recensione di un film già considerato un classico, e che non ha certo bisogno di essere riscoperto? Beh, a fine visione mi sono ricreduta: oltre al consueto, attesissimo elenco delle perle di Cannarsi, qualcosa da dire ce l’ho.
Rivedere Nausicaä della valle del vento a distanza di anni dalla prima edizione italiana e dopo le tante uscite cinematografiche che stanno percorrendo la storia dello studio d’animazione giapponese a passo di gambero non mi ha fatto l’effetto che speravo. Questa strana modalità di fruizione, all’indietro e molto ravvicinata, tende infatti ad evidenziare le debolezze del cinema di Hayao Miyazaki e credo porterò avanti questo periodo ancora per un po’ perché con la frase successiva al punto che sta per arrivare probabilmente mi inimicherò buona parte della popolazione terrestre, sicché.
Personalmente ho trovato questa visione di Nausicaä meno appassionante della precedente, perché questa è la piattaforma, il punto di partenza (o uno dei tanti) da cui il regista ha evoluto temi cardine della sua narrazione complessiva, in primis le istanze ambientaliste.
Ho sempre apprezzato il cinema dello studio Ghibli senza mai innamorarmene e a posteriori la mia assunzione in piccole dosi dei suoi film ha molto alzato il livello di gradimento. Comprimere in poco tempo la visione di Mononoke, La città incantata e Nausicaä non giova a quest’ultimo perché ne esaspera il messaggio continuamente ripetuto, rendendo prevedibile e quasi stanco nel suo modello narrativo: giovane ragazza dalla spiccata sensibilità in qualche modo contrapposta al sentire comune, mondo devastato dalla pressione della popolazione umana, animali mostruosi che si rivelano poi guardiani del creato, paesaggi aspri che pian piano si trasformano in poetiche visioni, la passione per il volo, la controparte femminile inizialmente in antitesi alla protagonista che incarna la causa umana e ingentilisce via via le sue posizioni e diventa un personaggio interessante perché nel suo essere “cattiva” ha molte comprensibili ragioni eccetera eccetera.
Non che il film non sia una pietra miliare per il mondo dell’animazione giapponese (amatissimo dai fan, incubatore di decennali collaborazioni musicali e animato da gente tra cui figurava un certo Hideaki Anno), ma si è così tanto costruito dentro e fuori lo studio Ghibli su questa base che a distanza di trent’anni il film ne è uscito parecchio smussato nella sua carica innovativa. Un classico inaspettatamente invecchiato, sulla base di quanti l’hanno usato come modello per altro. Il conflitto tra bisogno dell’uomo di entrare in un’epoca industriale e inconciliabilità con i ritmi della natura è stato poi sviluppato in maniera più radicale e rifinita in La principessa Mononoke ed è ovvio che procedendo a ritroso a farne le spese sia proprio la principessa della della Valle del Vento, che però ha dalla sua anche un manga in dieci volumi in cui esprimere al meglio il suo potenziale e che diede non poche difficoltà di sintesi in fase di sceneggiatura al suo regista.
Nausicaä quindi esce un filo ammaccata dalle rielaborazioni ed evoluzioni che lo studio il cui suo successo commerciale ha consentito di fondare e far prosperare, è un prototipo pregevole dell’eroina miyazakiana per antonomasia: è forte, bella, indipendente, saggia, compassionevole e altruista, ma ha dentro di sé una carica negativa per nulla rassicurante, che le evita almeno in parte di essere un po’ troppo perfetta. Dolce com’è forse non se la prenderà nemmeno troppo se le preferiscono le ragazze che hanno percorso il sentiero che lei ha aperto.
Lo vado a vedere? Per gli appassionati è ovviamente un appuntamento immancabile, per i nostalgici, per gli amanti di Miyazaki e dei film dello Studio più direttamente a lui riconducibili e anche per chi non ama la carica violenta e primitiva di Mononoke questo film sarà la soluzione ideale. Per i bambini è consigliabile, ma preparatevi a fare da traduttore Cannarsi-italiano al pupo al vostro fianco, così come abbiamo simpaticamente dovuto sopportare io la giornalista mamma al mio fianco.
Ci shippo qualcuno? No.
LE PERLE DI CANNARSI
Siete pronti? Siete carichi? Siete armati di dizionario?
