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Alex Garland, fantascienza, Gina Rodriguez, i film con gli alieni e le astronavi, Jeff VanderMeer, Jennifer Jason Leigh, lucette azzurre, Natalie Portman, new weird, Oscar Isaac, scienziati che combinano casini micidiali, Tessa Thompson
Ci voleva innanzitutto un grande sceneggiatore per portare su schermo (piccolo o grande?) l’indescrivibile e l’inesprimibile che accade all’interno dell’Area X. La creatura più fulgida e di successo mai uscita dalla penna di Jeff VanderMeer è un crogiolo di visioni da sogno e da incubo, in cui il bizzarro, l’anomalo e l’alieno prendono corpo e forma nella realtà.
La fortuna dell’Area X è di aver trovato più di un grande adattatore: Alex Garland ha già avuto modo di dimostrare di essere un regista capace e preciso. Fortuna ancora più rara, è anche un gran traditore, che saccheggia la fonte originaria, la manipola e la indossa, per fare in modo di parlare con la sua voce attraverso di essa.
L’unica sfortuna del grande film in potenza che è Annientamento è la sua produzione- È palese che Paramount non ci ha creduto mai veramente, mettendoci metà dell’impegno e delle risorse e ottenendo in cambio un film che mostra solo parzialmente il suo enorme potenziale.
Si diceva di Garland e del suo approccio fedifrago alla fonte tradizionale, abitudine che negli anni gli è valsa parecchi detrattori. Tra i lettori della trilogia dell’Area X non mancherà chi rimarrà deluso dalle sue scelte, ma bisogna ammettere che il film non manca di personalità e che, quando cambia, lo fa con uno scopo preciso. Inoltre cinematograficamente funziona eccome; considerando che stiamo parlando di uno dei romanzi recenti tra i più citati come “intraducibili su grande schermo”, era tutt’altro che un risultato scontato.
Di fatto Garland sceneggiatore riesce ad aprire la membrana iridescente che avvolge il nucleo del romanzo, a entrare al suo interno senza lasciarsi scappare l’atmosfera e l’essenza, operando una riscrittura che risponda alle sue urgenze comunicative e non più a quelle del suo creatore originario. Annientamento somiglia molto, nel bene e nel male, a una riscrittura cinematografica a firma Garland. L’ossessione per il dittico umano/non umano è la sua cifra registica: là era l’intelligenza artificiale, qui è l’essenza dell’Area X, un qualcosa originato da una meteora che crea un luogo in cui le leggi fisiche e biologiche sono riscritte.
I personaggi di Garland sono costantemente in esplorazione ai limiti della possibilità di apprendere e comprendere dell’umano. C’è così grande differenza dal mettere alla prova un’intelligenza artificiale di sterminate capacità per capire se abbia coscienza di sé e esplorare un lembo di terra la cui una caratteristica palese è di non essere conoscibile e misurabile attraverso i metodi tradizionali e terrestri?
Secondo Garland no, soprattutto se l’approccio è il medesimo, squisitamente celebrale e metodico, almeno nelle intenzioni iniziali: l’emotività e il subconscio però solo sempre in agguato, striscianti nelle intenzioni e nelle bugie che si raccontano le quattro donne (pardon, scienziate) protagoniste della spedizione dentro lo Shimmer.
Qual è il centro geografico e narrativo di Annientamento, il faro dell’Area X o la camera da letto della biologa e di suo marito? Abbagliati dai riflessi cangiati della Zona che tenta di uccidere le protagoniste senza svelare i suoi misteri, rischia quasi di rimanere inosservato un crescendo altrettanto incredibile, che si colora di tanti bagliori e sfumature differenti. Il merito va certo a VanderMeer, che nel suo misticismo allegorico e nell’ambizione si rimettersi al centro di una corrente da lui fondata e da cui era stato un po’ messo da parte, è riuscito a inserire una decostruzione analitica perfetta di una storia d’amore, di un matrimonio.
Ad Alex Garland però va l’onore e il merito di aver saputo raccogliere questa eredità e di averla affidata a due interpreti splendidi, contraltare perfetto di un’altra storia d’amore nascosta in un enorme film di fantascienza, quella di Arrival. In particolare Oscar Isaac, attore feticcio di Garland, qui dal nulla che si ritrova per le mani tira fuori tanto e lo mette tutto a disposizione di una Natalie Portman che si rivela come sempre impeccabile e incisiva.
