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Stavolta mi ritrovo davvero a soppesare le parole, scegliendole con cura, perché dare un giudizio complessivo su Man of Steel è pressoché impossibile.
Troppe le discriminanti da tenere in considerazione per tentare di prevedere a chi piacerà, mentre risulta molto più facile intuire chi scontenterà. Saranno in parecchi, perché ancora una volta va riconosciuto a Warner Bros di essere riuscita a coniugare i propri interessi nel rilancio di un franchise volto a sostituire parzialmente il Cavaliere Oscuro con l’ambizione di rischiare un budget decisamente consistente (225 milioni di dollari accertati, ma vedendo la pellicola sembrano decisamente di più) osando, tentando di tirare fuori un cinecomics maturo e qualitativamente alto.
La scelta chiave e la discriminante del gradimento è ancora una volta incarnata da Zack Snyder, dal suo stile personalissimo e graffiante, che imprime un carattere deciso al film, rendendolo però meno universale della trilogia di Batman che ricorre ovunque, dai nomi in produzione alla sceneggiatura.
Quello che personalmente mi fa promuovere per una calorosa promozione ma che forse lascerà molti disorientati (e per molti intendo il pubblico generalista col boccato Marvel) è che questo Superman è forse il primo, vero erede del mondo di carta e vignette che ne ha generati i protagonisti.
La recensione contiene [SPOILER].