Pur non raggiungendo i livelli di ermetismo di Kaguyahime, bisogna tristemente segnalare un passo indietro rispetto a Quando c’era Marnie. Ecco il fido elenco con cui il nostro Gualtiero fa sembrare dei giovincelli sboccati gli accedemici della Crusca:
- Primo grosso dubbio dai titoli di testa. Chi sarebbe esattamente il direttore dei dipinti? e l’addetto alla designazione colori? Non staremo mica parlando dell’art director vero? Com’è e come non è, tutte le cariche universalmente note con il loro nome inglese sono state tradotte in italiano, con il risultato che non si capisce bene chi ricopra quale ruolo.
- Veneranda Anziana / Signora madre / Sorellona principessa / Sommo Yupa
Facciamocene una ragione: i suffissi -san -sama -chan e i termini ben distinti per designare i miei parenti e quelli degli altri in italiano non esistono. Adattarli in questo modo è un approccio a mio parere erroneo. Quando mi rivolgo a una persona più grande che stimo se sono un bimbo non la chiamo “sorellona”, specie se non è mia parente. Oneesan in questo senso non è traducibile in italiano. Non mi sembra questo lost in traslation madornale che ottunde le menti e rende incomprensibile il film. D’altronde quanti di voi si rivolgono al proprio fratello e sorella non utilizzando il suo nome? Chi da noi stressa continuamente il fatto di essere più anziano o più giovane nella successione dei figli? Dato che stiamo adattando un film in italiano è già stucchevole che tutti si rivolgano a suon di sorellona o fratellino ai consanguinei, ma ai facenti parte della comunità è solo paradossale. Che Yupa e l’anziana cieca siano rispettati poi lo si capisce molto bene, senza il continuo utilizzo di veneranda / sommo come epiteto formulare. In italiano non si esprime così il rispetto e questa continua riproposizione trovo renda il dialogo solo più pesante. - Abbigliata di un azzurro capo
Capisco che in giapponese l’aggettivo venga prima del nome a cui è riferito, ma in italiano no. Vestita d’azzurro non mi pare leda la fedeltà all’originale, pur essendo un perfetto italiano corrente e grammaticalmente ineccepibile. - che luogo arcano
diapositiva:
- ho il cuore in palpitazione / ho il cuore che mi palpita tanto
mi batte forte il cuore, ho le palpitazioni? Palpita tanto non è proprio bellissimo, no? - mi perturba le correnti e non riesco a volare bene
- sono d’accordo giacché così sono stato salvato anch’io
Giacché stiamo adattando in italiano, perché non renderlo più fluente e svolgerlo all’attivo? - faremo quanto secondo ci è stato detto dalla principessa
Non è “secondo quanto” la forma più corretta? Ma soprattutto, un bel come? - io desidero soltanto la risoluzione dell’enigma. Vorrei accertarmi di ciò.
- è una valle niente male nevvero?
giacché e nevvero per Cannarsi sono come buongiorno e buonasera. Nevvero credo andasse di moda all’epoca di Manzoni. - sotto le nuvole c’è un tremendo turbinare di miasmi
non vogliamo sottovalutare gli infanti in sala, però dai, volete proprio male ai genitori. - voglio farti tornare alla tua propria nazione
questo sembra un adattamento lettarale un jibun,che indica la prioprietà. Jibun no kaban però viene comunemente tradotto con la mia borsa, che in italiano indica già il possesso. - le mie a lungo arrugginite ambizioni si fanno appuntite
puro italiano da versione di greco del ginnasio. Le ambizioni appuntite poi mi mancavano. - ha stupefatto anche me
perché sorprendere è troppo moderno e attualmente in uso - chi lo abbatterà ne avrà gran fama
disse l’araldo a re Carlo III - mi si è ingraziosita
ingraziosirmisi? Si è fatta più graziosa? - una vita non più spaventa degli insetti e del mar marcio
D’annunzio ha messo “mi piace” - Al giusto biasimo le orecchie volgo
CAPOLAVORO.
Le perle di Cannarsi sono sempre magistrali, anche se devo convenire che l’uso di un siffatto desueto loquire crea una certa atmosfera.
Recensione interessante, io da par mio devo dire che questo film non l’ho mai visto (però ho letto il manga). Purtroppo, anche causa ristrettezza della finestra di proiezione, non siamo riusciti a organizzarci e stasera nella nostra città mi risulta non venga più proiettato.
Finora non mi ero mai lamentato, però in effetti la politica dell'”evento speciale” lascia un po’ il tempo che trova…anche sul lato prezzo. Alla fine con quello che spenderemmo per 2 biglietti ci prendiamo il dvd e una pizza e ce lo guardiamo a casa. Oltretutto senza scassaballe che parlano per tutta la durata della proiezione. Ok scusa la digressione.
