Tag

, , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Questi sono i dieci libri che più ho amato e che più mi sono rimasti nel cuore o nella mente nel 2017. Una top ten su un totale di una cinquantina di letture annuali costituisce una fetta non indifferente, quindi i veri must read sono da considerarsi i tre sul podio.

Inoltre il Listone è decisamente influenzato dal mio gusto personale e comprende anche titoli dei decenni passati. Per un riepilogo dei titoli letterari importanti del 2017, vi consiglio di curiosare nella selezione fatta per Players Magazine.

Nelle puntate precedenti…
[Listone 2016] [Listone 2015] [Listone 2014] [Listone 2013] [Listone 2012]

10 – CAROL

Nel 1952 la comunità omosessuale statunitense e internazionale trova finalmente la sua storia d’amore letteraria a lieto fine, se così si può definire lo straziante coming of age dell’introversa ma acutissima Therese, dopo una tradizione di lesbodrama che perdura ancor oggi. A fine lettura ero parecchio sorpresa dal cambiamenti apportati da Todd Haynes alla conclusione e non sempre in senso positivo.

Carol – inizialmente noto come The Price of Salt e pubblicato con uno pseudonimo – va però a toccare una corda esistenziale dell’essere donna ed essere americana nella società perbenista e ipocrita della New York anni ’50, tanto da essere divenuto un best seller nazionale. A colpirmi maggiormente del romanzo più personale della Highsmith (che non ho molto esplorato in prima persona, perciò accetto consigli – thriller e non – a riguardo) è stata l’ombra inquieta che l’autrice proietta su Therese. Dietro i silenzi gravidi di senso della sua protagonista si percepisce uno sguardo tagliente, nervoso, talvolta cattivo, capace di inquadrare la realtà con rara precisione ma che non sconta nulla a nessuno. [RECE]

9 – PASSING STRANGE

Mi gioco da subito il titolo misconosciuto, che ho tenuto da parte come colpo di scena per la top ten e come regalo festivo per chi cerca un titolo con cui approcciare una lettura adulta in inglese. Passing Strange è una novella di poco più di un centinaio di pagine, con un soffuso alone fantastico che non urterà nessuno, nemmeno il lettore più refrattario alla SFF.

Neanche a farlo apposta questa piccola perla di Ellen Klages prosegue sulla scia del lesbo chic: il decennio è quello precedente (1940) ma per le protagoniste c’è persino qualche lampo di felicità, grazie al paradiso per i diversi e i perseguitati che era ed è San Francisco. Le atmosfere sono quelle scintillanti a la Grande Gatsby di qualche tempo prima, ma la sfumatura è quella bohémien dei bassifondi artistici di piccoli cabaret e luna park. La pennellata storiografica accurata di Ellen Klages imprime in questa novella un vero tocco d’artista e a lettura ultimata l’illustrazione di copertina non potrà che strapparvi un sorriso amaro.

8 – IL BACIO DELLA DONNA RAGNO

Del potere della fascinazione cinematografica e della copertina giusta al momento giusto, sennò mai sarei arrivata alla ristampa di SUR del classicone della letteratura argentina del 1976. La letteratura sudamericana suscita raramente in me interesse, così come le frasi civetta annesse e connesse al mito contemporaneo di David Foster Wallace, che additò questo titolo come una lettura fondamentale della sua vita di scrittore.

Esiliato a Città del Messico e costretto a pubblicare in Europa un’opera proibita dalla dittatura argentina, Manuel Puig intesse una duplice tragedia umana e politica intrecciando sapientemente i fili del dialogo quotidiano tra due compagni di cella. Il giovane prigioniero politico ammorbidirà man mano il suo astio ideologico e omofobo verso il più anziano compagno, reo di aver adescato un minorenne e di non essere politicamente impegnato. Questi conquista la sua fiducia attraverso la narrazione di decine di film reali o immaginati dall’autore ammaliando anche il lettore. Il bacio della donna ragno è una miscela di vanità quotidiane e di denuncia politica, il cui irrilevante pulviscolo narrativo fatto di cibo, cinema, sesso e banalità di tutti i giorni è capace di bloccare gli ingranaggi quotidiani e coronare in un finale lacerante.

