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Alfonso Gomez-Rejon, Benedict Cumberbatch, Chris Hemsworth, F. Gary Gray, Felix van Groeningen, film col dramma dentro, hems, Michael Sheen, Steve Carell, Tessa Thompson, Timothée Chalamet, Tom Holland
Quarto appuntamento mensile del cineriassuntone sett…mensile, un po’ perché di certi film voglio continuare a parlarvi in post dedicati, un po’ perché è estate e di film che non valgono più di un paragrafetto son piene le sale. Quindi ecco a seguire tutti i film usciti a luglio 2019 che ho visto ma non ho avuto tempo, voglia o sbatta di recensirvi.
BEAUTIFUL BOY di Felix van Groeningen*
Giornalista del New York Times divorziato dalla prima moglie e risposatosi con due figli, David Sheff si ritrova a lottare per, insieme e contro il figlio adolescente avuto dal primo matrimonio, Nicholas. Dopo aver testato alcune droghe leggere per uso ricreativo, il ragazzo è entrato nel vortice della droga e in particolare delle metanfetamine. Il film racconta la straziante odissea del padre, diviso tra la volontà di salvarlo e le ripercussioni che la sua fedeltà verso il figlio hanno sulla sua nuova famiglia.
Niente racconta la crescente nostalgia verso gli anni ’90 come questo ritorno preponente dei film sulla droga e gggiovani d’oggi adeguatamente supportati da genitori coraggio, signora mia. In un Celebrity Death Match tra genitori che lottano per i loro figli drughé – 2019 edition Steve Carell in Beautiful Boy avrebbe la meglio su Julia Roberts in Ben is back, ma rimane il fatto che il selling point di queste operazioni siano sempre le star reclutate per apparire devastate dal dolore o dalla droga. Il che è un sintomo inequivocabile di quanto non sia poi così centrale l’urgenza di raccontare il ritorno della droga come drammatica emergenza sociale, tant’è che il punto non è mai raccontare il mercato del consumo di droga nella sua evoluzione attuale (dark Internet, consegne a domicilio e chissà quant’altro), quanto piuttosto riproporla così come si faceva 20 anni fa. Nostalgia endovena.
Sarei quindi davvero curiosa di sapere sul totale di persone che hanno visto questo ennesimo revival del genere droga+adolescente perduto+genitore coraggio, quale sia percentuale di visori approdati davanti allo schermo solo per Timothée Chalamet e Steve Carell: così a spanne, ben oltre la metà. Anche perché di fatto a funzionare davvero nel film sono solo i due protagonisti, di cui conosciamo già la grande intensità interpretativa. Non pervenuto è invece Felix van Groeningen, il regista belga di Alabama Monroe – Una storia d’amore, che si conferma un autentico specialista del film con il vero dramma dentro che fa male da morire, anche se qui il suo tocco è praticamente ininfluente. Il resto, se ci pensate, è parecchio nebuloso. Bizzarro che un film sulla dipendenza si riveli poi così vago nella specificità riguardante gli abusi del suo protagonista. Nicholas oscilla tra eroina, metanfetamina e pasticche senza che il film riesca a suggerire come l’esperienza e le ricadute siano molto differenti tra un composto e l’altro, a meno di non attaccare uno spiegone medicale. Idem per l’epoca di riferimento, che si intuisce flebilmente per i gruppi musicali citati e per le droghe preferite dal protagonista, più che da uno sforzo di scrittura di una sceneggiatura che si rivela molto vaga.
EDISON – L’UOMO CHE ILLUMINO’ IL MONDO di Alfonso Gomez-Rejon
Alla vigilia dell’elettrificazione degli Stati Uniti d’America si consuma la guerra tra due scienziati e imprenditori, Thomas Edison e George Westinghouse: il primo è campione del sistema a corrente continua, il secondo vuole diffondere quella alternata. Nella corsa alla conquista degli appalti delle singole città si inserisce anche il geniale Nikola Tesla, inventore austroungarico assunto da Edison e poi passato alla concorrenza.
L’ultimissimo residuato dell’era Weinstein dispone i suoi attoroni (Cumberbatch, Sheen e l’allora non così famoso ma oggi fidanzato del globo Holland) in una rilettura della guerra tra Edison e Tesla così rimaneggiata che Tesla appare tipo in 3 scene ed Edison sembra quasi un buono traviato dai lutti e dalle sfortune. Sulla carta sarebbe una storia fighissima che racconta il peggior lato del sogno americano; quello funziona solo per chi americano e capitalista lo è nel passaporto e nell’aniam. Quello che vede Edison perdere la partita dopo aver giocato tutti i trucchi più sporchi, Westinghouse vincere ma venire dimenticato e Tesla rimanere quasi sconosciuto e morire poverissimo pur avendo avuto una sequela di intuizioni tra il geniale e il troppo avanti con i tempi. Sfavorito dal passaporto, dalla mentalità non arrivista e, amara ironia del destino in anni recenti, scelto come simbolo da un moderno milionario che come ego e attitudine tende a somigliare a Edison, che poi sarebbe il vero villain della storia.
Il problema poi è quello: Benedict Cumberbatch (qui anche produttore) interpreta una versione ambigua ma comunque giustificata di un personaggio che sarebbe funzionato molto di più come semplice, autentico stronzo.