Sulla questione del depotenziamento emotivo e innovativo in parte sono d’accordo. Non tanto sul lato emotivo, io ho sempre adorato questi film e il loro stile, ma è ovvio che più si va all’indietro meno il prodotto è ‘raffinato’ (nel senso di rifinito). Le basi sono nuove quando vengono gettate, dopo anni che ci si costruisce sopra finiscono immancabilmente nel cassetto del già visto, c’è poco da fare.
Se trent’anni fa era una potenza, adesso è un’ottima operazione nostalgia.
Per inciso, non mi asterrò certo dall’acquisto del dvd appena disponibile 😉
Merita ovviamente la visione, anche se non si capisce perché non si possa trovare un punto d’incontro tra l’adattamento a spanne così a casaccio e l’ermetismo della versione di greco tradotta parola per parola al liceo.
Negli anni ’90 ci siamo goduti un sacco di anime su MTV, con sigle originali e adattamenti dignitosi (e alcuni doppiaggi che io ritengo strepitosi). Nel 2015 sforniamo adattamenti che qua e là rinnovano l’italico ardor dell’Istituto Luce. Che tristezza! Anzi, che mestizia!
A fine visione io e mio fratello ci domandevamo a chi era proposto questo film: a me 30enne medio scolarizzata o alle famiglie e i ragazzi? Credo che, al di là dell’anno di produzione, Nausicaä nasca per sensibilizzare le giovani generazioni sui temi ambientalisti, quindi dovesse farsi capire da questi. Al di là degli infanti certi termini gli adolescenti d’oggi ci mettono qualche secondo a comprenderli e allora addio sospensione dell’incredulità e attenzione al film.
Poi che ad un certo punto, considerato il coretto a turnazione dei 3 bimbi in sala che chiedevano “cosa vuol dire?”, volessi alzarmi ed andare sotto lo schermo a fare la traduzione simultanea è un problema mio. (Il momento più alto è stato il coro nel quasi silenzio di “Che luogo arcano”)
Sinceramente pure Mononoke (che è e resta il mio preferito della Ghibil) era adattato con un italiano aulico, ma in quel caso ci stavo, imho il pubblico di riferimento era leggermente più adulto e la collocazione storica del racconto lo consentiva. Ma in questo caso è sembrato tanto forzato, con l’aggiunta che m’è sembrato pure più marcato di Mononoke!
Detto questo grande rispetto per i tre bambini in sala che nonostante abbiano capito 2 dialoghi su 10 hanno apprezzato tanto il film. In particolare la bimba accanto a noi era estasiata da Nausicaä, probabilmente non aveva mai visto un film con una vera eroina.
Non sono così sicura che Mononoke avesse realmente quel linguaggio così aulico, ma non avendo mai visto in lingua originale non mi posso pronunciare.
Peccato appunto che un film che ha tante belle potenzialità per i bimbi (eroine fantastiche in primis) venga vanificato dalla sua incomprensibilità.
Non so nemmeno io, ma a mio parere in Mononoke ci stava.
Dipende qual è il pubblico di riferimento al quale intendono rivolgersi, non è detto che siano i bambini (non discuto se sia giusto o meno indirizzarlo ai bambini, intendiamoci, dicevo solo che non è detto fosse la loro intenzione).
Ma tu accetteresti che un film Pixar venisse tradotto quattro volte più aulico perché non è detto che il pubblico di riferimento siano i bambini? Secondo Miyazaki, Mononoke è adatto dalle elementari in poi. Ha sempre considerato il suo pubblico universale, come i suoi messaggi. Se per scelte ITA il bacino si ristringe, beh, non si tratta di un adattamento fedele all’originale a mio parete
Io non capisco… invece di ringraziare che esce al cinema vi lamentate del prezzo… assurdo
Carissima, non è una prima visione e anche quand’anche lo fosse (come Marnie), perché non deve essere soggetto a sconti e orari come il resto della programmazione?
È anche un film per bambini: pensa quanto può costare a una famigliare andare a vederlo.
Be’ oddio io sono felice del lavori di Lucki Red ma non è che debba per forza considerarli dei salvatori della patria.
Altri film li ho visti tranquillamente al cinema ma, se permetti, spendere 22€ per andare al cinema quando tra qualche mese posso prenderlo in dvd a 14€ (che poi scende a neanche 10€ dopo una settimana…) mi pare fuori proporzione.
Le cose vanno anche calibrate, non è che si possa fare sempre un tanto al chilo.
