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45years_1Quando si parla di Berlinale l’allegria e l’innovazione non sono generalmente contemplate tra gli ingredienti principali dei suoi film tipo, il che rende questo festival forse meno attraente di altre kermesse più giovani e alla moda. Quest’anno però a Berlino si è visto un programma di tutto rispetto e da quel poco che sono riuscita a recuperare, comprendeva due grandissimi film autoriali, tra i migliori dell’annata: El Club e questo 45 Years.
Non stupisce quindi che l’accoppiata dei suoi protagonisti, vera colonna portante di una storia potente ma piuttosto sintetica (l’adattamento del racconto breve In Another Country by David Constantine) si sia portata a casa il premio per la miglior interpretazione. Orsi meritatissimi, dato che qua e là la loro perfomance è così intensa da poter essere tra le migliori di due carriere ricchissime di successi e ruoli memorabili.

Kate e Geoff sono una coppia di anziani borghesi inglesi che vivono con serenità il loro matrimonio in una casetta di campagna. Dopo alcune difficoltà di salute per lui, i due si apprestano a festeggiare 45 anni di vita insieme. A una settimana dall’anniversario, una lettera mette in forse l’armonia di una vita: il cadavere della fidanzata di un tempo di Geoff, dispersa durante un incidente sulle Alpi, è stato ritrovato perfettamente conservato all’interno di un ghiacciaio svizzero.

Il film è diviso in segmenti dedicati ai giorni della fatidica settimana che separa la coppia dalla festa d’anniversario. Dapprima il ritmo è piuttosto lento e il film verboso, dato che ci immerge a poco a poco nella consuetudine della coppia, rendendoci partecipi delle piccole storie e delle quotidiane chiacchiere senza importanza che i due si scambiano.
In realtà ci stiamo addentrando in una routine che è appena stata increspata da un avvenimento le lui ripercussioni via via scaveranno più a fondo nella coppia, ne testeranno le fondamenta, ne evidenzieranno le fragilità, ma anche la voglia di superare questa difficoltà.

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Non ci saranno drammi, scenate isteriche o pianti disperati, ma pian piano nei due si faranno strada i forse e i se che la lettera ha saputo risvegliare, scavando nelle loro rughe la consapevolezza che si trovano ora insieme perché gli eventi hanno preso questa piega, e la loro armonia coniugale è solo una delle strade possibili che la loro vita avrebbe potuto prendere.
Kate e Geoff erano felici, consapevoli della morte ogni giorno più vicina ma anche del lusso che la loro vita serena e senza preoccupazioni concedeva loro. Il corpo giovane conservato tra i ghiacci è un crudele risveglio nella vecchia che prima non si erano mai sentiti addosso, un fantasma che è sempre stato lì ma cui la ora lontana, ma sicura corporeità grava minacciosa su di loro e ad ogni segmento la tensione sale e il rapporto diviene taciuto, opprimente, incapace di chiarirsi anche nei momenti di estrema sincerità.

Il film funziona per tre motivi: la storia è ottima, sviluppata in maniera razionale e ragionevole, ma capace di portare tensione nella quotidianità e di colpire diritto allo stomaco con un finale eccelso, il più graffiante del 2015. Un colpo di cinema memorabile all’interno di un film autoriale nel senso migliore del termine: chi se lo aspettava da Andrew Haigh, il regista di Looking della HBO, un film così capace di suggerire, alludere ed evocare attraverso dettagli, sfumature, messe a fuoco, oggetti che entrano, escono e rimangono sullo sfondo della composizione visiva. Quel tipo di cinema che non ha bisogno di parole per veicolare i contenuti più importanti, quelle immagini con un dettaglio che ti si imprime in testa per come ti suggerisce una svolta importante (penso ad esempio al quadro alpino nella sala della festa), alla Tomas Alfredson.
Se scrittura e regia sono ottime, non possono che esaltare ed essere esaltate dal fantastico duo dei protagonisti. Di fronte a carriere tanto ricche e lunghe è difficile parlare del “ruolo di una vita”, ma sicuramente ricorderemo a lungo questi personaggi e la perfomance così intensa e potente di Tom Courtenay e di una intensissima Charlotte Rampling.

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Lo vado a vedere? Posto che si tratta di un film molto autoriale e inizialmente molto lento e verboso, 45 anni è una grande lezione di cinema, intenso come contenitore di storie potenti ottimamente narrate ma anche come medium finalmente sfruttato al 100% a livello visivo, senza dimenticare una coppia di attori che insieme fanno letteralmente scintille. Non per tutti, ma un capitolo che i cinefili DOC non possono esimersi dal recuperare nell’annuario 2015.
Ci shippo qualcuno? No.
Spiegazione del finale di 45 anni – Ero ancora in sala e già potevo percepire il dramma che avrebbe scatenato un finale così aperto e così presentato, per immagini e senza spiegone verbale, che richiede un minimo sforzo deduttivo. Tranquilli, ve lo spiego io, è semplice. Da qui in poi siamo nella landa dello SPOILER.
Il punto del film è che ci aspetteremmo che sia Geoff a crollare, invece la prova della “giovane amante” finisce per mandare in crisi Kate, e non per questioni di gelosia, o per la scoperta della gravidanza della rivale.
Passare attraverso i se e i ripensamenti ha convinto Geoff di aver fatto la scelta giusta ma ha lasciato Kate preda dell’angoscia, sempre più convinta di non amare così a fondo Geoff, di non aver proprio potuto scegliere. Per questo sul ballo finale piange silenziosamente, perché la festa non le sta donando una liberazione, la sta gettando nella sicurezza di aver perso per sempre la serenità, di aver probabilmente gettato al vento la sua vita, di non aver possibilità di rimediare. Potendo scegliere, lei non sarebbe rimasta con Geoff, e non solo per quanto gli ha taciuto sulla ragazza nel ghiacciaio.

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