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La saga di Alien ha le caratteristiche giuste per diventare un franchise? I produttori sembrano pensare di sì, dato che da qualche tempo spingono per renderla transmediale, ricamarci intorno sequel, prequel e persino un giorno dedicato, Alien’s Day, rincorrendo i successi di Star Wars e di Star Trek.
Dopo la visione di Prometheus e di Alien: Covenant però sono convinta che Alien non abbia le caratteristiche ideali per sottoporsi a questa trasformazione senza gravi conseguenze. Ovviamente a mancargli non è la qualità: raramente si è vista una saga fondata da 2 film così diametralmente opposti (da una parte l’apertura intimista e mistica di Scott, dall’altra il gigantismo e la verve di Cameron), capaci di risultare alieni, appunto, memorabili nel panorama cinematografico dell’epoca. Come mantenere questa sferzata d’inaspettato e rivoluzionario se l’abc del franchise e degli universi espansi è ripetizione, consolidamento, canonizzazione? Come sottolinea Peter Bradshaw su The Guardian, a differenza del suo titolo Covenant risulta sin troppo familiare, in maniera sgradevole e allarmante.

Si può discutere se sia la peggior pellicola della saga, ma sul fatto che Covenant sia un capitolo di Alien evitabile e un film horror brutto e dimenticabile non c’è purtroppo molto da cavillare. Ormai di blockbuster scadenti e senz’anima ne abbiamo visti così tanti da poterli persino classificare e questo non appartiene alla specie peggiore, perché un’idea forte e un twist sorprendente ce l’ha. Nel giudicare Covenant infatti non bisogna dimenticare che rispetto al predecessore si muove in un campo ben definito, con l’obiettivo non semplice di riorganizzare il guazzabuglio lasciato da Prometheus e, addirittura, ricondurlo à la Rogue One fino al primo, storico film diretto da Ridley Scott.


Dopo l’addio di Lindelof, la ricerca di qualcuno che sistemasse il disastro narrativo che aveva lasciato è stata tutt’altro che indolore e veloce: alla fine la patata bollente è toccata al solito John Logan (a cui era toccato rattoppare Skyfall dopo il leak Sony), in coppia con D.W. Harper. Logan e Harper l’idea così forte da poter sostenere l’intero film l’hanno anche tirata fuori, con un twist capace di emozionare di nuovo all’arrivo (molto tardivo) di Alien in scena e di inserire in maniera permanente e coerente la figura più carismatica del prequel, David, nella mitologia ufficiale.

Il problema è che oltre a questa idea, Covenant non contiene davvero nulla, oltre al deleterio tentativo di rendere tutto canonizzato e ripetitivo. E quindi riecco la nave nello spazio che capta uno strano segnale e riecco un equipaggio variegato che si trova a fronteggiare la minaccia aliena, con i ruoli ormai canonizzati e quindi in grado di disinnescare quasi ogni sorpresa.

L’unica e particolarmente negativa è che di fatto ad eccezione di Michael Fassbender (vero polo carismatico del film, sempre pronto a mitigare incoerenze e sciocchezze) e in parte di Katherine Waterston, nessun altro attore ha per le mani un personaggio vero e proprio. Covenant infatti ha una decina di personaggi ma di fatto ne riesce a scrivere solo due. Quel che è peggio è che quando presta attenzione agli altri membri dell’equipaggio, riesce solo a farli sembrare dei perfetti idioti, tanto che per la prima volta in sala viene più da tifare per l’alieno che per l’umano, come nelle commercialate horror più superficiali.
A incarnare al peggio questa deriva è il vicecomandante interpretato da Billy Crudup, un vero trionfo per gli oltranzisti del show don’t tell: oltre che ad essere odioso e francamente un cretino (roba che il biologo che faceva pucci pucci all’Alien serpente di Prometheus in confronto è un fine stratega), si limita a ricordarci che lui viene discriminato perché credente, senza però mai mostrarci nei fatti cosa lo differenzi dagli scienziati a bordo. Il dubbio che viene allo spettatore è la fede sia stata solo una scusa, per demansionare un autentico idiota.

Lo vado a vedere? Trovo molto desolante constatare come l’urgenza degli studios di capitalizzare ogni opera con un seguito e un peso specifico sul pubblico porti Alien, il re del terrore nello spazio profondo, ad essere protagonista di brividi d’imbarazzo (la scena coi flauti ha autentiche venature di WTF!?, ma è ancora accettabile rispetto al baratro della schiusa delle uova alla presenza del Capitano) e sbadigli di prevedibilità. Non bisogna poi dimenticare i passi falsi nella coerenza interna (il buco lasciato dal chiodo è scomparso per magia?), l’interminabile parentesi introduttiva che porta Alien ad apparire oltre la metà del film lasciandoci soli come David con questo branco di nullità e un finale che sorprende solo per l’ingenuità con cui crede di averla fatta franca (e non serve essere parrucchieri per capire dove si andrà a parare col taglio di capelli di David). Resta da capire quanto di questa mesta disfatta sia figlio del cattivo lavoro degli sceneggiatori e quanto piuttosto della volontà dello studios e della pigrizia di Ridley Scott, una volta maniacale nel controllo sulla sua creatura. Oggi, purtroppo, non è più così.
Ci shippo qualcuno? Ma magari. La scena dei due flauti però aveva un sottotesto da fanfiction di quelle malate, questo sì.