Probabilmente negli anni ’90 un Cannarsi ragazzino li guardava e sbottava “Poffarre! Qual barbaro svilimento dell’italico idioma stanno perpetrando codesti felloni!”.
Se ben ricordo su MTV passava tutta farina del sacco dell’allora Dynamic, gente che ci sapeva fare.
Cannarsi è classe 1976.
Peraltro se non ricordo male lavorava già ai tempi (e qualche perla cannarsiana si sente) ma globalmente parlando era un ottimo compromesso tra le storpiature di Mediaset e il Cannarsi di oggi.
C’è anche da dire che da una decina di anni a questa parte non mi è capitato mai di leggere complimenti a un doppiaggio, perché i fan sono diventati davvero incontentabili
Be’ sì ma dipende quale arco di tempo fai coprire alla ‘ragazzinitudine’ 😀 😀
Per tornare in tema, a me non dispiace particolarmente il suo lavoro. Certi passaggi sono ostici ma, a mio giudizio, non vanno fuori da quella che sento come l’atmosfera del film.
Poi gli arcaismi si possono evitare, ma meglio un doppiaggio Made in Cannarsi che certi obbrobri che vengono fuori quando si tenta a tutti i costi di tenere un registro giovanile (e si sfocia nel ridicolo totale).
Del resto i gusti son gusti 🙂
Il problema per me è che sentire spezzoni di Marnie con giapponese super colloquiale e infantile diventare altisonante italiano significa sapere che molto spesso è un’atmosfera indotta frutto di questa scelta, ecco.
Poi ricorda ancora con terrore le traduzioni star comics in cui la calata di Oosaka diventava romano spiccio, quello sì.
Infatti siamo passati dallo schifo alle perle (solo col Cannarsi), ma non ve ne rendete conto
Non se ne rendono conto nemmeno i bambini e i non orali in sala che faticano a star dietro al film. O è una pellicola riservata a pochi accoliti? Suvvia.
Alla Dynamic lavorava prevalentemente proprio il Cannarsi, che poi si è evoluto crescendo
Evoluto verso l’ermetismo? NGE l’abbiamo visto tutti senza chan, nevvero e tue proprie, e non mi pare che fosse tanto male.
Vorrei sottolineare che la protagonista è una principessa. Oneesan, -sama, -san…: non vanno censurati! ‘Mi si è ingraziosita” è proprio uguale a “Si è fatta più graziosa?”?!
Ti stavo aspettando: cosa sarebbe un post Ghibli senza i tuoi commenti?
“Censurare”? Oh my. XD
Sì, omettere. Togliere la sensazione del ‘-chan’ è un crimine nei confronti della cultura giapponese
Oh my.
Secondo me i suffissi sono importati ed è giusto che vadano mantenuti. Io li terrei addirittura come in originale, -san -chan e via dicendo.
E’ però ovvio che così tagli fuori un’ulteriore fetta di potenziale pubblico e magari dal punto di vista commerciale non è una grande idea, quindi cercare di renderli un una maniera più o meno comprensibile lo trovo un compromesso giustificabile.
Anche se escono dal labiale e vanno fuori sincro? Anche se sono rindondanti e molto artificiosi in italiano, dove comunque non esiste un equivalente (e sorellona veicola un significato del tutto diverso)? Secondo voi veramente l’eliminazione di chan san e sama compromette la fedeltà?
Da studente di livello base/medio di linguistica e traduzione, trovo sia un approccio molto parziale.
È vero che i linguisti e i traduttori si dividono in più scuole di pensiero, però per quanto riguarda il giapponese non mi è mai capitato di leggere posizioni di questo tipo, nemmeno tra i più integralisti. Anche perché ricordiamoci che non hanno un senso lato, e soprattutto in un prodotto audio visivo il grado di rispetto / umiltà si può tranquillamente calibrare con il linguaggio e l’aspetto stesso dei personaggi. Quando si passa da una lingua a un’altra bisogna considerarle entrambe.
Questo aspetto è molto interessante comunque, anche se sono sostanzialmente d’accordo solo sul fatto di essere in disaccordo. Appena ho un po’ di tempo vado a documentarmi su a che punto siamo sul lato linguistico.
Sono un talebano di Cannarsi!! 😀 😀
Detto ciò, non ho certo la pretesa di dare il là a una nuova scuola di pensiero, per carità. Non ho la benchè minima preparazione in materia e posso parlare solo da appassionato.
