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gp_peculiar4Non so se sia frutto di un approfondito esame di coscienza o semplicemente una coincidenza fortuita del caso, ma l’approccio onesto e pragmatico con cui Tim Burton affronta la regia di Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali lo rendono già il suo miglior film da parecchi anni a questa parte.
Non sono d’accordo con chi si è affrettato a proclamare che il Tim Burton di un tempo è tornato, ma sicuramente la scelta di dedicarsi all’adattamento filmico del romanzo young adult che Ransom Riggs sembrava aver scritto apposta per lui ha pagato.
O forse dopo tanti fiaschi, qualche fischio e una serie cospicua di delusioni, affrontando un film del Tim Burton di oggi con le giuste aspettative si può tornare a ridere e emozionarsi, ritrovando in qualche frangente l’incanto di un tempo.

Jake (Asa Butterfield) è un adolescente da poco affrancatosi dal mondo meraviglioso che il nonno gli raccontava da bambino, popolato da strani bambini dai poteri portentosi, nascosti in dei rifugi magici in tutto il mondo. Proprio quando è pronto a bollare come storie di fantasia le magiche avventure del nonno tra i ragazzi “speciali” cresciuti dalla portentosa Miss Peregrine (Eva Green) nel suo rifugio, ecco che Jake si ritrova a confrontarsi con il passato del nonno e la propria opinione di sé, visitando quei luoghi di cui pensa di sapere tutto, ma di cui ignora ancora i crescenti pericoli.

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Ransom Riggs ha fatto un enorme favore a se stesso, scrivendo nel 2011 uno dei romanzi young adult di più grande successo (commerciale ma anche critico) dall’esplosione di questo segmento narrativo, ma se possibile la sua mossa ha tratto ancor più d’impiccio Tim Burton, naufragato tra le secche di copioni così poco ispirati da aver evidenziato impietosamente la sua crisi artistica. Di fronte ad atmosfere gotiche, freak di varia natura e giovane età, chi mai avrebbe potuto negargli la regia di questo film – lungometraggio che ovviamente sarebbe stato prontamente opzionato da qualcuno negli anni della corsa al successo young adult di turno? La storia non sembra fatta per essere girata da lui, sembra scritta da lui: non dal Tim Burton di oggi, ma da quello autentico e romanticamente sovversivo sulla cui fascinazione l’uomo e il regista di oggi porta avanti la propria carriera.

Se tra il buon cast di volti burtoniani che affollano questo coming of age melanconico ma comunque ottimista non c’è forse davvero nessuno portento (d’altronde “crisi creativa” significa anche perdere quel tocco che ti porta a scoprire e lanciare l’interprete giusto), c’è da dire che l’azzurritudine perenne che fa capolino dagli occhioni sognanti di Ella Purnell – la sua Emma è l’ultima declinazione del canone stilnovistico di Burton – lo sguardo ferito di Asa Butterfiled – ormai inserito nelle rubriche di mezza Hollywood sul pulsante chiamata veloce per questo genere di protagonisti adolescenti – e degli altri ragazzi speciali è quel quid che funziona e fa funzionare alla grande la classica regia di Burton, stavolta più in forma del solito.

MISS PEREGRINE'S HOME FOR PECULIAR CHILDREN

Definire Eva Green la sua nuova musa sarebbe un tantino esagerato, dato che è lei a fare il solito, sporco lavoro, riprendendo con il pilota automatico il suo più classico e stereotipato dei ruoli: la strega ambigua ma di fondo buona, in un filo quasi ininterrotto da Serafina Pekkala a Miss Ives fino a Miss Peregrine, ritoccando giusto un po’ make up e vestiario in chiave rapace e dando un nuovo nome che suona bene ai mutaforma. Certo è perfetta per l’estetica e l’etica burtoniana, seppur non sia poi nemmeno così protagonista in questo film (a differenza di quanto una savia campagna promozionale vuole farci credere). È la croce della carriera di questa splendida e portentosa attrice: col suo corpo e il suo talento, finisce per fare più lei per i registi per cui lavora che non viceversa. Certo, poteva anche andarle peggio: vedi alla voce Judi Dench.

Forse a pagare è stata anche e soprattutto l’onestà con cui la sceneggiatura e la regia accettano il target giovanile verso cui la storia era originariamente rivolta. Siamo di fronte a una fiaba i cui risvolti, talvolta macabri, talvolta gotici, talvolta sperimentali, sono più che prevedibili, in un dolce cullarsi nella tradizione dei libri di racconti per ragazzi. Va benissimo così. Finché continueremo a torturarci con la consapevolezza (granitica) che il Tim Burton di un tempo avrebbe tirato fuori qualcosa di meno consolatorio e decisamente sublime da questo materiale, non potremo goderci appieno anche i suoi risultati migliori.

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Vado a vederlo? Si può fare. È questo il segreto: se Tim Burton farebbe bene ad accettare il suo ruolo di regista d’intrattenimento, capacissimo ma non geniale cineasta di un tempo, noi dobbiamo permettergli di farlo, senza ossessionarlo con il fantasma del passato.
Ci shippo qualcuno? No, ma mi è rimasto un dubbio superspoiler che mi è parso persino un buco non indifferente nel finale del film (ma potrebbe essere che mi sono persa io eh). Segue in bianco, evidenziate a vostro rischio e pericolo: ma quindi il povero ragazzo “morto” lo hanno lasciato dietro di sé nella fuga dalla casa di Miss Peregrine, senza che nessuno si ponesse minimamente il problema o lo citasse? Poverino!