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Dopo il Listone istituzionale, solo per fan hardcore delle statistiche, stalker o lettori così indulgenti da assistere a una mia parentesi più ombelicale del solito, ecco un bilancio generale sull’ultimo anno di letture.
Che annata bizzarra di letture e di vita è stato questo 2019. Sul filo di lana sono riuscita a portare a casa la sfida di Goodreads, ma le mie letture sono state più discontinue ed errabonde del solito.
Sommersa di novità editoriali ancora fresche di stampa da attenzionare, ho dedicato meno tempo ed energie del solito alle pigne di libri in attesa ormai da anni e ai classici (di genere e non) che avrei voluto tornare a sfogliare. Alla fine però sono riuscita a portare a casa il risultato non scontato di piazzare un volume a decennio per tutto il Novecento, non soccombendo (troppo) alla pressione delle nuove uscite, che sono state comunque la maggioranza. Se ripenso che solo fino a qualche anno fa mi capitava di concludere l’annata senza mettere e mani su una novità editoriale degli ultimi 12 mesi che fosse una!
Ogni anno quando mi trovo a spulciare le statistiche del mio fogliettone Excel di riferimento (santo sempre sia Brock Roberts per averlo creato ma complimenti anche a me stessa per essere finalmente riuscita a realizzarne una guida e un tutorial a riguardo QUI e QUI) penso proprio che stavolta di fantascienza ne ho letta poca, che avrà perso lo scettro di genere più praticato dalla sottoscritta #einvece.
Da cui poi si spiega la grande quantità di tomoni dalle 300 pagine in su che popolano i miei scaffali e la lista lunghissima di serie che sto leggendo e portando avanti, anno dopo anno.
A questo proposito, proprio grazie al mio fidato fogliettone che mi permette di tenere d’occhio la situazione mese dopo mese, quest’anno sono particolarmente soddisfatta in campo seriale, perché sono riuscita a portare avanti di almeno un volume quasi tutte le saghe che mi stanno a cuore, completandone un paio. Le Carrè, Vargas, Aaronovitch, Morgan, Christie, Ian McDonald dai che prima o poi ci ribecchiamo anche nel 2020 regaz.
Invece dell’apposita lista di 10 vecchie glorie che mi attendono al varco da anni non ho letto niente, nada, zero, vergogna su di me e sulla mia mucca. Certo l’aumento del ritmo lavorativo già indiavolato nella seconda metà dell’anno non mi ha propriamente aiutato e, riguardando i grafici, mi fa sempre molto ridere il collasso settembrino in cui io anche ci provo eh, metto in valigia un libriccino agile agile mentre vado al Lido per la Mostra del cinema, ma niente, già solo sopravvivere all’esperienza consuma le mie energie per un intero mese.
Altra considerazione che mi inorgoglisce, perché non richiede nemmeno particolarmente sforzo da parte mia: le mie letture si dividono quasi equamente tra autori e autrici, naturalmente.
Quest’anno invece a deludermi è la diversità geografica. Colorare il più possibile questa cartina, lo ammetto, per me è una mezza ossessione, ma alla fine la voglia di strappare uno stato in più in questa sorta di Risiko letterario negli scorsi anni mi ha guidato a scoperte piuttosto interessanti.
Quantomeno per una volta si regista un storico sorpasso: il Regno Unito scavalca gli onnipresenti Stati Uniti, rivelando la mia predilezione per gli scrittori incazzati e/o over 50 di Albione. Non manca come ogni anno una bella fetta dedicata al Giappone, mentre a bruciapelo – ad esclusione di Elena Ferrante – fatico a spiegarmi la percentuale di scrittori nostrani, che continuano a lasciarmi freddina.
Grazie al sostegno degli editori e alla loro solerzia (talvolta da me sollecitata, lo ammetto) nell’invio di copie staffetta, è cresciuta sia la quantità di titoli letti in cartaceo sia la percentuale delle letture in lingua italiana, che ha eroso un po’ la mia performance in inglese.
Già solo completare due tomi impegnativi come quelli letti quest’anno a firma Le Carré rimane un traguardo importante in prospettiva lingua originale, ma ogni volta che torno tra le italiche pagine sussurro “ahhh, che comodità!”.
Su cartaceo non c’è nulla da fare: per me rimane un’esperienza di lettura più attenta e memorabile, pur leggendo (e dimenticando) valaghe di novelle, storie brevi, articoli e fanfiction via cellulare.Oltre all’autore inglese di spionaggio per antonomasia, che raramente delude e sempre sorprende il mio cinquantenne maschio caucasico interiore, il 2019 è stato anche l’anno di Ian McDonald. Per me che raramente leggo più di un titolo per autore all’anno finire due suoi romanzi e una novella é un traguardo significativo, ma d’altronde quale momento migliore del 2019 (giusto a 50 anni dall’allunaggio) per dedicarsi alla trilogia della Luna? Tra i libri che ho consigliato, assieme alla sempre più popolare Christelle Dabos, è l’autore che ha fatto più proseliti. Mi è molto spiaciuto che Oscar Vault non abbia curato il lancio social/booktube/bookstagram di Luna così accuratamente rispetto ad altri volumi magari “più semplici” ma che non hanno una chance di uscirne vivi se messi a paragone alla saga dei Corta.
Viene però anche un po’ da chiedersi se il fatto che a far parlare di sé siano sempre e solo i volumi che i grandi editori spingono con insistenza non dimostri un approccio da cassa di risonanza più che da setacciatore quando si parla di titoli di genere. Chissà.
E per i buoni propositi per il 2020? Liste di libri che voglio leggere e rileggere? TBR? Piani operativi? La verità è che…non ho ancora pianificato nulla, ahahah! Forse ne riparleremo post Oscar, a febbraio. O forse mai. Sicuramente però imposterò di nuovo il mio fogliettone Excel nella sua versione aggiornata del 2020.
Anch’io uso Goodreads, e metto la challenge a 40 (o più spesso a 37, pensando “un libro ogni dieci giorni!”) ma ovviamente ancora mai e poi mai e poi mai che abbia vinto la sfida. Complimenti
Sia messo agli atti che nel 2019 ho finito il quarantesimo volume il 31 dicembre pomeriggio, spinta dal mero completismo.
Felice per il podio di Miéville!
This is How You Lose the Time War l’avevo adocchiato e richiesto anch’io, ma lo sai bene, ubi major… 🙂
Quest’anno tra le letture fantascientifiche più o meno nuove c’è stato poco che mi abbia davvero entusiasmato. Senza fare nomi in arrivo, un romanzo tra i tanti letti che mi ha davvero colpito è un titolo che temo appunto non arriverà mai in Italia, ovvero Ninefox Gambit.
Le eccezione, come puoi immaginare, sono la raccolta di racconti di Otis e il romanzo di Wilk che faremo tra qualche mese, ma per quest’ultimo la sua collocazione di genere è buona giusto quel tanto da permetterci di pubblicarlo. 🙂
Per la Parigi di Miéville tieni le dita incrociate.
Meritatissimo, l’ho sempre sentito descrivere come minore e forse è vero, ma l’ho trovato estremamente suggestivo, nel senso letterale del termine. A livello d’immagini e atmosfere mi ha colpito moltissimo. Ninefox Gambit l’avevo letto all’epoca, mi era piaciuto ma non mi aveva mai spinto a continuare.
Ho sentito gran cose dei volumi successivi. Parigi val bene una messa, quindi continuerò a tenere le dita incrociate.