Sono una persona coraggiosa.
La pensavo diversamente, ma dopo aver visto le reazioni delle persone intorno a me alla notizia che mi recavo in Valle d’Aosta in giornata affidandomi esclusivamente alle Ferrovie dello Stato, ho cominciato a riconsiderare la mia attitudine al pericolo. In fondo si trattava solo di prendere 5 treni + 1 autobus sostitutivo.
(Spoiler: se un treno si ferma a Chivasso, il sistema ferroviario del nord ovest d’Italia ne subisce le conseguenze per giorni.)

La meta del mio pellegrinaggio è stata il Forte di Bard.
Trattasi di una fortezza situata in un’amena località valdostana in cui abitualmente organizzano mostre che mi interessano un sacco e io sistematicamente finisco per non riuscire a visitare. Come struttura è veramente ben organizzata e gradevole (anche se permane un dubbio: quale entità sadica posiziona un polo espositivo su un forte mediamente irraggiungibile situato sul cucuzzolo di un picco?).
Non temete: il forte è raggiungibile attraverso una fighissima ovovia trasparente da cui potrete godere il panorama della vallata dall’alto. Inoltre è disseminato di indicazioni e stand informativi veramente a prova di scemo (e la qui presente può mettere a dura prova qualsiasi indicazione con la mia inettitudine). Ciliegina sulla torta: qualche genio ha predisposto i bagni PRIMA dell’entrata della mostra. Grazie.
Aggiungo fotografia di corredo, ma credetemi: il forte è sostanzialmente infotografabile. Lo fa apposta, o si mette controluce o si nasconde dietro edifici moderni, o per ripicca fa venire le foto mosse. Maledetto.

La mostra in questione è I Tesori del Principe.
E non un principe di altri tempi, un principe metaforico. No, è proprio il vivente Principe del Liechtenstein. Non solo il suddetto è ricco ed è principe, ma possiede pure una collezione d’arte pazzesca costruita generazione dopo generazione, subendo l’influenza dei rappresentanti della dinastia (ovviamente non manca il capitolo del Salviamo la collezione dai Nazisti che rende qualsiasi collezione d’arte una collezione d’arte salvata dal ratto nazista).
Con la magnanimità che lo contraddistingue, il Principe si è staccato da una sessantina dei suoi tesori per permettere a noi insipienti italianotti di goderne prima che li riappenda nel suo antibagno (o nel museo del Liechtenstein, ovvio).
Data la collocazione geografica del regno, la collezione presenta un forte influsso nord europeo, quindi largo a vedutistica e nature morte, fiamminghi, Rubens, neoclassicismo, Canaletto e via dicendo.
E’ prevista la riduzione studenti universitari oltre ad un sacco di altre tariffe agevolate, per cui conviene spulciare bene il sito. Con ciò che ho risparmiato, mi sono munita di audio guida. So che esiste un fronte di odiatori accanitissimi delle audio guide, ma data l’eterogeneità delle opere esposte e il doppio filo che le univa (la storia dell’opera + la storia dell’acquisizione della stessa), vale la pensa considerarne il noleggio. Poi, lasciatemelo dire: ho provato una certa soddisfazione ad utilizzare una guida basata sul principio della penna del Sapientino! In altre parole, vieni dotato di pennetta da strusciare sui simbolo audio accanto alle opere e poi parte la musichettina d’atmosfera e la spiegazione. La voce della tizia è veramente monocorde, però le spiegazioni sono tutto sommato gradevoli e ho contato solo un paio di iperboli descrittive tipiche dell’audio-descrizione delle opere.

La mostra in sé non solo presenta opere rilevanti, ma è davvero ben costruita e pianificata. Il numero di opere non è enorme, ma io mi sarei anche stufata della classica mostra milanese divisa su decine di sale in cui si trovano una, massimo due opere rilevanti seppellite in mezzo ad allievi/imitatori della medesima scuola, a loro volta sminuiti dal confronto.
L’eterogeneità notevole della mostra è esaltata da un certo gusto nel disporre e collegare le opere. Nella prima sala, dedicata a Peter Paul Rubens, troverete il bozzetto per Marta e Rea Silvia, poi realizzata in grandi dimensioni, con accanto l’arazzo realizzato “ad immagine” del quadro del pittore. Bellissimo poi vedere Il Satiro e notare come Rubens fosse rimasto folgorato dai celebri cesti di Caravaggio.
Sarà per l’influenza rinascimentale italiana, ma molti dei nomi esposti per me sono state sorprese o riscoperte e ho apprezzato la natura più inconsueta, ma sempre di altissima qualità delle scelte. Accanto ad un Guido Reni e all’immancabile Rembrandt (il suo Cupido con la Bolla di Sapone è veramente delizioso), ho apprezzato particolarmente La piazza del Mercato di Gerrit Adriaenszoon Berckheyde , con questo bellissimo scorcio che corona nell’apparizione, anticipata dalla luce laterale, dell’unica donna nella piazza.

Chi però mi ha davvero conquistato è stato Firedrich von Amerling con i suoi meravigliosi ritratti. I protagonisti non guardano mai l’osservatore, sono sempre colti in posizioni inconsuete, esprimono sfumature di sentimento molto più oblique rispetto alla media ritrattistica del periodo. Inoltre ad un grande realismo idealizzato si congiunge una cura meticolosa dei particolari più mondani (vestiti, scialli, acconciature) e dei loro abbinamenti cromatici, donando al tutto un tocco di classe. Non è meravigliosa la piccola principessa Marie Franziska mentre dorme abbracciata alla sua bambola?

La tela che è più sponsorizzata e che effettivamente vale da sola il viaggio verso Hone Bard è il Consiglio alla Vendetta di Francesco Hayez, imponente, onirico e meraviglioso. Tanto che me ne sono portata una replica a casa.
L’unica delusione è stata il reparto scultura, molto pubblicizzato ma poco presente, ad eccezione di alcune scultura mignon in bronzo del Bolognino e di un grande ed efebico Bacco bronzeo di Soldani. Le nature morte però era veramente pregevoli, quindi diciamo che mi sento compensata.
Infine tre note marginali:
- se andate a Hone Bard, sinceratevi di provare il lardo valdostano con le castagne caramellate. Magari suona un po’ forte come accostamento, ma è talmente delizioso da sognarselo di notte (se siete in vena di scarpinare, Trattoria Antichi Sapori vi soddisferà senza intaccare il portafoglio… ma limitatevi al tagliere merenda, perché il concetto di porzione è piuttosto elastico)

- C’era un Fottuto Cervo Metaforico. Nella prima tela della mostra, ad opera di Cranach il Vecchio. Anticipo i vostri sbuffi; non era un semplice cervo, aveva la metafora dentro. A meno che voi non incontriate molti cervi che girano con crocifissi tra i rostri, ovvio.

- Se andate a Bard in treno, sarete costretti ad una sosta piuttosto lunga a Ivrea. Durante il Carnevale, ad Ivrea si rischia la vita anche dopo la battaglia delle arance, perché il suo rimane talmente scivoloso e l’aria talmente greve per il profumo dei cadaveri di tarocco che muoversi non è poi così scontato.