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a mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar, è quasi magia!, fantasy, fiabe favole and co, Hugo 2016, Hugo Award, mondadori, Naomi Novik, Nebula 2016, Nebula Award
Agnieszka e Kasia sono adolescenti cresciute all’ombra del Bosco – un pericoloso luogo da cui escono solo sventure per i villaggi del regno di Polnya – e con il timore della venuta del Drago, il mago che protegge le terre circostanti in cambio del tributo di una fanciulla ogni dieci anni. Le due amiche sono ben consapevoli di essere nate nell’anno del Drago: sulla loro testa pende quindi la possibilità di venir portate via dallo stregone e rinchiuse nella sua Torre.
La minaccia per la sbadata e trasandata Agnieszka come per le altre ragazze è in realtà relativa: Kasia è così bella, coraggiosa e dotata di ogni virtù che tutti (lei e sua madre in primis) danno per scontato che il Drago la sceglierà come tributo. Invece a venire sradicata dalla sua vita e a finire nella Torre sarà proprio Agnieszka, assoluta protagonista e voce narrante di Cuore Oscuro (Uprooted), il romanzo premio Nebula 2016 di Naomi Novik.
Da postfazione scopriamo che l’autrice del ciclo fantasy di Temeraire (edito in Italia da Fanucci) ha scritto questo ibrido tra fiaba e fantasy in attesa che sua figlia possa scoprirvi le storie che la nonna di origini polacche le raccontava da piccola. Uprooted fa quindi parte del fortunatissimo filone fantasy che negli ultimi anni ha rielaborato e riscritto le fiabe della tradizione, inserendovi elementi del folklore dell’est Europa. O almeno questo sarebbe l’intento, perché ad eccezione delle sonorità dei nomi del protagonisti e da alcune figure come Baba Jaga, è difficile individuare cosa sia figlio della tradizione polacca e cosa sia frutto dell’immaginazione dell’autrice, perché il mondo fantastico dove Agnieszka e il Drago intessono magie non è poi così diverso da quelli letti in questi anni ad opera di questa fortunata generazione di nuove autrici fantasy.
Che poi è il mio problema con romanzi come Uprooted: si leggono che sono una meraviglia (qui le ultime 100 pagine filano via in un crescendo davvero sorprendente e memorabile), però tendono sempre a scivolare in certe consuetudini e stereotipi da young adult che li rendono talvolta davvero ingenui, banali o entrambe le cose. Questione di gusti, certo, ma anche un po’ di amatorialità in fase di scrittura.
Prendiamo la protagonista, Agniezska: sulla carta è un personaggio femminile strepitoso, capace di atti di coraggio ma comunque umano per le proprie debolezze e meschinità. Non è particolarmente bella e si rivela decisamente imbranata, ma a suon di colpi di testa riuscirà in qualche modo a tenere testa al suo supposto aguzzino e, con grande disperazione del metodico e disciplinato Drago, ad addentrarsi nel mondo della magia con ottimi risultati.
La dimensione magica è uno dei punti di forza di Uprooted, l’elemento di maggiore freschezza che lo fa distinguere dal mucchio. La magia qui è un flusso immateriale che può venire plasmato solo da chi ne è attraversato, con metodi molto diversi: se il Drago, il Falco e gli altri stregoni della Capitale hanno un approccio accademico fatto di formule e di lunghe litanie mandate a memoria, Agnieszka utilizza le canzoni della madre e una buona dose d’improvvisazione per praticare incantesimi più istintuali e pragmatici, ma altrettanto efficaci. In parole povere il carattere del mago va a incidere anche sul come formuli i suoi incantesimi e, per chi percepisca il flusso magico, la magia è una traccia olfattiva e personale, persino palpabile come un tocco intimo quando due maghi collaborino allo stesso incantesimo.