Prima di David Foster Wallace, che venne chiaramente influenzato dallo stile dialogico di Puig e dopo David Foster Wallace, per tutti quelli che si sentono orfani di Infine Jest e in particolare per i completisti che hanno letto l’opera omnia dell’autore. Per tutti gli altri – me inclusa – un grande romanzo struggente sul lato LGBT, duro su quello politico e irresistibile su quello cinematografico.

7 – THE GEEK FEMINIST REVOLUTION


Deve essere davvero snervante essere Kameron Hurley. L’ho pensato più volte da lettrice infastidita dallo stile di scrittura rozzo, che vanifica parzialmente uno spunto brillante come quello di The Stars are Legion. Lo penso ancora di più dopo aver letto la sua antologia di essay e pezzi critici intitolata The Geek Feminist Revolution. Quell’approccio diretto e poco rifinito che azzoppa i suoi romanzi si sposa magnificamente con la sua produzione non fiction, gestita con un taglio così personale da sconfinare nel memoir e nell’autobiografico.

Del suo enorme limite Hurley è chiaramente consapevole, ma questo non l’ha fermata dal lottare contro uomini violenti, sistemi sanitari da incubo, il fallimento della casa editrice, lavori di supporto, haters online e una serie infinita di rifiuti fino a mettere sugli scaffali delle librerie, uno dopo l’altro, 7 titoli SFF e due trilogie. Questo volume però lo consiglierei a un pubblico ben più ampio, dato che è uno spaccato contemporaneo e dritto a cuore e alla pancia di cosa significhi essere scrittori e essere donne oggi in America. Molti dei pezzi contenuti nel volume li trovate poi gratuitamente sul blog dell’autrice. Due che dovreste davvero leggere sono The Horror Novel You’ll Never Have to Live: Surviving Without Health Insurance e We always have fought, vincitore del premio Hugo.

6 – ALTERED CARBON

Siamo ormai agli sgoccioli: tra poco meno di un mese sapremo cos’ha combinato di preciso Netflix con uno dei noir cyberpunk più suggestivi e feroci scritti nel Nuovo millenio. Non era affatto scontato che l’esordio di Richard Morgan a 15 anni di distanza reggesse così bene la prova del tempo e invece, nonostante per tutto il decennio successivo si siamo scritti senza sosta titoli dall’ambientazione simile, Altered Carbon rimane uno dei più memorabili e accattivanti.

Ad essere vincente è proprio un certo quid che porta l’autore, tanto acuto a livello immaginifico quanto tanto ricco a livello narrativo (seppur sin da subito incapace di rifinire un finale degno di questo nome), oltre al suo uso brutale ma mai mercenario della violenza grimdark. In questa seconda rilettura a distanza di qualche secolo dalla prima e in lingua originale ho particolarmente apprezzato la più che credibile incoerenza del progresso tecnologico, che evolve di pari passo alle sue fallacità analogiche e criminali. Netflix, sarà bene che tu non abbia fatto stronzate. [RECE]

5- AUTUMN

Essere etichettato al contempo come un romanzo minore di Ali Smith e il Romanzo sulla Brexit (con tanto di nomination al Man Booker Prize) è un indizio piuttosto preciso per capire cosa sta combinando l’autrice di How to be Both nel panorama letterario inglese.