Certo sull’altare dell’ambizione e del formato cinematografico per ottenere questo risultato Garland sacrifica tanto del libro originale. Via il misticismo e la dimensione religiosa, via l’allegoria, rimane un focus molto più stretto sul versante squisitamente fantascientifico dell’intera faccenda. Questa scelta sacrifica soprattutto a livello di suggestione tanti passaggi memorabili, ma rende anche le risposte più definire. Alex Garland riesce a dire con chiarezza quello che talvolta VanderMeer non sa mettere in parole in tre lunghi romanzi.
Tuttavia sulla bilancia di ciò che c’è e ciò che manca non bisogna dimenticare che ha pesato in maniera drammatica la volontà di Paramount di produrre il film dopo un infinito tira e molla con Garland*. Nonostante il successo critico di Ex Machina, nonostante il nome sempre spendibile della Portman (e di Isaac, nel frattempo divenuto famoso) e nonostante la fama del libro, la produzione ha preso una tragica decisione da via di mezzo: 50 milioni di budget e riprese in Digital Intermediate 4K vuol dire avere un film girato in digitale senza i soldi per correggerlo in post produzione.
Il risultato a livello tecnico e visivo finisce ahimé per azzoppare proprio il punto forte del film, quella dimensione impossibile eppure reale. Tra effetti speciali chiaramente “staccati” dallo sfondo, radure e verdure un po’ tutte uguali e anonime, grandi icone in scala ridotta (il faro e la torre fusi in un’unica struttura e per giunta mignon), flora e fauna posticce e confuse più che ibridate (ovvero fiori colorati fintissimi disposti a casaccio), il film manca uno degli obiettivi più importanti. Peggio, tenta di correggerlo sotto una pioggia di riflessi arcobaleno e lens flare, che fa tanto fantascienza.
Un peccato capitale e mortale, un’occasione sprecata per ragioni esterne alle capacità dei nomi coinvolti. Quando il problema era il minutaggio, Garland è stato in grado di ridurre grandi personaggi complessi a poco più di schizzi (vedi la psicologa), donandogli un fascino abbozzato e fortissimo. Eppure nulla può contro Villeneuve, Nolan e gli altri, con i discreti, insufficienti mezzi che ha disposizione. Forse sarebbe stato meglio indirizzarlo sulla via più radicale di tutte: armarlo di pellicola (che avrebbe reso gli effetti speciali meno evidenti e i colori caldi e esagerati dell’Area X sublimi) e un budget da film indie e stare a vedere cosa succedeva. Ex Machina è successo e senza i rimpianti di Annientamento.
*In questi anni mi sono occupata parecchio di questa trilogia. Ecco qualche lettura per approfondire la travagliata produzione del film [1][2] e un ripassone dei tre libri che l’hanno originato: Annientamento, Autorità, Accettazione.
Il finale di Annientamento – Garland è più esplicito che può (ben più di quanto lo sia mai stato di VanderMeer) ma dà la sua risposta in forma quasi esclusivamente visiva, per cui io mentre vedevo il film già sentivo la gente che googlava disperata spiegazioni.
Per metterla proprio in maniera brutalmente semplice: l’Area X di Garland è originata dall’arrivo via meteorite sulla terra di un qualcosa di alieno che riscrive il DNA di ciò che entra in contatto con lui, a scopo conoscitivo o come mero riflesso? Non è dato saperlo. Chi ha superato lo Shimmer ha subito questo processo, approdando ad esiti diversi in base al corpo ospite. Kane ha deciso di annientare (parola chiave!) sé stesso fisicamente dopo averlo fatto in potenza partecipando alla missione, dando il compito al nuovo sé di andare dall’amata. Lei finisce a sua volta lì dentro dopo la presa di consapevolezza della sua volontà di distruggere ciò che aveva con lui per noia o chissà. A uscire dall’Area X è la sua versione “originale” che ha interiorizzato il cambiamento, che ha accettato (parola chiave!) una riscrittura per sopravvivere. Il collasso dell’Area X non significa che l’Alieno sia scomparso, anzi. Ha cambiato semplicemente approccio per conoscere, apprendere e chissà, inglobare il mondo. Il suo primo istinto “naturale” è stato di chiudersi in una barriera e vedere che succedeva nel posto nuovo in cui era capitato. Ora si mimetizza con l’ambiente ma prende l’iniziativa e si prevedono cazzi amari per il genere umano.
Sto per farti una domanda ~veramente cretina~ più cretina del solito: :è in sala, o è solo su netflix?