Un appassionano che per anni ha letto manga nei quali i termini -san -chan e senpai abbondavano e non vi ha mai trovato nulla di strano. Venivano resi per quello che erano e non mi pareva appesantissero il discorso.
“sorellona” fa schifus, ma veneranda o sommo non mi pare stonino o siano fuori contesto.
Io mi trovo d’accordo con il concetto alla base, tentare di mantenere certe caratteristiche del linguaggio. Poi non dubito che ci siano modi più efficaci per rendere il discorso e che i giri di parole di Cannarsi possano risultare assurdi o arzigogolati, io non ne so una ceppa in materia di adattamenti e doppiaggi.
Trovo allora più sbagliata, per riallaciarmi al discorso di alcuni post sopra, la scelta di rendere più “alto” il linguaggio in pellicole dove in originale ci si attesta su un registro più colloquiale. Così manchi di fedeltà al prodotto originale.
Alla fin fine non mi sento di condannare questi tentativi di rendere più o meno comprensibile le sfumature presenti in un’altra lingua.
IMHO, eh? 😉
Michol, il discorso sarebbe risibile se il problema fossero i suffissi (a questo punto lasciali addirittura in Giapponese). Non starei a fare il pelo nell’uovo, anzi, mi limiterei a due righe di “mah, secondo me meglio toglierli”. Il problema è che, appunto, lì stai a fare le pulci per essere il più aderente possibile e poi ti prendi ampie libertà su registri e significanti, ignorando la sintassi italiana.
Tutto questo inserito in un’ottica più generale di radicalizzazione dei vari fandom (cfr. Harry Potter, i film senza doppiaggio), che per riparare torti subiti in passato ora pretendono versioni senza compromessi, dimenticando che per sopravvivere editori e distributori devono pensare più in grande (cosa che mi pare anche sacrosanta).
Sui manga credo il discorso sia un po’ diverso: a inizio volume avevi sempre la simpatica nota di spiegazione e io e immagino anche tu abbiamo avuto anni e centinaia di pagine per cementificare questa conoscenze, tanto che questi benedetti suffissi li sapremmo usare istintivamente. In un contesto filmico è diverso.
Nota bene: anche nelle traduzioni di Amitrano e Pastore (i due traduttori di punta dal Giapponese nel momento attuale) i suffissi non vengono riportati, o solo in minima parte.
Anche io in passato ho avuto posizioni più radicali, ma bisogna sempre ricordare che noi partiamo almeno dal punto di vista di appassionati che hanno fruito molte opere simili e danno per scontate conoscenze che per la maggior parte della popolazione non lo sono. Da fangirl posso dire che a volte è davvero difficile uscire dall’ottica dei livelli superiori e rimettersi in quelli più bassi.
Forse sono io eh, ma credo che questa release doppia dovrebbe avere lo scopo di accrescere i destinatari dei film dello studio Ghibli, non ghettizzarli ancora di più. Rendiamo giustizia al messaggio universale di Miyazaki.
Al momento non ho proprio il tempo necessario di farlo, ma spero presto di poter confrontare giapponese e prima traduzione italiana perché senza quello purtroppo si possono solo buttar lì queste frasi altisonanti e ammetto che per muovere accuse fondate, non ci son cazzi, serve fare una comparazione diretta.
Però concedetemi che le ambizioni che si fanno appuntite proprio non si possono sentire, dai. XD
Vanno mantenuti. Oneesan con sorellona è perfetto. A me importa del film, non del pubblico
Devo dire che rivederlo al cinema mi ha fatto un certo effetto. Se dal punto di vista tematico è vero che è stato tutto rielaborato così tante volte che certamente ci sono film migliori dello studio Ghibli, visivamente le scenografie dipinte, la colorazione, l’animazione tradizionale hanno un impatto diverso rispetto a quelli un po’ piatti ottenuti con il digitale. Forse i capolavori sono altri: Totoro, Laputa, Porco Rosso, La città incantata, Si alza il vento.
E poi, di Takahata, Una tomba per le lucciole, tra un mese nei cinema: in assoluto il primo film giapponese di animazione della mia vita, VHS Yamato Video, lacrime copiose.
p.s. sul nuovo doppiaggio lucky red concordo: più ridicolo che arcaico.
Io ci metterei anche Mononoke, però con il tuo elenco sono d’accordo.
Ecco a me Mononoke non piace per motivi simili a quelli per cui non ami Nausicaa: questo sì già visto e ripetitivo. Su una cosa però sicuramente c’è stato un progresso: le musichette da videogioco anni ’80 hanno lasciato il posto alle evocative colonne sonore del Ghibli maturo (per quanto un po’ tutte simili).