Difficile sbilanciarsi in un giudizio vero e proprio senza una visione d’insieme con gli altri 3 volumi che comporranno la quadrilogia delle stagioni annunciata dall’autrice. Attraverso la storia di un’insegnante trentenne prossima al licenziamento causa della Brexit e di un anziano in coma in una stanza d’ospedale, Ali Smith crea un’autentica sinfonia autunnale. In Autunno si fondono le note politiche dell’eutanasia dell’Impero britannico a quelle di due distinte fasi agiografiche in cui ci si gode degli ultimi raggi di sole dell’età precedente in attesa di essere travolti da un nuovo inverno. Nel mezzo c’è anche un excursus nella pop art inglese; la scusa perfetta per riscoprire romanzandola la vita di una pittrice dimenticata e di tingere di colori autunnali l’età perduta e giovane della Swinging London. [RECE]


4 -THE POWER

Nottetempo ha piazzato un titolo che più strategico non si può per la traduzione italiana del vincitore del Bailey’s Prize The Power; la mossa civetta ha di fatto attirato tanti dei lettori del best seller dell’esordiente Emma Cline, quindi missione compiuta. Peccato che Naomi Alderman faccia mangiare la polvere alla collega, con un romanzo molto più moderno, accattivante e ben scritto di Le Ragazze.

Se di girl power e femminismo dobbiamo parlare, nel 2017 non sarebbe ora che le protagoniste prendano nel palmo della mano il proprio destino, piuttosto che sorbirci l’ennesimo libro che le ritrae come succubi a livello psicologico del Manson di turno? Possiamo discuterne a riguardo. Ciò che invece è incontrovertibile (e che mi ha fatto sghignazzare per settimane) è la cantonata di quanti non hanno proprio colto di stare lodando un romanzo indiscutibilmente appartenente al filone tanto vituperato della fantascienza.

Non distopico, a meno di non voler cadere nella retorica del “viviamo in un incubo di presente”. Il sottogenere è quello (molto trendy e molto spoiler, perciò evidenziate a vostro rischio e pericolo) del post apocalittico a sorpresa. Non è che ci siano ibridazioni o contaminazioni: c’è un’innovazione scientificamente ragionata e plausibile (le donne possono lanciare scosse elettriche dalle mani) che genera cambiamenti su vasta scala a livello mondiale, che spingono il lettore per contrasto a interrogarsi sul suo presente. Fanta-scienza, letteralmente. [RECE]

3 – EUROPE IN AUTUMN

Per ragioni lavorative questo ultimo biennio è stato caratterizzato dallo stravolgimento un mio schema comportamentale da lettrice. In passato non leggevo quasi mai libri scritti negli ultimi due, tre anni e le novità editoriali, impegnata com’ero ad arrancare dietro a romanzi di genere acclamatissimi, sì, ma suppergiù un quinquennio prima. Per fortuna poi sono ricaduta nel mio schema comportamentale classico, ripescando dalla pigna dei libri in attesa di attenzioni Europe in Autumn e, dopo un paio di capitoli, dandomi della cretina per aver atteso così tanti anni.

Purtroppo sono comunque in anticipo sui tempi, dato che ancora nessuno ha tradotto in italiano la trilogia di Hutchinson dedicata a un’Europa fratturata e frammentata dal risorgimento dei nazionalisti e dalla morte di Schengen. Se Exit West di Mohsin Hamid è visionario, come dovremmo definire uno come Hutchinson, capace si subodorare nel 2014 una deriva politica e ideologica con cui l’Europa comincia solo ora a fare i conti?
Quello che mi preme davvero dirvi affinché non cadiate nel mio stesso errore è: nonostante le premesse, non è né un romanzo post apocalittico né distopico. Piuttosto lo definirei, nell’ordine: malinconico, thrillerissimo e romantico. Le cose per gli europei vanno un po’ peggio, ma si continua a vivere e, nel caso del protagonista Rudy, persino a rimanere invischiati nel tentativo di garantire la circolazione di idee, merci e persone da una città nazione all’altra, clandestinamente. Prendete La Città e la Città di Miéville, abbassate solo di un paio di tacche il valore letterario, aggiungeteci una spruzzata di Le Carré e ci andrete davvero vicini. [RECE]

2 – A STRANGER IN OLONDRIA

La smetterò mai di consigliarvi titoli SFF ancora inediti nel nostro Paese, vi starete chiedendo, mentre la vera domanda è: quand’è che qualche casa editrice nostrana comincerà a darmi retta? La vera colpa dell’esordio di Sofia Samatar – oltre all’orrenda copertina, beninteso – è quella di uscire sotto l’egida di una casa editrice così microscopica da poter contare esclusivamente sul passaparola. Che è più che ottimo, dato che ci sono arrivata anche io.