Se non sei negli Stati Uniti, solo su Netflix.
Grazie!
Ciao! Anche io ho una domanda probabilmente molto scema: il film copre solo il primo libro o tutta la trilogia? (Insomma, se recupero i libri scopro qualcosa in più su cosa succede dopo il ritorno di Lena?)
Nel complesso mi è piaciuto, anche se come hai sottolineato la mancanza di budget si vede purtroppo, o meglio l’ho intuita perché appunto il libro non ho avuto ancora la possibilità di leggerlo e posso solo immaginare le descrizioni di piante e creature con DNA tutto mischiato rispetto a quel poco che si vede sullo schermo.
Veramente un peccato che la Paramount non ci abbia creduto abbastanza.
Il film riassume e di parecchio il primo libro e va a creare una sorta di suo finale autoconclusivo e alternativo.
Leggendo la trilogia scoprirai tantissime cose in più: il secondo libro ti racconterà tutto il “prima” dell’ingresso della biologa nell’Area X, il terzo il “dopo”.
Ultima postilla: il personaggio stesso della biologa è differente.
Se ti ha conquistato come universo da esplorare, io ci darei un’occhiata.
Grazie per le info, va nella lista delle prossime letture! (sono super lenta e devo ancora finire Altered Carbon, altro tuo consiglio che sto apprezzando molto, piano piano ci arrivo)
Sono davvero contenta che ti stia piacendo Altered Carbon!
Ho visto il film, non ho ancora ben chiaro un giudizio – certo non vado agli estremi di molte delle recensioni e dei pareri che ho letto in giro (grande delusione, noioso, inconsistente, oppure grande film, imperdibile); penso come te che mancano soldi agli effetti, per un film così visivo è una pecca non da poco.
Il libro (ebook) ce l’ho ma non l’ho letto, mi sono fatta frenare anche da pareri letti in giro, e qui leggo che in VanderMeer c’è un certo misticismo allegorico, suggestioni religiose – ahi, mi sa che proprio non è il mio genere!
Non conosco i tuoi gusti letterari Patrizia, ma vorrei ci tengo a dirti una cosa.
“Misticismoallegorico” pare un parolone camera d’ingresso alla mattonata sulle gengive. No: i temi importanti ci sono, ma è innanzitutto suggestivo, come un mistero che si fatica a comprendere ma che è sbalorditivo.
Secondo alcuni detrattori poi è la versione “superficiale” di Picnic sul ciglio della strada, per dirti che davvero, il problema non è il suo misticismo.
Inoltre Accettazione è decisamente più concreto e paranoico, quasi una spy story da guerra fredda.
Sì, avevo letto della supposta ascendenza da Picnic sul ciglio della strada (che non ho letto, ma conosco la trama – mi sembra non c’entri nulla, tranne per elementi che potrebbero essere già stati affrontati in altre opere di fantascienza), non credo sia il problema più grande del film, supposto ci sia. Non ho problemi con i mattoni, e neanche con libri o film che vogliano fare riflettere – con la religione sì, o con la confusione tra senso del mistero e misticismo. In questo film non ne vedo – o meglio, vedo un rimanere vaghi che in sé non è male, purché mi si trasmetta qualcosa, il che è difficile dato che i temi trattati sono dei classici della ormai lunga storia della fantascienza. Sarà un mio problema perché ho la stessa sensazione guardando o leggendo la maggior parte delle opere di Sci fi recenti.
Ho anche letto una corposa anteprima di Borne e pur essendo attirata dall’ambientazione avevo sempre l’impressione di un qualcosa di troppo facile, di cose già viste. Però a questo libro forse darò la chance che non ho dato ad Annientamento – vedremo…
L’influenza di Picnic è conclamata e dichiarata dallo stesso autore. D’altronde quel libro è un caposaldo per concetti come la Zona, centrali nella corrente new weird di cui VanderMeer è uno dei padri nobili.
Il misticismo del romanzo di VanderMeer nel film è del tutto assente, quindi su questo fronte Garland non ti dà appigli.
Tra i due titoli che citi, Annientamento è nettamente superiore a Borne: se vuoi esplorare VanderMeer, ti conviene decisamente buttarti sul primo.
Ma quindi la Zona è un concetto che va aldilà dell’idea di un singolo autore?
Direi proprio di sì! È un concetto che è diventato topico e ha fortissime influenze su tanti autori e su specifiche correnti, tra cui appunto il weird e il new weird.