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Nell’anno dello sbarco di Netflix in pompa magna al Lucca Comics & Games, il servizio di streaming e il produttore di serie TV ha annichilito la proposta della concorrenza in loco portando due dei cast delle serie TV più seguite in manifestazione: quello di Stranger Things e quello di Star Trek Discovery. Indovinate a quale evento si è precipitata la sottoscritta?Mentre la programmazione settimanale su Netflix si è presa una pausa, il sempre esigentissimo fandom dei trekkiani si sta interrogando non solo sul futuro della serie Discovery – ambientata 10 anni prima di tutto quello che sappiamo e abbiamo visto finora del mondo di umani e klingon – ma anche su quanto saranno rilevanti le avventure di Michael Burnham sull’economia della storia e nel cuore dei fan. In attesa di vedere se la Discovery, i suoi ambigui progetti di ricerca scientifica e il suo misterioso capitano riusciranno a porre fine alla guerra tra la Federazione dei Pianeti Uniti e l’impero Klingon, ecco cosa hanno raccontato gli attori e uno degli autori alla stampa riunita a Lucca.
A rispondere alle domande della stampa sono Sonequa Martin-Green (interprete della protagonista Michael Burnam), l’attore Jason Isaac (noto per il coinvolgimento nella saga di Harry Potter e che interpreta il capitano della Discovery), Shazad Latif (interprete del tenente Ash Tyler) e lo sceneggiatore Aaron Harberts.
Come state vivendo le vostre prime ore in Italia, a contatto con il fandom presente a Lucca?
SMG – Penso che il punto dello show sia che abbatte le barriere anche geografiche, quindi è fantastico essere qui. Inoltre adoro l’Italia! È la mia prima volta qui e dopo la prima sessione di autografi ho detto a mio marito che non sono sicura di voler tornare indietro.
SL – Stavo girando ieri per Lucca, una città popolata da fan e persone in costume. Quando i fan entrano in contatto con noi mentre passeggiamo è davvero fantastico.
Come vi siete preparati ad entrare in un universo narrativo già così codificato?
JI – Come sapete Discovery è pensato per essere collocato 10 anni prima qualsiasi cosa abbiate visto finora in TV o al cinema. All’inizio della lavorazione mi hanno dato una copia de Il Manuale della Federazione, un plico enorme di oltre 750 pagine, ma io ho preso come scusa la cronologia della nostra serie TV per non leggerlo. So che però alcuni membri del cast hanno preso la cosa molto sul serio e si sono visti tutti gli episodi realizzati.
In realtà ho evitato di guardare troppo al passato perché sono un grande fan di Kirk e Spock della serie classica, perciò non ho voluto farmi influenzare, anche per una forma di rispetto.
SMG – Esiste una quantità mostruosa di materiale su Star Trek. Mi ero ripromessa di vedere davvero tutto prima che iniziassero le riprese, ma non sono andata molto lontana perché dovevo lavorare sul mio personaggio. Alla fine mi sono concentrata su Michael, pur stampandomi tutto il materiale e la planimetria della nave. Qualche visione l’ho fatta anche io: in particolare mi sono concentrata gli episodi e gli archi narrativi dedicati ai klingon.
SL – Non mi sono preparato tantissimo, ho guardato un po’ di NexGen e un po’ della serie classica. Per fortuna stiamo portando avanti una storia nuova quindi abbiamo molta libertà di movimento. Mi ha fatto piacere però rivedere Patrick Stewart in azione.
AH – Il peso delle 800 ore di narrazione precedenti può essere davvero schiacciante in writing room, per questo abbiamo deciso di lavorare sui personaggi originali, mantenendo l’idealismo e l’ottimismo originale. Inoltre come avvenuto in passato, ci siamo focalizzati sui temi cari alla società nel nostro momento storico: questo tipo di riflessione è importante per ogni versione di Star Trek.
Ci sono attori che girano le convention da anni dopo aver preso parte a un solo episodio di Star Trek. Vi state già redendo conto dell’impatto di far parte dell’universo trekkiano?
JI – Abbiamo appena finito di girare Discovery. Fammi la stessa domanda tra 10 anni e ti risponderò.
SMG – Al momento c’è l’immediatezza di poter e voler raccontare questa storia al pubblico, vedremo come si evolverà.
LS – Ci vorrà del tempo per vedere l’effetto, per il momento sono contento di essere qui in rappresentata del cast. È divertente vedere come la gente reagisce allo show. Mentre venivamo qui è stato molto divertente ed eccitante vedere quando venivano i membri del cast venivano riconosciuti sull’aereo…stavo quasi per chiedere loro un autografo. (ride)
AH – Io sono solo lo sceneggiatore, posso nascondermi facilmente dietro al computer.
JI – Ho visto la vita delle persone cambiare molto velocemente quando hanno preso parte a un grande franchise come quello di Harry Potter. Credo che quello che faccia la differenza è il rapporto che si forma tra il cast. Sonequa in questo senso non è solo la protagonista sul set ma anche nella vita, intesse una rete di rapporti normali invitandoci a cenare insieme…si è creato un vero e proprio gruppo di amici e solo grazie a lei.
Discovery si concentra come mai prima d’ora sul punto di vista dei Klingon. Perché?
