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Archivi tag: delicate palette cromatiche

Recensione / Burning di Lee Chang-dong

19 giovedì Set 2019

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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Cannes 2018, Corea del Sud, delicate palette cromatiche, Haruki Murakami, il triangolo no!, Jun Jong-seo, Lee Chang-dong, nessuno mi capisce, Steven Yeun, Yoo Ah-in

Il 2019 sarà l’anno in cui quasi certamente la Corea del Sud riuscirà finalmente a strappare la prima, agognatissima, meritatissima nomination nella categoria Miglior film in lingua straniera agli Oscar. Sembra incredibile che una nazione che negli ultimi 20 anni ha espresso una così alta qualità cinematografica non sia riuscita ancora ad entrare nella cinquina finale agli Academy Awards. Basterà la Palma d’Oro di Parasite, in un anno che si preannuncia già affollatissimo di grandi film in categoria? Lo scopriremo tra qualche mese, mentre grazie a Tucker Film possiamo finalmente goderci in sala Burning di Lee Chang-dong, il film coreano che nel 2018 sbarcò nella long list della categoria e rimase fuori dalla cinquina finale per una manciata di voti. In molti sostengono immeritatamente: in effetti quello che sbarca nelle sale oggi è un grande film, uno dei migliori visti nel 2018 e uno dei più amati da Cannes 72. Burning è un film a combustione lenta, certo, ma che marchia a fuoco la mente e gli occhi dello spettatore.

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Recensione / Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma

15 giovedì Ago 2019

Posted by Elisa G. in 2019, Cinematografò, Recensionando

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Adèle Haenel, è così francese!, cannes 2019, Céline Sciamma, Claire Mathon, Costumismi, delicate palette cromatiche, film d'Ammmmore, film in costume, impara l'arte e mettila da parte, lesbofilm, Luàna Bajrami, Noémie Merlant, omoaffettività, piangerone, TRUE EMOSCION, Valeria Golino

Non mancava certo una punta di autentico sciovinismo nell’imponente consenso critico, per non dire tifo da stadio, con cui la stampa francese ha accolto a Cannes 72 il nuovo film di una beniamina di casa come la regista Céline Sciamma.
Le voci di una possibile seconda Palma d’Oro femminile in 72 anni di storia di festival erano però insistenti e ad oggi è sostanzialmente impossibile trovare una recensione davvero negativa di Ritratto della giovane in fiamme, un film magistrale che ha conquistato trasversalmente e a ragion veduta critica e giuria, che lo ha premiato come miglior sceneggiatura dell’edizione 2019. Il minimo per un film che tanti vedrebbero volentieri anche agli Oscar. Io poi mi trovo sostanzialmente d’accordo, anzi, per me al momento è il film più bello visto nel 2019.
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Recensione / Midsommar di Ari Aster

24 mercoledì Lug 2019

Posted by Elisa G. in 2019, Cinematografò, Recensionando, Uncategorized

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Ari Aster, Autocompiacimento registico, delicate palette cromatiche, Florence Pugh, horror, Jack Reynor, Pawel Pogorzelski, Vilhelm Blomgren, Will Poulter, William Jackson Harper

Midsommar e Hereditary sono due horror fratelli ma non gemelli, seppur condividano una marcata rassomiglianza simbolica e tematica. Entrambi sono creature del giovane sceneggiatore e regista statunitense Ari Aster, entrambi hanno la loro genesi in un periodo seminale nella carriera del cineasta. I contorni dello stesso non sono chiavi, ma Aster ne parla come di un biennio così ricco di lutti, sfortune, drammi per sé e per la propria famiglia da portarlo a pensare ai propri primi progetti artistici e alla propria vita come perseguitati da una maledizione.
Secondo lungometraggio ma primo progetto messo in cantiere dal regista, Midsommar per la sottoscritta è nettamente superiore a Hereditary. Sia per come scelga un contesto piuttosto radicale e ci si attenga, senza tentare si spiegare sé stesso o peggio rincorrere lo spettatore, sia per come rifugga le inutili complicazioni folk barocche che affossavano la seconda metà di Hereditary in una marea di nonsense e soluzioni di ripiego.
Se in Hereditary l’oscurità si traduceva anche in annebbiamento narrativo, la luce eterna svedese dona a Midsommar un’inaspettata, potente chiarezza, che rendono il film davvero riuscito.

