Tag
Bompiani, detective stories, letteratura italiana, libri sull'amore per i libri, omoaffettività, suore preti e altre cristiane malvagità, Umberto Eco
Incubato durante il violentissimo unicum creativo e storico degli anni ’70, pubblicato da Bompiani nel 1980 come il tormentone letterario dell’anno, Il nome della rosa è un libro che ha cambiato la storia letteraria italiana, diventando l’ultimo grande classico riconosciuto del canone italiano novecentesco. Quarant’anni fa Umberto Eco non era ancora Umberto Eco, o per meglio dire non aveva ancora sviluppato appieno il lato popolare e pop della sua figura, la cui celebrità internazionale e nazionale non era ancora esplosa al di fuori dei mondo universitario europeo (dove era già riconosciuto come uno dei più grandi umanisti viventi).
L’ultimo umanista europeo è morto nel 2016, lasciandosi alle spalle un’eredità culturale enorme, una biblioteca personale sterminata e un modo di essere intellettuale interamente inserito nello spettro positivo del termine, senza codazzi snob e velenosi, un’attitudine mentale verso la cultura e la società da cui scaturisce che sembra ormai perduta. Eco era l’altissimo e il volgare, l’uno sbrogliato fino a diventare d’immediata comprensione, l’altro smussato e tagliato fino a rivelare la sua lucente anima nobile. Il nome della rosa, forse il suo più grande rimpianto da scrittore, è anche la sua eredità più luminosa e importante.
Continua a leggere