AH – È una serie sulla guerra e volevamo essere sicuri di dare spazio ad entrambe le fazioni e i loro punti di vista. In questo momento della loro cultura, i klingon hanno paura dell’assimilazione, tengono molto alla protezione della loro tradizione. Abbiamo avuto grande cura della parte klingon, anche linguisticamente, facendoci tradurre tutto da uno dei massimi esperti in materia. Quando avvenivano cambiamenti sul set, contattavamo di nuovo il nostro linguista: volevamo essere professionisti e perfezionisti. Anche i membri del cast che interpretano i klingon si sono preparati tantissimo, anche a costo di rimanere spesso isolati dal resto del gruppo, perché parlavano in klingon.
Discovery è quasi shakesperiano nel ritrarre l’ambiguità dei suoi personaggi. Vi siete ispirati al repertorio classico?
SMG – Ho l’onore di studiare Shakespeare alla scuola d’arte drammatica. Il suo ruolo che ho interpretato e che mi piace di più è quello di Mercuzio. L’esperto però è mio marito: spesso ci sfidiamo a gare di recitazione shakesperiana (ride). Immagino che storie così importanti ti rimangano dentro anche quando ti occupi di tutt’altro.
JI – Ogni tanto rubo dei pezzi Shakespeare: nel mio personaggio ci sono echi di Henry V, Jago, Richard III e Coriolanus, soprattutto nei dialoghi e nei discorsi alla flotta. Non è un caso se alcuni dei grandi interpreti di Star Trek erano grandi attori shakesperiani: d’altronde non è una sit-com, è una serie sul destino dell’umanità e è importante che certi discorsi siano epici e shakespeariani.
Cosa ti piace e cosa non ti piace del personaggio che intepreti?
JI – Secondo me nessuna delle persone che consideriamo cattivi si considera tale e bisogna tenerne conto quandi si recita una parte da cattivo. Si sa, io non sono un grande fan del presidente degli Stati Uniti, ma sono convinto che si svegli ogni giorno pensando di essere una brava persona. Perciò non giudico il mio personaggio, mi limito a fare quello che fa.
SMG – Io amo interiorizzare, perciò immagino di essere davvero Michael. Sono lei, in un certo senso. Non bisogna mai giudicare troppo però, perché porta all’odio e questo porta a chiudersi e precludersi l’accettazione. Ci sono delle cose che mi piacerebbe cambiare del mio personaggio, ma anche di me stessa.
JI – Penso che questo show rifletta i tempi molto complicati che stiamo vivendo, il gusto estremamente sofisticato che il pubblico ormai ha, la familiarità che ha sviluppato con la complessità dei personaggi. Nello show siamo contraddittori ed egoisti, facciamo cose che ci pentiamo, abbiamo il tempo di essere tali. Non era mai accaduto in Star Trek e trovo che renda Discovery accattivante da recitare e vedere.
Sonequa, tu interpreti due personaggi femminili iconici della TV di oggi. Trovi che abbiano qualche affinità?
SMG – Adoro entrambi i ruoli in Walking Dead e in Star Trek Discovery perché amo interpretare donne che sono forti, ma hanno enormi vulnerabilità. Sono due donne davvero differenti sulla carta, sono molto diverse interiormente e anche per me è un’esperienza completamente diversa. Ad accumularle credo sia solo un certo approccio dogmatico alla loro moralità. Per me è anche una forma di attivismo, un voler essere presente e attiva nel tentativo di dare ruoli sempre più importanti alle donne.
JI – e poi ti somigliando entrambe fisicamente (ride)
Mentre realizzavate la serie temevate la reazione di trekkiani, da sempre puntigliosi fino al patologico?
SL – Penso che non bisogna tentare di accontentare troppo il pubblico, non bisogna rispettare troppo i desideri dei fan. Bisogna rimanere fedeli al personaggio.
JI – Sul set non penso al regista o ai fan, io da quando sono in camerino in mutande a quando giriamo mi concentro sul vincere una guerra che combatto come capitano. Tutti diamo il massimo, è quello l’importante. Quando hai dei klingon armati che tentarono di ucciderti, non possono farti paura dei nerd armati di laptop.
AH – Se cerchi di innalzarti al loro plauso, ti abbasserai alle loro critiche è un modo di dire che ripeteva sempre mio padre. Scrivi per la gioia che ti porta, non per il pubblico è invece la frase che ho scritto su un post-it vicino al mio laptop. Sono consapevole dell’attenzione di fan, ma non vado molto sui social e anche per gli altri scrittori è così. Siamo riuniti tutti insieme, siamo consapevoli dell’attenzione e diamo il meglio di noi: rispetto i fan ma non voglio esserne intimorito.
SMG – Penso che sia la libertà creativa il presupposto necessario dell’autenticità. In questa esperienza condivisa noi siamo una grande famiglia alla ricerca di un’esperienza creativa, che speriamo raggiunga il pubblico.
State già pensando a qualche spin-off?
AH – Wow, non abbiamo ancora finito la prima serie e già mi chiedete lo spin-off! L’universo di Star Trek è così enorme che è difficile, sono affascinato dai klingon…
JI – Non voglio essere quello spin-off, no grazie.
AH – Sono affascinato anche dalle origini vulcaniane dell’infanzia di Michael e il background di Lorca. È una grande domanda questa, perché dimostra le infinite sfaccettature di questo mondo narrativo.
Sei sempre sul pezzo, grandiosa! 😉