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Autocompiacimento registico, Damien Chazelle, delicate palette cromatiche, Emma Stone, film d'Ammmmore, J.K. Simmons, musical, Oscar 2017, Ryan Gosling
Se il cinema è l’arte di girare film in senso lato, allora è dura argomentare qualche tesi contraria alla preponderanza artistica dell’ultima fatica di Damien Chazelle nell’anno cinematografico che stiamo preparandoci a chiudere con gli Oscar. Se invece, per parafrasare un noto motto, il cinema è vita, allora pur riconoscendo a La La Land una sartorialità cinematografica eccelsa, qualche appunto da fare io ce l’avrei. Partiamo da un dato non trascurabile: ho cominciato a riflettere sulla valenza della storia di Mia e Sebastian durante la visione del film, indice non certo di grande coinvolgimento emotivo. Contante che ho un trasporto emotivo senza pari, in sala empatizzo come manco Will Graham e sono parziale al limite dello scandalo per ogni briciola estetizzante che appare sul grande schermo. Mi piacciono discretamente le persone che al posto di agire riflettono cantando e ballando coi passanti e sono una paladina persino dei cinemozioni5 brutti come il peccato, figuriamoci dei film romantici belli e pieni di sentimento. Allora perché ero così distaccata mentre Ryan Gosling e Emma Stone ballavano tra le stelle?
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