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Alex Wolff, Ann Dowd, Ari Aster, Autocompiacimento registico, dramma familiare obbligatorio, Gabriel Byrne, horror, libri col DRAMMA dentro, manieri malvagi, Milly Shapiro, se capisce e non se capisce, spiegazioni cazzare, Toni Collette
Almeno un paio di volte l’anno tocca anche ai cinefili paurosi come la sottoscritta arrendersi alla necessità di andare in sala e soffrire le pene dell’inferno orrorifico per merito e colpa di pellicole di paura che hanno riscosso il plauso della critica e del pubblico oltreoceano. È successo con It Follows, The VVitch, Get Out e quest’anno è già capitato di parlare (e bene) di Un posto tranquillo. La premessa di Hereditary – Le radici del male avrebbe dovuto essere sempre quella di horror ottimamente diretto da un esordiente o poco più che si fa notare e che vale la pena vedere in senso cinematografico e cinefilo. Ecco, stavolta per me questa premessa è stata tradita, perché per perdonare a questo film i suoi scivoloni bisogna essere quantomeno appassionati del genere e affamati di nuove pellicole orrorifiche.
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