Il giochino si è rotto. I risultati oltre ogni aspettativa (e l’exploit nell’exploit del botteghino italiano) hanno permesso a un franchise che dal suo modello al cinema aveva ereditato anche il senso del ridicolo di puntare a una produzione in pompa magna, capace di arginare almeno in parte le debolezze e le enormi lacune del primo capitolo. A meno di non temere la svolta romantica e vanilla, pare proprio che Cinquanta Sfumature di Nero sia leggermente migliore del predecessore, con grande disperazione dei fustigatori dell’ovvio. Ovviamente sono subito corsi ai ripari indignandosi per una fantomatica (ma davvero impossibile) rivalutazione dell’operazione intera. Forse però dovremmo smettere di fare il gioco di punta esattamente a questo: rendere il film un evento mediatico e culturale tale da non potersi esimere dall’andare al cinema, onde poter sfoggiare in pubblico una posizione probabilmente già delineata ben prima di entrare in sala. Risultato che non si sarebbe ottenuto, chessò, parlando sin dal primo capitolo di Cinquanta Sfumature come di un film e basta, appunto, senza inutili sofismi o slanci filosofici, per non parlare di chi ha fatto dell’accanimento contro brutture palesemente tali il proprio sport preferito e a rischio (intellettuale) zero.
[Avviso ai naviganti: occhio alla scena extra / promo del terzo capitolo dopo i titoli di coda del film]
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