And then finally the magic flowed, but not the same way as when the Dragon’s spell-lessons dragged it in a rush out of me. Instead it seemed to me the sound of the chanting became a stream made to carry magic along, and I was standing by the water’s edge with a pitcher that never ran dry, pouring a thin silver line into the rushing current
Sarebbe meraviglioso, se non fosse che la fascinazione magica e la credibilità del romanzo vanno alla malora per l’incapacità di Naomi Novik di resistere alla sua protagonista, di porre un freno al suo talento e alle sue possibilità. Di fatto Uprooted è una lunga corsa di vette insormontabili che Agnieszka supera con un balzo e senza troppa fatica. La giovane strega è volitiva e inesperta, ma non sembra avere limiti, anzi: ogni confine (l’esaurimento della magia per il troppo utilizzo, l’incantesimo dell’Evocazione impossibile da lanciare da soli fino allo scontro finale) è posto solo per essere disintegrato da Agnieszka. Per lei la non conoscenza delle regole sembra essere un salvacondotto dalle stesse. Sradicata dalla sua amata Valle e incurante delle proprie responsabilità, è libera di prendere una serie di decisioni in bilico tra l’egoismo più totale e la stupidità più acuta, tanto basterà abbattere l’ennesimo limite per averla vita. Di contro risultano molto più interessanti personaggi secondari e negativi come il principe Marek, Solya, Alosha e il Drago stesso, proprio perché costretti ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni (spesso tra l’altro denunciate da Agnieskza stessa).
Un caso tutto particolare è quello di Kasia, la vittima predestinata poi messa da parte. Il personaggio è al centro dell’arco narrativo più riuscito di Uprooted e ha forse lo sviluppo più inaspettato e interessante, oltre che a esplorare un territorio poco battuto (quello di chi volontariamente si assume una responsabilità e poi, improvvisamente sollevatone, si sente tradito). Il problema è che quando Kasia smette di essere l’amica in distress, finisce per diventare ancora più intrigante, tanto che Naomi Novik è costretta a farla diventare la leva con cui ricattare la protagonista o a relegarla ai margini dell’azione, perché rischia di mettere in ombra Agnieszka stessa.
Ciò che tiene ancorato Uprooted saldamente a uno sviluppo non all’altezza delle sue premesse è incapacità di Naomi Novik di assoggettare la sua protagonista alle regole che dovrebbero governare il romanzo. Ogni difetto di Uprooted, a partire dalla mancanza di una vera e propria suspance fino alla conclusione tremendamente rassicurante, origina da lì. Una volta compresi quali siano le persone che stanno veramente a cuore ad Agnieszka è davvero difficile credere che siano in pericolo. I restanti personaggi, essendo trascurabili per la voce narrante, finiscono per diventarlo anche per il lettore. Lo stesso vale per la conclusione, il cui magico, fiabesco e malinconico equilibrio finale viene rotto dall’impossibilità di negare il lieto fine assoluto alla protagonista. Naomi Novik aveva già agguantato un finale possibilista e comunque positivo, fiabesco, coerente con il carattere dei personaggi e soprattutto con il divario che aveva tentato di tracciare tra umani mortali e maghi che vivono centinaia di anni. Una frattura che ogni personaggio magico, buono o cattivo, con la sua biografia rivelava inconciliabile, un limite che ovviamente Agnieszka non poteva esimersi dal superare, senza pagarne il prezzo e senza apparente fatica.
Questi difetti dovuti a una costruzione brillante ma una scrittura poco letteraria e talvolta alla mercé dei suoi personaggi trattengono Uprooted dall’essere un grande romanzo da annali, ma non gli impediscono certo di essere un’ottima lettura. Qua e là ci sono anzi passaggi di grande forza e sensibilità, a partire dal nucleo tematico racchiuso dal titolo, dalle radici che certi personaggi non vogliono recidere con il loro mondo e che altri tengono accuratamente sollevate per paura di farsi coinvolgere personalmente. Date le origini migranti della famiglia della Novik, il legame magico che radica Agnieszka alla sua valle è una metafora potente e non scontata.
We were of the valley. Born in the valley, of families planted too deep to leave even when they knew their daughter might be taken; raised in the valley, drinking of whatever power also fed the Wood.
