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26wtfposterÈ dai tempi dell’ormai classico generazionale Mean Girls che la presenza di Tina Fey in un film non si trasformava in un plus, sfruttando appieno la vis comica dell’autrice, sceneggiatrice e attrice nata tra i banchi del Saturday Night Live.
Anzi, presso la schiera di suoi fan tutta una serie di film comici tra lo sciapo e l’irrecuperabile erano stati stoicamente sopportati proprio in nome di Liz Lemon di 30Rock, quando progetti simili per altri attori sarebbero stati immediati deal breaker.
Nel 2016 è finalmente arrivato un lungometraggio che sfrutta appieno la sua protagonista e che, non a caso, la vede tra i produttori stessi della pellicola. Insomma, c’è persino da dubitare che senza la presenza della Fey questo Whiskey Tango Foxtrot, memoir di una editor newyorkese divenuta per caso corrispondente di guerra a Kabul, sarebbe stato adattato con un tono completamente differente.

Kim Baker (Tina Fey) è l’editor newyorkese di notiziari e rubriche di infotainment per un’emittente televisiva di spicco. Mentre le attenzioni della nazione si spostano sulle sorti dei soldati americani in Iraq, Baker decide di accettare la proposta della rete e di uscire dalla routine più che rodata della sua vita (fidanzato, lavoro, persino in palestra più che ordinata e ordinaria) e andare a Kabul a fare la corrispondente di guerra. Inizialmente spiazzata e smarrita, in poco tempo entrerà nella Kabubble, la bolla di adrenalina e sballo in cui vivono i corrispondenti come lei, la bella rivale Tanya Vanderpoel (Margot Robbie) e il cinico fotografo scozzese Iain MacKelpie (Martin Freeman).

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Con la fame di storie vere dalle nuove guerre arabiche che Hollywood continua a dimostrare di avere, propinandoci ogni anno almeno un paio di storie tra il drammatico e l’eroistico (cfr. il trailer del nuovo film di Ang Lee), è lecito supporre che questo memoir non sarebbe rimasto a lungo lontano dalle mire degli studios. Al netto di Tina Fey è un film più che classico, basato sulla parabola di un personaggio che si ritrova in un contesto a lui sconosciuto e, dopo la diffidenza e lo smarrimento iniziale, diventa via via più scafato e familiare con lo stesso, fino ad eccedere in hybris umana e professionale, pagandone le conseguenze.

Insomma, un The Hurt Locker la cui metafisica viene sminata con consumata perizia da Tina Fey, che non dona solo la sua perfetta parvenza di newyorkese abitudinaria al realismo della messa in scena ma anche una vena da commedia brillante in un dramma di guerra.
Sotto la sua carismatica influenza, Whiskey Tango Foxtrot (WTF nell’alfabeto NATO) diventa una storia già sentita capace di scavare con lucidità emotiva e battute taglienti nel patriottismo che incarna.
Complice la scelta di un cast davvero azzeccato, dove Margot Robbie diventa la sexy reporter compagna di bevute e Martin Freeman incarna il più romantico dei cinici, donando una componente romance tanto inaspettata quanto riuscita, il film riesce a ricavare una nuova angolatura nell’infinito ritratto cinematografico dell’impegno militare statunitense del nuovo Millennio in Medio Oriente: quella comica.

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Se sotto questo versante rimane un film godibilissimo ancorché canonico, la sfaccettatura in cui risulta più soddisfacente e pungente è ancora una volta quella vicina alla Fey, ovvero il mondo dell’informazione e del giornalismo. Il duo registico di I Love You Philipp Morris e Focus non rinuncia a suggerire nei pochi minuti rimasti un ritratto senza retorica del giornalismo estero contemporaneo, diviso tra inviati di guerra letteralmente dipendenti dall’adrenalina del conflitto e reporter comodamente seduti a Washington che riferiscono notizie di seconda, terza mano, che letteralmente riportano più che testimoniare coi loro occhi.
Peccato che la stessa incisività e cura venga a mancare sul fronte afghano, cadendo nella trappola del white washing e assoldando due occidentalissimi attori per ritrarre le figure di spicco della realtà locale, peraltro affrontate con netta superficialità a differenza delle controparti occidentali.

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Lo vado a vedere? Film molto consigliato anche a chi non ha un lucore sospetto negli occhi appena si parla di 30 Rock. Canonico certo, ma divertente, talvolta romantico, talvolta scorretto e con un paio di riflessioni serie da fare. Finalmente Tina Fey torna al cinema in un film alla sua altezza. Ottima visione anche in chiave femminile, che sa essere ironica sulla vita di una 40 something newyorkese senza cadere in certi stilemi e soprattutto mettendo al centro proprio lei e la sua collega/rivale.

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Ci shippo qualcuno? No ma nonostante il suo proverbiale caratteraccio, qui Martin Freeman qui è veramente da batticuore.