Sono due gli elementi letterari a lungo termine che trovo più interessanti nei romanzi di Christelle Dabos. Nell’atto piuttosto forsennato di leggerli a prevalere su tutto è la sua capacità di scrittrice, dato un certo numero di capitoli introduttivi, di far scattare una trappola in cui il lettore cade e, in un continuo gioco di rilanci e colpi di scena a fine capitolo, il poveretto è costretto a leggere senza pause, fino a giungere inesorabile a fine volume e a fine nottata.
Questa qualità rende molto piacevole la lettura di un romanzo che si divora a grandi tocchi, senza processarlo e analizzarlo nelle sue sfumature di sapori e profumi. A rendere l’esperienza di lettura in qualche modo persistente e duratura intervengono le due qualità a cui accennavo all’inizio, che permettono anche a La memoria di Babel di lasciare dietro di sé una scia abbastanza persistente nel pensiero, oltre al bisogno spasmodico di leggere il volume successivo.
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Recensione / La memoria di Babel [L’attraversaspecchi #3]
14 lunedì Ott 2019
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