Infatti è straordinario vederlo al cinema (e poter pagare): lo Studio Ghibli è agli sgoccioli
Adoro questa versione medievale di Nausicaa! A parte le boiate visibilmente fuori tempo però si è capita meglio la trama, che è solo 1/3 di quella uscita dal fumetto. Che non ho ancora letto, ma me l’hanno già spoilerato quasi tutto, quindi tant’è. Ti no nominato per il Liebster Award. Se hai voglia di guardarci, questo è il link: https://occhiocotto.wordpress.com/2015/10/09/liebster-award/. Ciao, e complimenti!
Grazie mille!
Ma sei studentessa di giapponese? Solo per capire le tue critiche… Comunque scrivi bene
Sì, sono laureata in giapponese.
“Negli anni ’90 ci siamo goduti un sacco di anime su MTV, con sigle originali e adattamenti dignitosi (e alcuni doppiaggi che io ritengo strepitosi)”
Tipo che Cowboy Bebop aveva tanti di quegli errori di traduzione sparsi che non ti puoi immaginare, anche se quello più clamoroso resta quello della durata della criostasi di Faye che poi crea problemi visto che si presenta una vecchietta verso fine serie che era sua compagna di classe.
Semplicemente, visto che la resa in italiano era fondamentalmente buona, non si poteva nemmeno essere a conoscenza delle castronerie che ci venivano rifilate a volte.
Comunque tornando sulle citazioni di Cannarsi faccio presente che la battuta non è “Al giusto biasimo le orecchie volgo”, ma “Al giusto biasimo le orecchie dolgono”. Comunque capolavoro, ma il significato è parecchio diverso!
Chissà cosa ne penserebbe Miyazaki stesso se vedesse la versione italiana. Qua il concetto di fedeltà, -chan -kun -sama, sorellone e altro è irrilevante: la linea guida è “essere comprensibile anche dai bambini”, se il risultato finale non lo è allora è sbagliato ripeto sbagliato per quanto possa essere grammaticalmente corretto (e non sempre lo è) o linguisticamente affascinante. In originale è seguibile da un bambino di sei anni? Sì. In italiano? No. Allora è sbagliato, fine. Io il confronto diretto, che sono convinto anch’io sia il solo e unico metodo affidabile e sicuro, l’ho fatto con Ponyo sulla scogliera: la versione italiana è pessima, punto. In originale parlano una lingua da asilo nido, in italiano no. La fedeltà linguistica così estrema da sovvertire la logica della lingua di destinazione è nient’altro che un errore, non è un “punto di vista”, non è un “eccesso di zelo “, non è “ricercatezza linguistica”, è un errore perché Cannarsi viene pagato per l’adattamento per il pubblico pagante e non per esibirsi in una performance di onanismo che compiace solo lui. La matematica è l’unica lingua universale, il giapponese e l’italiano no: facciamocene una ragione, una è SOV e l’altra è SVO. «Abbigliata di un azzurro capo» ha senso come licenza poetica all’interno di un contesto tecnico poetico, cioè necessità di ritmo, rima, sillabazione, accento; in prosa non ha senso, in un copione teatrale/cinematografico meno ancora. La regola generale è che la fedeltà linguistica è subordinata alla comprensibilità e alla resa del senso: Cannarsi fa il contrario subordinando il senso alla resa linguistica, creando sterili frasette in un italiano ridicolmente compiaciuto di sé. «Come sono stato bravo a scegliere “designazione” invece di “scelta”, la maestra mi metterà un 10+ e così gliela farò vedere a quel prepotente del Franti, ecco, uffa», non faccio alcuna fatica a immaginarmelo.
“in una performance di onanismo che compiace solo lui”. 10+
Peraltro tu sei quello che ha saputo predire a mesi di distanza alcuni dei passaggi più critici di Marnie vedendo il film in Giapponese e analizzandolo a livello grammaticale. Onore al merito.
Vorrei rispondere «È stato facile, è bastato pensare “Questo come lo tradurrebbe l’Ariosto?”», e invece no, ti rispondo «È stato facile, è bastato pensare “Come posso complicare inutilmente questa semplice frase?”». L’Ariosto usava quella lingua e quel ritmo e quel lessico per giustificati motivi poetici, Cannarsi no, lui scrive in un registro totalmente privo di senso. Perché «azzurro capo» invece di “vestito azzurro”, mi devi spiegare il perché cristosanto, il PERCHÉ.