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Cineriassuntone settimanale #4 / La Favorita, Se la strada potesse parlare, Il mio capolavoro, L’uomo dal cuore di ferro

24 giovedì Gen 2019

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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Barry Jenkins, Cédric Jimenez, cinema argentino, Colman Domingo, Costumismi, delicate palette cromatiche, Emma Stone, film in costume, Gastón Duprat, Guillermo Francella, i nostri amici neri, Jason Clarke, KiKi Layne, lesbofilm, Luis Brandoni, Mia Wasikowska, nazisti cattivissimi, Olivia Colman, omoaffettività, Oscar 2019, Rachel Weisz, Rosamund Pike, Sandy Powell, sensualità a corte, shippabbestia, Stephan James, Stephane James, Venezia 75, Yorgos Lanthimos

Eccoci al quarto, popolatissimo appuntamento con il cineriassuntone settimanale, in cui vi racconto in breve i film in uscita il 24 gennaio 2019, vi consiglio cosa andare a vedere e cosa evitare come la peste e vi rimando ad opinioni della sottoscritta più dettagliate nel caso vogliate indagare ulteriormente. Prima o poi si stabilirà il giorno fisso in cui arriverà questa rubrica, promesso. Come vi vizio.

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Recensionando / The Little Drummer Girl di Park Chan-wook

28 mercoledì Nov 2018

Posted by Elisa G. in 2018, Recensionando, seriale

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Alexander Skarsgård, Charles Dance, Costumismi, delicate palette cromatiche, Florence Pugh, John le Carré, Michael Shannon, Park Chan-wook, regia, uno spia l'altro pure

Brucia con una fiammata di sfavillanti colori, emette scintille luminose e il suo fumo sale lentamente fino ad essere visibile in ogni angolo dell’affollatissima ma spesso sterile landa televisiva contemporanea: è The Little Drummer Girl, la miniserie evento di BBC (trasmessa negli Stati Uniti da Amc e ancora inedita in Italia) che rischia davvero di essere tra le migliori produzioni televisive di quest’annata. No, anzi, cancellate pure il “rischia” e appuntatevela come un titolo da provare assolutamente.
Non che ci si potesse aspettare di meno dalla combustione spontanea di elementi tanto pregiati. Ci sono interi film e svariate serie TV che si sostengono su uno solo dei nomi che concorrono alla realizzazione di un prodotto che di nuovo non ha davvero nulla, ma la cui qualità prova quanto la formula televisiva classica sia difficile da battere.

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Cannes 71 / L’albero dei frutti selvatici

28 venerdì Set 2018

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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Aydın Doğu Demirkol, Cannes 2018, delicate palette cromatiche, Deve far male!, father issue, i nostri amici arabi, maschio caucasico over 30 dalla genialità incompresa, Murat Cemcir, Nuri Bilge Ceylan

Ci sono alberi maestosi di noci e contorti, nodosi alberi di pero selvatico. Ci sono case più che umili mangiate dai debiti, vite corrose dalla mancanza di lavoro, circondante da distese naturali immense della Turchia rurale. Lo sguardo e il cinema del regista Palma d’Oro Nuri Bilge Ceylan non conoscono né confini né limiti, in un continuo rincorrersi di grandi temi e bellezza maestosa.
L’albero dei frutti selvatici conferma la sua passione per i paesaggi sconfinati della sua terra e per i minutaggi imponenti (188 minuti), segnando un suo ritorno in cui la mediocrità sembra appartenere solo ai due protagonisti della storia: un professore statale la cui vita è stata distrutta dai debiti di gioco e il figlio con ambizioni da scrittore, alla ricerca di un modo per pubblicare il suo primo romanzo.
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Recensionando / L’isola dei cani

05 sabato Mag 2018

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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animali carini, Autocompiacimento registico, Berlinale, Berlinale 68, Bill Murray, Bryan Cranston, delicate palette cromatiche, film d'animazione in stop motion, Giappone, hipsteria portami via, Jeff Goldblum, Koyu Rankin, Kunichi Nomura, Wes Anderson

C’è stato un tempo in cui il cinema di Wes Anderson era davvero una chicca appannaggio quasi esclusivo dei cinefili che facevano dei loro gusti anticonformisti e ricercati motivo di vanto e punto d’onore. Poi è arrivato l’Internet delle masse e dell’alta velocità, l’hipsteria si è diffusa e insieme a barbe imperanti, polaroid e magliette a righe Wes Anderson è diventato l’equivalente della Marvel in campo fumettistico.
Incurante del suo ruolo contraddittorio di riferimento estetico di massa e icona di nicchia hipster (e della disperazione dei fan dell’epoca, costretti a scegliere se essere conformisti e sprezzanti rispetto al loro idolo), Wes Anderson è andato per la sua strada, continuando ad essere cinematograficamente fedele a sé stesso. Ormai non c’è davvero più bisogno di spiegare cosa e quanto ci sia del suo estro e del suo gusto in un film come L’isola dei cani, quindi concentriamoci piuttosto su un nome che non dovrebbe eppure ha ancora bisogno di presentazioni; quello di Kunichi Nomura.

