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amori adolescenziali, Armie Hammer, Autocompiacimento registico, c'e' anche un po' d'Italia, Deve far male!, Esther Garrel, fotografia leccatissima, Gardy consiglia, gente figa, James Ivory, Luca Guadagnino, Michael Stuhlbarg, omoaffettività, Oscar 2018, piangerone, Timothée Chalamet, tristezza a palate
Si può solo sperare di spiegare un film come Chiamami col tuo nome a parole e bisogna essere molto confidenti nelle proprie capacità di scrittori. La sua grana emozionale è così fine che le parole si rivelano limitanti per farne un ritratto. Come descrivi un colore con il senso del gusto o un profumo con la vista?
D’altro canto la dimensione cinematografica è così ricca e curata che si fa appena in tempo a coglierla durante la prima visione, sospinti sempre oltre la bellezza tecnica del film dal tumultuoso emozionare della pellicola.
Tocca rimettere tutto in prospettiva quando si parla di 2017 cinematografico se – come è successo in Italia – mancano all’appello due titoli importanti come Il filo nascosto e Chiamami col tuo nome. Il film di Luca Guadagnino si imprime sulla pellicola e sull’immaginario dello spettatore: è indubbiamente una di quelle visioni che, all’uscita dalla sala, sai già che porterai con te negli anni a seguire. Quindi sì, siamo oltre il grande film e l’ottima prova registica: solo il tempo ci dirà quanto vicino andiamo al concetto di “storia del cinema”, ma è uno di quei momenti che non dovete mancare in sala, perché lo vorrete poter raccontare da spettatore quando sarà diventato storia.
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