Un altra freccia nella faretra dell’autrice che centra il bersaglio è la costruzione del villain, il Bosco. Man mano che la malvagità assoluta che regna tra il folto degli alberi svela il suo volto (e i suoi intrighi che arrivano sin nella corte reale), l’arcicattivo non perde ma acquista sostanza e forza. Ancora una volta, viene quasi da desiderare che Naomi Novik metta in pausa più a lungo un personaggio sostanzialmente senza macchia e senza contrasti come Agnieszka per dirci qualcosa in più dell’origine del Bosco, compressa insieme a mille altre faccende in sospeso in un finale al cardiopalma più per il ritmo che per gli accadimenti veri e propri.
Uprooted è infatti uno strano incantesimo, capace di risultare per lunghi tratti affrettatissimo eppure talvolta troppo dispersivo, perché tende a concentrarsi spesso sulle parti meno interessanti della storia. A livello letterario e come risultato finale altri due candidati al Nebula che ho avuto modo di leggere (Ancillary Mercy e soprattutto The Fifth Season) sono a mio parere decisamente superiori, però quello di Naomi Novik è un raro romanzo fantasy autoconclusivo di notevole freschezza, che tutto sommato merita di venir premiato (anche se avrei preferito che vincesse lo Hugo e la Jemisin si portasse a casa il Nebula).
Sono convinta però che abbia potenzialmente un vasto pubblico da conquistarsi, anche molto al di fuori dei lettori di SFF: rimane la curiosità di vedere come le presenterà Mondadori, che lo porterà a settembre in Italia con il titolo di Cuore Oscuro. La mossa più logica sarebbe di travestire un fantasy premio Nebula da innocuo young adult. Questa veste potrebbe essere efficace perché avrà un sicuro appeal per quel tipo di lettori, ma secondo me sarebbe un gran bel titolo con cui far leva anche su uno sostrato di recensori amatoriali lievemente più raffinato e decisamente più potente nell’influenzare i gusti del pubblico generalista, per cui sono pronta a scommettere che parecchi passaggi che per la sottoscritta sono fonte di disperazione sarebbero meriti intrinsechi dell’opera.
Se preferite il grande schermo alla pagina scritta, nessun problema: la compagnia di produzione di Ellen DeGeneres e Jeff Kleeman ha già acquisito i diritti per la trasposizione cinematografica. Dopo una guerra non indifferente tra studios, l’ha spuntata Warner Bros, quindi c’è anche una buona possibilità che l’adattamento non diventi una pezzentata.
Ci shippo qualcuno? Se Naomi Novik fosse un filo meno familista volemosebbbene, io quasi ci avrei sperato che ad andare a trovare Agnieszka fosse Kasia. Dai, Kasia non è il prototipo perfetto del personaggio di cui le giovani generazioni queer sentono il bisogno, senza che l’autrice ne sia purtroppo consapevole? Kasia coraggiosa, forte e bellissima lesbica. O magari se proprio proprio non si può perché Agnieszka è troppo imbranata per non essere eterodiretta, un KasiaxAlosha? Voglio dire, Alosha gira in armatura e forgia spade indurita da secoli di solitudine con un coefficiente di Xena Principessa Guerriera che levati!
So che parecchi di voi lo hanno già letto, perciò attendo considerazioni a riguardo.
Un ringraziamento speciale a Iononsonoquellaragazza che mi ha generosamente regalato una copia del romanzo: vi consiglio la sua recensione, quella di (including books) e ancora quella di The Omega Outpost per sincerarvi della qualità del romanzo e di quanto io sia in realtà una rompiballe incontentabile.
So che fa sciuretta ma: è adatto per una tredicenne?
Insomma, Agnieszka è una Mary Sue. Peccato, anche la saga di Temeraire soffriva d’un problema simile, con personaggi davvero scialb(ett)i…
oh finalmente qualcuno che regala un po’ di amore a una delle letture che ho più amato, per originalità e forza narrativa, degli ultimi anni!
Anna, posso immaginarmi perché ti piaccia, eheheh.
PS Sto arrivando a leggere Autumn in Europe, a breve. Per la serie “con calma”. XD