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Recensionando / Kissing Candice [Irish Film Festa 2018]

26 lunedì Mar 2018

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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adolescenti problematici, Ann Skelly, Aoife McArdle, Autocompiacimento registico, Berlinale 68, delicate palette cromatiche, estetica videoclippara, Irish Film Festa 2018, se capisce e non se capisce

Sbagliare per troppa ambizione e eccessiva voglia di dimostrare le proprie capacità è decisamente il modo migliore per esordire e farsi notare, anche con un film riuscito solo in parte.
Inoltre in questo caso specifico (arrivato in Italia con l’Irish Film Festa e passato anche a Toronto e alla Berlinale) stiamo parlando di un’esordiente donna, irlandese, con una comprovata esperienza nel comparto dei videoclip e una fascinazione palese per le contraddizioni fantastiche e cupe dell’adolescenza.
Sono queste le passioni e le influenze che si agitanotumultuose e sensuali in Kissing Candice, un lungometraggio che in soli 95 minuti tenta di essere formalmente e visivamente molto più di quel che contiene a livello narrativo. Aoife McArdle insomma mette a segno quella falsa partenza che fa venire voglia di tenerla d’occhio, in attesa di vederla quando riuscirà a correggere il tiro.
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Recensionando / Il filo nascosto

19 lunedì Feb 2018

Posted by Elisa G. in 2017, Cinematografò, Recensionando

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Autocompiacimento registico, Costumismi, Daniel Day-Lewis, delicate palette cromatiche, film d'Ammmmore, Jonny Greenwood, Lesley Manville, Oscar 2018, Paul Thomas Anderson, Vicky Krieps

Al contempo film senza tempo e traguardo nettissimo della carriera del suo realizzatore, Il filo nascosto prova ancora una volta come Paul Thomas Anderson sia un cineasta unico, il cui arco evolutivo è imprevedibile e soprattutto inimitabile.
Lasciatosi alle spalle la ribollente verve creativa degli esordi e relativo codazzo di minutaggi imponenti e di scene in aperta sfida alla maestria registica, Paul Thomas Anderson ha asciugato il suo cinema, concentrandone le forza in tutto quello che non mostra e non dice più in maniera diretta.
Con Il filo nascosto lascia per la prima volta i suoi Stati Uniti in favore della vecchia Inghilterra degli anni ’50, in un contesto classista che più posh e distante dalla west coast è difficile immaginare. Eppure lo sposalizio tra un tipo di film fuori dal tempo e le magnifiche ossessioni del suo cinema statunitense dà vita a un film così sottile e complesso che l’impressione più forte che si ricava da Il filo nascosto è quella che una visione sia gravemente insufficiente a comprendere il film nella sua interezza.
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Riflettendo / Atomica Bionda e gli anni ’80 di cui aver nostalgia

17 giovedì Ago 2017

Posted by Elisa G. in 2017, Cinematografò, Riflettendo

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Bill Skarsgård, Charlize Theron, coat porn, David Leitch, delicate palette cromatiche, Eddie Marsan, fangirlism, Gardy consiglia, gente figa, George Michael, guerra fredda, hair porn, Ho visto la gente nuda, James Faulkner, James McAvoy, John Goodman, lesbofilm, omoaffettività, Ship Sheep, Sofia Boutella, spionaggio, Toby Jones, uno spia l'altro pure

Facile etichettare un film dell’estate 2017 sotto l’etichetta di “nostalgia anni ’80”. Facile e poco lusinghiero verso l’action movie di David Leitch, che ha lasciato la regia di John Wick 2 per dirigere la statuaria e algida Charlize Theron in un film il cui maggior pregio è fare tutto quello che Hollywood ha deciso che non può o non deve più portare su grande schermo.
In Atomica Bionda si beve e si fuma continuamente, come forse non si fa più dai tempi di Bogart e Bacall, si affrontano situazioni mortali sfoggiando un guardaroba impossibilmente perfetto e in aggiunta ci si rotola tra le lenzuola per riscaldarsi nella città più fredda del mondo, quella Berlino divisa in due (ancora per pochi giorni) dal Muro.

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SFF lover, pro reviewer, every day shipper.

Elisa Giudici, talvolta Gardy, sempre io.

Malvagia, misteriosa ed esotica, ho finito per fare del mio recensire a tempo perso un lavoro, tranne qui, dove continuo a perdere tempo dietro a cinema, letteratura e televisione.

Elargisco aggettivi e rintraccio sottotesti dalla nebbie padane, sognando tappeti rossi, viaggi interstellari, drammi vittoriani e statuine dorate.

Il mio animale totemico è un fottuto cervo metaforico (FCM).

Se "ci shippo qualcuno?" è la vostra domanda, questo blog è la risposta.

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