D’altronde stiamo parlando dell’ultimissimo residuato dell’epoca Weinstein, previsto per il 2017 ma travolto dallo scandalo #MeToo, messo in pausa, rimontato non si sa quante volte e uscito in super sordina nel bel mezzo dell’estate, nonostante il cast. Alla fin fine questa rielaborazione spinta in chiave americanizzata della storia che redime Edison e mette in un angolo buio un assoluto protagonista come Tesla (Nicholas Hoult dirà sì e no 10 battute) è di fatto una buona summa del metodo Miramax di rielaborare? rileggere? sconfessare la storia ufficiale per fini commerciali e propagandistici.
Insomma, a causa della sua scrittura confusa e paracula, The Current War potrebbe essere una ciofeca inenarrabile se non fosse salvato dalla regia davvero eccellente di Alfonso Gomez-Rejon, capace di rendere il ritmo forsennato della modernità montante dell’epoca molto di più e molto più autenticamente di quanto avviene nel film che qui si sta palesemente scopiazzando, ovvero The Prestige. A differenza di Nolan però in Edison la ricostruzione storica di ambienti e vestiti è davvero minuziosa e soddisfacente. Dal punto di vista scenografico e registico (Gomez-Rejon sarà da tenere d’occhio) e per l’attorame coinvolto potrebbe persino valere la visione, ma solo in una pigra domenica pomeriggio sulla TV nazionale.
MEN IN BLACK: INTERNATIONAL di F. Gary Gray
La piccola Molly vede due misteriosi figuri che cancellano le memorie dei suoi genitori e incontra un alieno. Diventata grande, si mette sulle tracce dell’organizzazione e trova i Men in Black. Presa in prova, affiancherà l’indolente agente H a caccia di due misteriosi figuri che hanno attaccato un alieno sotto la protezione dell’Agenzia.
Si parla di crisi del block buster estivo, annichilito dalla concorrenza dei cinecomics, qualitativamente migliori e sempre più al centro dell’attenzione del pubblico. Per ora tutti i film per famiglie tra il pop corn e l’action di stagione sono andati male negli Stati Uniti, da Pokémon: Detective Pikachu a MIB:International. Queste mega hit estive però si sono messe nell’angolo da sole e il ritorno / reboot di MIB è uno splendido esempio della situazione, dato che di splendido ha giusto la facilità con cui si presta ad esempio per questo discorso che sto per farvi.
Dato che film originali (non dico su soggetti originali scritti per il cinema, specie ormai in via d’estinzione) sono aborriti dagli studios, ecco il tentativo di riportare in auge un franchise che si basava su un utilizzo spinto e divertente della tecnologia per gli effetti speciali (che oggi permette risultati di davvero tutt’altro livello e senza nemmeno troppo sforzo) e sul carisma caciarone di Will Smith. In sé non è nemmeno l’idea più avventata di quest’annata di remake e anzi, avrebbe un certo potenziale in questo momento in cui la comicità leggera e caciarona (sto guardando te Taika Waititi) si è imposta a forza anche nei cinecomics.
Il livello di pigrizia con cui è condotta l’operazione è però l’unico elemento sorprendente di un film la cui sceneggiatura è ricalcata sul classico modello “c’è una Talpa nel _inserire nome dell’agenzia governativa di riferimento_”. Era una svolta epocale ai tempi dei romanzi di Le Carré, ha funzionato per un discreto numero di capitoli di Mission Impossible e Jason Borne (che hanno sempre questa trama di protagonista in modalità rogue alla ricerca del lato marcio della sua organizzazione, fateci caso), però nel 2019 è diventata la svolta più telefonata e banale su cui fare affidamento.
Vera cifra della sudditanza psicologica con cui questo filone si fa dettare l’agenda dai cinecomics è poi la scelta della coppia protagonista, presa di peso da Thor: Ragnarok. In un momento così a rischio saturazione sarebbe saggio coltivare le proprie star e differenziarsi, ma MIB è la versione più pigra e meno inventiva possibile di un action comedy che guardi in zona Marvel.
Nella sua sceneggiatura si annida poi un passaggio ancora più insidioso: quello per nulla riuscito di svecchiare il franchise e aggiornarlo al decennio corrente. Prendiamo il personaggio di Molly, chiaramente piazzato lì perché una donna e un personaggio non caucasico sono necessari per non esporsi a critiche preliminari. Il suo apice di personaggio lo raggiunge prima di entrare in azione: è bella, tenace, intelligentissima, hacker a livelli di Mr Robot ma, non appena appare in scena Hemsworth, diventa una brava scoiaretta che gli lascia il ruolo di protagonista votato all’action. L’unica cosa che li accomuna è essere entrambi oggetto di passaggi “comici” incentrati su rapporti sessuali non esattamente consensuali, usati come gag in un film che fa ridere raramente. Tirare fuori qualcosa del genere nel 2019 sono indecisa se sia più suicida, pressapochista o fottesega.
Del regista, probabilmente arruolato per gli stessi motivi della Thompson, ricordavo buone cose da Straight Outta Compton, ma qui non mi è arrivato. La cosa che mi ha impressionato di più è quanto suoni giusto la sua combo di nome+cognome. Se non l’aveste ancora capito, si può tranquillamente passare ad altro.**
*questo in realtà era uscito a giugno ma era rimasto solo soletto, per cui l’ho accodato a questa pregevole selezione di film più o meno anonimi.
**non che la sua sostanziale, prevedibile inutilità abbia scoraggiato questo tipo di cose qui, che scatenano la mia modalità Berserk.
Dirò solo una cosa: Team Tesla per sempre! 😛