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L’esistenza stessa di Gli Incredibili 2 permette di capire cosa e quanto sia cambiato nel mondo dei supereroi, a livello di immaginario collettivo e in territorio squisitamente produttivo. Il genio di Brad Bird nel 2014 ha regalato al mondo un film sui supereroi che si è rivelato l’equivalente di The Watchmen in campo fumettistico: forse per la prima volta nel Nuovo millennio i super si guardavano dentro e si sottoponevano a una sorta di seduta psicoanalitica per indagarne natura, pulsioni e desideri di quanti proteggono i normali dai villain.
Rispetto ai supereroi in carne e ossa che facevano compagnia alla famiglia Parr al cinema nel 2004, i campioni d’incassi di oggi sono enormemente più stratificati e complessi e il merito è in una dimensione non trascurabile anche del film di Brad Bird. Com’era prevedibile Gli Incredibili 2 non ha un’idea così rivoluzionaria attorno a cui ruotare, ma non per questo s’impigrisce limitandosi a tornare sui suoi passi o ad allargare i confini del mondo tratteggiato dal primo capitolo. Anzi, la sua vera morale è molto sottile e riguarda la pigrizia degli spettatori.

Prima di arrivare alle nostre colpe, non si può che sottolineare un altro cambiamento importante occorso tra il 2004 e il 2018, quello che di fatto ha sancito la trasformazione di ogni spunto Pixar in un possibile franchise. Questa ossessione di testare per ogni film con almeno un sequel la possibilità di creare un nuovo marchio è chiaramente figlia di Disney, ormai conglomerato di enormi realtà (Marvel, Pixar, Star Wars e ora FOX), per cui un discorso autoconclusivo non sembra mai essere sufficiente. Gli Incredibili 2 quindi è senza dubbio un figlio di questa smania di capitalizzare sull’usato sicuro di ciò che è familiare al pubblico e suscita immediatamente una reazione emotiva. Ha senso lamentarsi di fronte alla riuscita artistica e commerciale di questo nuovo film di Brad Bird? A mio modo di vedere sì, perché è comunque un esercizio senza rischio e senza rivoluzione che trattiene un grande creativo da tentare la strada più rischiosa ma più stuzzicante della novità.

È facile però rimanere abbagliati dal livello tecnico raggiunto da Gli Incredibili 2, tanto da dimentarsi quanto siano diventate rare le uscite del tutto inedite e originali rispetto ai tempi del primo capitolo. Le texture dei costumi, i chiaroscuri suadenti, i bagliori della moto cromata e degli inserti di latex della nuova tuta di Elastigirl sono visivamente impressionanti anche per gli standard attuali, figuriamoci in relazione a quella che per l’animazione digitale è un’era geologica fa (il 2004). La mano di Brad Bird mette poi lo stato dell’arte dell’animazione al lavoro per un regista capace di portare la direzione di “un cartone animato” su un altro livello: i movimenti di camera della prima battaglia tra buoni e cattivi di Gli Incredibili 2 o il salvataggio del treno da parte di Elastigirl danno tanti di quei punti al film muscolare medio con attori in carne e ossa che Hollywood ci propina dal farmi rimpiangere l’addio (si spera momentaneo) di Bird ai film con attori in carne e ossa.

Se franchise deve essere e un paio di sequel sono la condanna di ogni progetto di successo della Pixar, non ci resta che sperare che al posto di seguiti vacui e poco ispirati ci vengano propinati film come Gli Incredibili 2, capaci di prendere una trama semplice e dall’impostazione classica e cavarci qualcosa di più e mai scontato.
Abbiamo dovuto attendere il 2018 di Ant-Man & The Wasp e Gli Incredibili 2, ma finalmente possiamo dire che è così comune vedere un ribaltamento dei ruoli tra protagonista maschile e spalla femminile – con corollario del primo in difficoltà nel far fronte al ruolo assolto con quieta efficienza dalla seconda – da essere diventato quasi uno stereotipo.
Nel momento stesso in cui Brad Bird sembra essersi incastrato in un angolo di prevedibilità e consuetudine, ecco che ne sguscia via agilmente: Elastigirl diventa di fatto la protagonista del film e Mr Incredible incontra sì difficoltà nel gestire i tre figli, ma vi tiene testa con le sue forze e un piccolo aiuto da parte di Edna, dimostrando che il punto non è una supposta superiorità nell’essere efficienti e multitasking, quanto la necessità spossante di applicarsi costantemente al massimo, rimanendo nell’ombra. Perché di fondo non è particolarmente avanguardistico svicolare appellandosi con condiscenza alla supposta superiorità delle “donne universalmente più brave/efficienti/multitasking”. La vera differenza sta nell’affermare l’uguaglianza di possibilità e capacità, sottolineando la disparità dei ruoli, come fa Gli Incredibili 2.
Il Brad Bird che conosciamo e più apprezziamo viene fuori però grazie ai soliti vaneggiamenti da sindrome delusionale del cattivo di turno, l’Ipnotizzaschermi. A ben vedere questo cattivone molto defilato pur considerando l’apparato anni ’60 tutto luci stroboscopiche ed effetti ipnotizzanti non ce l’ha nemmeno tanto con i supereroi in quanto persone, bensì nel simbolo che rappresentano per il pubblico. La sua rabbia e la sua vendetta sono indirizzate soprattutto verso la popolazione normale e il suo pigro, cieco affidamento nei super e nella loro capacità di risolvere problemi tutto sommato “normali”.
Non ci vuole poi molto a trasferire questo discorso in ambito cinematografico, ritrovandoci ancora una volta a riflettere su una visione molto acuta di Bird dello scenario cinecomics, ad oggi non solo imperante, ma anche omologante e in qualche modo celebratore di uno straordinario che semplifica nascondendola la nostra problematica quotidianità.


Invece negli Incredibili 2 è tutto sommato “facile” essere dei supereroi: le scelte più faticose e impegnative, quelle che cambiano la vita, vanno prese in un quotidiano che questo film indaga e analizza più dello straordinario, quel dietro le quinte fatto di faccende domestiche e tensioni coniugali in cui si gioca la partita più difficile e importante, per super e non.