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Non è nemmeno più interessante rilevare come Steven Soderbergh riesca a cavar fuori in tempi record (meno di 40 giorni di riprese) un film che cammina sulle sue gambe e che della sua dimensione alternativa a Hollywood fa una risorsa e un vanto. Dopo il fiasco e le pressioni per non realizzare il notevole Behind the Candelabra il tuttofare workaholic di Hollywood prima ha divorziato col cinema, annunciato che più avrebbe girato un film, poi si è messo a produrre questo e quello. Come ampiamente immaginavamo, l’addio è durato una manciata di mesi. Una pausa obbligata per altri, per lui che è abituato a calendari da una decina di progetti l’anno, dirigendo, montando, producendo e musicandone almeno un paio, un’eternità.
Dopo aver preso attentamente le misure dello spazio al di fuori dagli studios con pellicole più o meno riuscite ed esagerate, l’uomo dietro al successo della saga di Ocean’s è tornato con La truffa dei Logan, il film meno sottile possibile per indicare un modello produttivo e dire: ecco l’alternativa.