D’altronde qui veleggiamo negli stessi mari letterari di Jonathan Strange & Mr Norrell, che ha la fama di essere un mezzo capolavoro. O quantomeno quando qualcuno lo afferma in mia presenza, io annuisco vigorosamente. Sofia Samatar come Susanna Clarke ha esordito con un romanzo gigantesco e ricchissimo, un broccato di lingua letteraria e saggezza umana che ha ricamato nei minimi dettagli per oltre un decennio. Alle volte è così ricco di stimoli sensoriali e intellettivi, di emozioni umane con cui simpatizzare, che rischia di sopraffarti e sei costretto a posarlo e riprendere fiato.

A Stranger in Olondria è un coming of age con una spruzzata di magica e un esordio che profuma già di titolo della maturità e capolavoro. Sostituite la vecchia Inghilterra arturiana di Strange e Norrell con l’affascinante Olondria d’influsso arabeggiante e folklore africano e poi non ditemi che non morite già dalla voglia di leggerlo. [RECE]

1 – LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO


O del perché uno non dovrebbe mai fare le classifiche di fine anno prima che l’annata in questione sia conclusa. Io questo titolo me l’ero tenuto da parte, come una bottiglia davvero pregiata, di quelle che è lecito stappare solo nelle grandi occasioni. Non che ci volesse un genio: è dal 1963 che gente come Graham Greene lo considera il miglior romanzo di spionaggio mai scritto, quindi non mi rimane che confermarne la fama di autentica pietra miliare del genere. Mancavano pochi giorni al Natale e tutta la seconda metà del romanzo, eppure già sapevo che nessun altro libro avrebbe potuto rivendicare il titolo di miglior lettura dell’anno, non con The Spy who came in from the Cold nei paraggi.

Di mio ci aggiungo giusto che tutto questo precisare “di spie e spionaggio” mette in secondo piano le notevoli capacità letterarie di John Le Carrè scrittore: avercene di autori che aprono i propri romanzi con una scena di grande impatto e li chiudono con un contraltare così raggelante e perfetto da cancellare tutto (il gigantesco) resto.
Se nel 2017 la morale cinica e disillusa di Le Carrè su ciò che davvero accomuna ideologicamente capitalismo e comunismo ti raggiunge di schianto e ti immobilizza a terra, preda del consumarsi dell’ultima missione della Spia del titolo, mi continuo a chiedere che schiaffo violento possa essere stata la lettura di questo tomo nel 1963, nel pieno della Guerra fredda.

Nel caso vogliate darci un’occhiata, vi consiglio vivamente di rivolgervi alle seguenti edizioni:

  • Per gli opterà per la traduzione italiana, non fate il mortale errore di rivolgervi a qualsiasi traduzione precedente a quella di Attilio Veraldi (Mondadori, 2015). Per quel poco che ho confrontato, è davvero un lavoro superbo, capace di restituire le sottili ambiguità dei discorsi tra spie di opposte fazioni. Non si può purtroppo dire la stessa cosa delle traduzioni precedenti, in particolare di quelle degli anni ’60 e ’80 che sono tradotte a spanne, disordinatamente e senza rispetto per il testo originale. Evitatele come la peste.
  • Per chi invece non ha problemi con l’inglese, stra-consiglio questa edizione della Penguin Modern Classics. Cercate in particolare questa ristampa (QUI in ebook e QUI in cartaceo, con ISBN 9780141194523) che alla fine riporta una ricca appendice di documenti storici, foto, articoli e testimonianze inerenti alla stesura del romanzo.